pezzo originalmente pubblicato su Pikaia
Di tutte le caratteristiche che vengono in diversa misura considerate simbolo e prerogativa della nostra specie quella che raccoglie il maggior numero di “adepti” è certamente il lingaggio, e a ragion veduta! si tratta davvero di una delle caratteristiche più importanti che possediamo, e la nostra intera vita sarebbe difficilmente immaginabile senza di esso (per questo le patologie che lo riguardano sono particolarmente difficili da affrontare). Per questo motivo si comprende facilmente il notevole interesse seguito alla scoperta avvenuta nel 2001 di un gene, denominato FOXP2, strettamente correlato ad esso. I responsabili della scoperta, studiando una famiglia che presentava generazione dopo generazione (con distribuzione tipicamente mendeliana, indicante quindi l’azione di un gene solo) uno dei disturbi linguistici più frequenti, lo Specific Language Impairment (in italiano il Deterioramento Linguistico Specifico), riuscirono a individuare in questo gene il “responsabile” della sindrome ereditata. Più precisamente, era il suo malfunzionamento dovuto a una mutazione a causare il deterioramento linguistico, e proprio questo lo rende così importante per lo studio del linguaggio umano.
Ulteriori prove della sua importanza sono venute in tempi più recenti da studi ad ampio spettro sulle differenze tra il nostro genoma e quello degli altri animali. Si è trovato difatti che proprio la regione comprendente il FOXP2 è una di quelle che, altamente conservate negli altri vertebrati compresi gli scimpanzé (gli animali viventi più simili geneticamente a noi), sono mutate notevolmente all’interno della linea filetica ominide. Fino ad ora del gene FOXP2 si sapeva solo che è importante nel permettere i complessi movimenti muscolari che consentono i movimenti della bocca sottesi al linguaggio umano, ma proprio lo studio svolto da un team dell’Università della California capitanato da Daniel Geschwind assieme alla Emory University, da poco pubblicato su Nature, porta nuovi e interessanti dati al riguardo.
Partendo dalla considerazione che c’è una differenza di soli due amminoacidi nella proteina espressa dai geni FOXP2 di umani e scimpanzé, il gruppo di ricerca ha deciso di compiere un’analisi ad ampio raggio del gene, valutandone le complesse interazioni con gli altri geni, per comprendere l’effettiva portata di questa variazione per quanto riguarda la funzionalità del gene. Numerose analisi, sia in vitro che in vivo su porzioni di tessuto cerebrale di uomo e scimpanzé, hanno portato a risultati decisamente interessanti che confermano come le mutazioni occorse nello nostra linea filetica dopo che i nostri antenati si distaccarono da quelli degli scimpanzé abbiano portato notevoli differenze nella funzionalità del gene. Più in particolare FOXP2, in maniera molto diversa in umani e scimpanzé, regola lo sviluppo di certe specifiche aree sia della corteccia cerebrale (più precisamente zone considerate tra quelle responsabili del linguaggio e di altre abilità cognitive) sia dello striato, un area subcorticale del telencefalo coinvolta sia nella cognizione che nella coordinazione dei movimenti. Ancora più interessante è l’altro aspetto dei risultati ottenuti da Geschwind e colleghi: FOXP2 ha un ruolo centrale in una complessa rete di geni, che si regolano a vicenda “accendendosi” e “spegnendosi” nei momenti opportuni. Proprio questi geni, “collaborando” tra loro, sono quindi almeno in parte i responsabili dello sviluppo di uno dei talenti più famosi e celebrati della nostra specie, un talento di cui ora sappiamo molto più.
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