C’è una parola che più di altre identifica, negli ultimi anni, la linea guida degli amministratori gardesani: opportunismo.
In ogni campagna elettorale si spendono incredibili quantità di parole attorno a concetti che fanno presa quali: sviluppo sostenibile, raccolta porta a porta, difesa del territorio, promozione del territorio e partecipazione.
Tutte argomentazioni che, se messe in pratica dalle amministrazioni gardesane in modo serio e rigoroso, renderebbero i comuni e le comunità sicuramente migliori. Purtroppo rimangono solo vuote parole, perché mai seguite da fatti concreti, anzi nella realtà le cosa vanno proprio dalla parte opposta.
E’ inutile qui ripetere che il Garda bresciano, ed in modo particolare la Valtènesi, è messa sotto assedio dalla cementificazione. Lo vediamo tutti e tutti i giorni. Quello che viviamo oggi è il frutto della miopia di una classe politica amministrativa, quanto meno mediocre, di gruppi di potere che vedono nel Garda la possibilità di bussines e di un impiego di denaro non sempre di chiara provenienza. Le responsabilità dello stupro del nostro territorio vanno individuate anche nell’elettorato. Una parte di questo ha ben pensato di trarre un immediato profitto dai terreni di proprietà, senza però curarsi delle conseguenze. Un’altra parte di elettorato dona il proprio voto senza valutare le capacità e le idee di chi ne è il destinatario e basando la preferenza su argomentazioni di tipo politico, religioso, famigliare o di mera simpatia.
Diciamocelo in faccia: la cementificazione sul Garda bresciano è frutto della leggerezza di un intero popolo che, contrariamente a quanto afferma nei bar, non ha e non dimostra nessun amore per la propria terra.
Chi oggi può permettersi di scagliare la prima pietra in realtà è una sparuta minoranza della cittadinanza del Garda bresciano. La maggior parte è connivente con questo distruttivo sistema affaristico e insensibile al futuro del proprio territorio o, ancor peggio, incapace di comprendere a fondo gli aspetti deleteri di questa costruzione selvaggia, che qualche amministratore, intellettualmente poco onesto, ha il coraggio di definire come fonte di sviluppo e di crescita.
Chi si oppone a questo stato di cose, ma anche chi ne chiede semplicemente un contenimento, si scontra con una semplice, quanto sbagliata, affermazione: per fare qualsiasi cosa serve denaro, i comuni non hanno più soldi, i soldi entrano con le nuove urbanizzazioni e quindi si deve far costruire.
Sempre più esperienze sul territorio Nazionale, ed il pensiero corre a Cassinetta di Lugagnano primo comune italiano a consumo zero di territorio, dimostrano il contrario. Cassinetta è un comune in provincia di Milano (Lombardia, Italia), vicino a casa nostra e non un paese dell’evoluto nord Europa.
Cassinetta ha fatto la scelta di adottare un PGT a consumo zero di territorio. Non vengono quindi costruiti nuovi edifici e le necessità abitative si reperiscono nel costruito esistente. Inoltre gli oneri di urbanizzazione non vengono utilizzati per coprire le spese correnti: si rompe così il meccanismo perverso per cul la necessità di reperire fondi alimenta la necessità di costruire. Fondi che solo le menti brillanti del Sindaco Finiguerra e della sua Giunta, riescono ad reperire in altri modi. Meno scontati, ma di sicuro non devastanti per il territorio. Il comune di Cassinetta e i suoi abitanti non hanno di certo le pezze al culo e vivono serenamente il loro territorio.
Lo stesso sta accadendo in questi giorni a Solza, un comune di 2.000 persone in provincia di Bergamo.
L’osservazione che nasce spontanea è quindi: se ci riescono loro, se loro lo possono fare perché non possiamo farlo anche noi?
Questo piccolo nucleo di nuovi amministratori illuminati ci scalda il cuore e ci fa sperare che sia veramente possibile un nuovo Rinascimento Italiano dove spreco, affari, incapacità e miopia cedano finalmente il passo a sobrietà, creatività e buon senso.
Simone Zuin
Articolo pubblicato sul nr. 2 del Corriere del Garda.
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