Vasellame in ceramica e in legno, utensili, oggetti ornamentali in osso, in marmo e in legno, una cesta di vimini. Il Lucone, il sito palafitticolo patrimonio dell’Unesco in territorio di Polpenazze, anche quest’anno ha restituito centinaia di reperti utili per ampliare la conoscenza sui nostri progenitori gardesani dell’età del Bronzo, quattromila anni fa.
La campagna di scavi che si chiude domani, primo settembre, è stata condotta dagli esperti del Museo archeologico della Valle Sabbia sotto la guida del direttore Marco Baioni. La scoperta più curiosa è proprio la cesta di vimini: estratto il blocco di torba che la contiene, sarà inviata ai restauratori che avranno il compito di pulire e recuperare il manufatto.
L’indagine sul sito ha anche rivelato una novità: le palafitte sull’antico lago Lucone non avevano solo una funzione domestica, ma anche artigianale. La scoperta di alcuni crogiuoli e di un focolare per alte temperature fa pensare alla lavorazione di metalli, come bronzo e stagno. Finora si credeva che questo tipo di attività fosse svolto sulla terraferma. Il terreno asportato, setacciato ad acqua, ha restituito minuscole tracce di pesci e semi di frutti. Gli oggetti recuperati saranno trasferiti al Museo di Gavardo, tranne quelli bisognosi di restauro.
A questo proposito Marcello Zane, presidente della Fondazione Piero Simoni che gestisce l’istituzione, ha annunciato il ritorno della porta preistorica trovata al Lucone due anni fa. Un pezzo unico in Italia per l’età del Bronzo. Il prossimo autunno sarà protagonista di una mostra nel Museo di Gavardo.
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