La incrociò nel bosco. Era sola, accaldata, probabilmente intimorita. Le saltò addosso, la colpì e violentò. Nel ricomporsi, prima di andarsene, non contento le disse pure frasi irripetibili.
Di raptus – così l’ha definito il 33enne autore della terribile aggressione consumata il 3 maggio scorso lungo un sentiero immerso nei boschi del Garda – i giudici non vogliono sentir parlare. Per loro l’episodio merita tutt’altra definizione, oltre ad una pena pesantissima. Nonostante la confessione e le scuse, pronunciate all’indirizzo della sua vittima, la prima sezione del Tribunale (presidente Roberto Spanò) l’ha condannato a dieci anni per violenza sessuale aggravata dalle circostanze di tempo e di luogo, ma anche dalla minorata difesa della sua vittima: una signora settantenne ieri in aula, ma non costituita parte civile.
I fatti sui quali è sceso il sipario risalgono all’ultimo giorno di lockdown.
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