Ieri sera io e Marina abbiamo guardato "L'altra voce della musica" il film documentario che racconta la piccola/grande rivoluzione che la musica ha portato in Venezuela con El Sistema lanciato da José Antonio Abreu e commentavamo con ammirazione come un uomo, da solo, possa generare un cambiamento tanto grande.
Io non credo sia questione di forza d'animo o di "persone speciali", credo sia altrettanto grande il lavoro "piccolo" che ciascuno fa per cambiare in meglio ciò che gli sta intorno, chi aiuta un altro, chi guarda a domani e non solo a oggi.
Poi c'è chi si trova, a volte per caso, in posizione di responsabilità perchè deve guidare un'azienda, un comune, una nazione e allora l'impatto è più evidente ma è come cantare in casa mentre fai un lavoro o cantare con un microfono in uno stadio gremito: cambia il volume non l'intensità del cuore.
Lo dicevo a Filippo commentando la verniciatura del suo ultimo violoncello stamattina: anche fare uno strumento che durerà nel tempo, che nel tempo tramanderà bellezza e armonia contribuisce a realizzare il cambiamento a non cedere al "tanto non si può fare niente".
Nel filmato Abbado racconta che in Venezuela, come in Israele fa piantare alberi e gli ridono gli occhi dicendo che "poi mi piace sapere che verrà un bosco" come anche raccontare la musica contemporanea a settanta persone come è accaduto l'altra sera vuol dire piantare settanta semi che faranno un giorno un bosco intero.
Riempire di bello e di giusto ogni spazio vuoto contendere ogni millimetro di etica a chi ne fa scempio: non c'è "impossibile" per chi crede he anche sordomuti possano fare un coro.
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