Tra Lombardia, Veneto e Trentino: viaggio tra zona rossa e gialla

La zona rossa ha il rumore delle onde che si rifrangono e delle anatre che starnazzano nel porticciolo deserto di Limone. Oppure l’aspetto malinconico della piazza vuota e silenziosa davanti al Castello di Sirmione.

La zona gialla, invece, ha il tono allegro della musica sparata dai bar sui clienti seduti ai tavolini in piazza 3 Novembre a Riva del Garda per il pranzo o l’aperitivo. Oppure ha il viso disteso dei passanti che affollano il lungolago di Peschiera. Due mondi distanti pochi chilometri, un confine invisibile ma netto, alzato dal colore del Covid: Limone e la trentina Riva, Sirmione e la veronese Peschiera.

Di qua il lockdown, di là il permesso di fare (quasi) come al solito. E la differenza si vede, eccome. Nel traffico sulla Gardesana, nel movimento nei paesi, nelle saracinesche dei negozi, nella mestizia che si respira nei due paesi bresciani in contrasto alla vivacità dei dirimpettai.

Viaggio intorno al lago di Garda in un sabato di novembre con un sole splendido e una temperatura a 19 gradi. Roba da gita fuori porta obbligata, specialmente per centauri e ciclisti. Invece, questa mattina, la Gardesana Occidentale è come non l’hai mai vista.

Qualche ciclista solitario, poche auto fino a Salò, pochissime verso Gargnano, nulla (letteralmente) da qui a Limone. Sulla strada nessun controllo da parte delle forze dell’ordine, del resto pare non necessario visto l’andazzo. Limone, l’ultimo paese bresciano è praticamente deserto. Un agente della polizia locale controlla l’accesso al borgo. Potrebbe morire di noia. Oltre la barriera c’è qualche residente a passeggio col cane o la famiglia. L’unico negozio aperto sul lungolago è la rivendita di frutta essiccata di Rudi Montagnoli. Spalanca le braccia, sconsolato. «In un sabato bellissimo come questo ci sarebbe parecchia gente, senza parlare di domani».

L’ultimo albergo in funzione chiude questo fine settimana: «Come farebbe a restare aperto? Gli ospiti non possono fare niente». Rudi scuote la testa: «Non ha senso che Limone chiuda e Riva continui senza problemi».

Nel centro storico c’è la tabaccheria edicola di Ernesto Girardi, che ha preso il testimone dal papà Camillo. «Lo vede anche lei, non c’è nessuno. Che tristezza». La coda inesistente di una stagione turistica corta: «Pochi tedeschi, inglesi zero, per fortuna sono arrivati gli italiani», commenta. «L’unica nota positiva – conferma Rudi Montagnoli – è la scoperta di Limone da parte degli italiani».

Lasciamo Limone, via verso Riva. La ciclopista sul lago è vuota. Si attraversa il confine virtuale, dal rosso al giallo, senza alcun controllo. A Riva è tutt’altra vita. La piazza affacciata sul lago è piena di gente, che occupa sedie e tavolini di bar e ristoranti. Gente del posto, ma anche da fuori, turisti.

In zona gialla il movimento è libero e i negozi sono aperti. Le vie del centro storico sono animate, il traffico viabilistico sostenuto. La Gardesana veronese sembra quella bresciana senza lockdown, con frotte di ciclisti e centauri, mentre nei paesi ci si gode il caffè del dopopranzo al bar.

I lungolago sono affollati di gente che passeggia (a Malcesine qualcuno fa il bagno), una animazione allegra. Solo la mascherina ricorda che qualcosa sta accadendo. È lo stesso anche a Peschiera, con le vie dello shopping e dei bistrò discretamente frequentate, i parcheggi pieni, il via vai sul lungolago (c’è anche chi pesca, pratica vietata da noi).

Il contrasto con Sirmione non potrebbe essere più grande. Il senso di vuoto si dilata avvicinandosi al centro storico. Lungo i viali si intravede qualche passante, ma una volta varcato l’arco di ingresso mette malinconia vedere così deserti vicoli e piazzette suggestivi. Un coprifuoco in pieno pomeriggio. «Di sabato dovrebbe esserci un bel po’ di gente, invece niente», dice Roberto, gestore del negozio di alimentari Capricci di gola.

Oggi, domenica, sarà lo stesso, ma farà ancora più male per contrasto con la folla che d’abitudine invade il paese. Il ricordo di Roberto va al primo lockdown di marzo: «Qui c’erano solo le anatre», dice con ironia amara. «Speriamo che duri solo due settimane». Sarebbe il segno che le cose sono migliorate. Che il rosso è cambiato in giallo.

Vai articolo originale: https://www.giornaledibrescia.it/garda/tra-lombardia-veneto-e-trentino-viaggio-tra-zona-rossa-e-gialla-1.3522983

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