Ciao diario-blog, è più di un mese che non mi prendo il tempo per riflettere con calma, sono travolto da molte cose tutte piacevoli, nessuna a cui voglio rinunciare.
Il tour delle conferenze è andato benissimo, come meglio non poteva, la preparazione del Master procede a tappe forzate, Piero si è soposato, mi sono rimesso a giocare a golf con i ragazzi, e poi le band e poi le attività del progetto Qui Base Luna e il Qui Per caso e la nuova opera e il CD con Marco e le attività per DOC e DOC Academy e… sì lo so sto esagerando.
Ho raccontato tutto a Facebook ma come in una piazza chiacchierona, non è rimasto nulla.
Si, certo, mi sento in contatto più stretto con tutti ma questo eterno, istantaneo presente non mi soddisfa, mi sembra una specie di fastfood emotivo in cui dopo poche ore ti sembra di non aver mangiato.
Ho la scusa pronta: non riesco ad andare a Sesto dove tutto aiuta a trovare il battito rallentato e dove riesco a rallentare e riflettere, dove leggo e studio, dove ascolto e fantastico.
Ascoltavo oggi una splendida lezione di Carlo sulla musica di Philip Glass e di come nella musica indiana, millenariamente "classica" ben più "classica" di quello che pensiamo sia "classico" mentre ha solo quattro o cinquecento anni.
Non c'è tempo in senso stretto ma c'è un fluire costante di cui le note sono bagliori e occorre grande attenzione per comprendere il pattern delle micro-variazioni che l'ascolto frettoloso non riesce a cogliere.
Mi vedevo seduto sulla panchina sul sentiero della Cappella nel Bosco dietro casa a guardare le nuvole passare e le foglie che si muovono piano e il terreno prima immobile che poi si muove e ondeggia e poi vedi il fremito delle api e poi le formiche e ti domandi come avevi fatto a non vederle prima.
E poi ascolti l'aria e il profumo di legna … tutte cose che non ci stanno in un tweet e anche a malapena qui.
Sono felice? Si.
Dovrei quindi accontentarmi rispondendo alla classica domanda: "Ma cosa vuoi di più"?
Il punto non è questo non sto pensando a un problema quantitativo ma di equilibrio, non sto misurando il tempo in "troppo" o "troppo poco": il libero arbitrio mi lascia correre alla velocità che voglio, non c'è nulla di indispensabile che "devo" fare, faccio tutte cose che "voglio" fare.
L'equilibrio è ugualmente una questione di scelta, dipende solo da me: è l'ascolto del corpo che dopo una lunga corsa ti chiede di riprendere il fiato, l'ascolto di un pensiero che ha bisogno di tempo per dispiegarsi.
Senza il vuoto non c'è il pieno e senza silenzio non nasce il suono.
Ho bisogno di vuoto e silenzio per lasciare che il tempo trovi il suo spazio.
Vai articolo originale: http://blog.gigitaly.it/2013/06/tempo.html