Tag: Riflessioni

Il perché delle fondazioni

Questo post è l’anticipo di un discorso politico più elaborato che avevo in mente da un po’ di tempo e che desideravo condividere, magari raccogliendo pareri preziosi.
Per sviluppare questa analisi bisogna partire dal presupposto che la crisi dei partiti politici è un dato di fatto ormai da tempo e che le strategie messe in atto sono state sostanzialmente di due tipi:

– cambiamento di prospettiva politica con l’adozione l’evoluzione bipolarismo-bipartitismo (almeno formale) da parte dei partiti maggiori

– costituzione di fondazioni politiche

Nel prossimo post cercherò di analizzare brevemente la prima modalità, mettendone in luce pregi e difetti, per poi passare alla seconda, che poi è l’argomento di questa riflessione.

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://iltempiodelmoralizzatore.blogspot.com/2010/04/il-perche-delle-fondazioni.html

Meglio guardare in casa nostra (e trovare qualcosa di nuovo)

So di remare forse controcorrente, ma in merito a quello che è successo oggi mi sento di dire questo:- la scena è può effettivamente essere considerata come indecorosa, ma lo è in effetti solo in parte. Dimostra ancora una volta come mediaticamente…

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://iltempiodelmoralizzatore.blogspot.com/2010/04/meglio-guardare-in-casa-nostra-e.html

Meglio guardare in casa nostra (e trovare qualcosa di nuovo)


So di remare forse controcorrente, ma in merito a quello che è successo oggi mi sento di dire questo:

– la scena è può effettivamente essere considerata come indecorosa, ma lo è in effetti solo in parte. Dimostra ancora una volta come mediaticamente la scena sia assorbita da Berlusconi, che grazie allo spettacolino ha cementato il consenso dei delegati nella votazione finale (con il prevedibile risultato di soli 11 contrari e 1 astenuto)

– si tratta, nonostante in questo paese si debba spettacolarizzare tutto, di una questione interna ad un partito. Il fatto che tanti elettori (e militanti) del centrosinistra se ne stiano a sghignazzare davanti al video e alle immagini di Repubblica pensando “guarda che sfigati” la dice lunga sulla capacità che ha il suddetto centrosinistra di fare la sua parte nelle sedi opportune (e non mi riferisco solo al parlamento).

– l’unica cosa che mi ha indignato è come viene sbandierato in maniera chiara e netta (e strumentale) la considerazione che ha il PDL delle cariche istituzionali dello stato: finché obbediscono al padrone vanno bene, altrimenti “si devono dimettere perché non possono fare considerazioni politiche”. In maniera formale posso essere d’accordo, ma aggiungo che le posizioni di Schifani sono altrettanto politiche, solo che essendo allineate vanno bene…

Quindi quello che viene fuori è una sola cosa: invece di aspettare che il cadavere del nemico ci passi davanti, sarebbe il caso di cogliere l’occasione per sistemare un po’ le faccende di casa, invece di scrutare smaniosamente nelle altrui dimore in cerca di qualcosa di nuovo.

Perché é per questo che noi del centrosinistra cerchiamo, qualcosa di nuovo.

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Meglio guardare in casa nostra (e trovare qualcosa di nuovo)


So di remare forse controcorrente, ma in merito a quello che è successo oggi mi sento di dire questo:

– la scena è può effettivamente essere considerata come indecorosa, ma lo è in effetti solo in parte. Dimostra ancora una volta come mediaticamente la scena sia assorbita da Berlusconi, che grazie allo spettacolino ha cementato il consenso dei delegati nella votazione finale (con il prevedibile risultato di soli 11 contrari e 1 astenuto)

– si tratta, nonostante in questo paese si debba spettacolarizzare tutto, di una questione interna ad un partito. Il fatto che tanti elettori (e militanti) del centrosinistra se ne stiano a sghignazzare davanti al video e alle immagini di Repubblica pensando “guarda che sfigati” la dice lunga sulla capacità che ha il suddetto centrosinistra di fare la sua parte nelle sedi opportune (e non mi riferisco solo al parlamento).

– l’unica cosa che mi ha indignato è come viene sbandierato in maniera chiara e netta (e strumentale) la considerazione che ha il PDL delle cariche istituzionali dello stato: finché obbediscono al padrone vanno bene, altrimenti “si devono dimettere perché non possono fare considerazioni politiche”. In maniera formale posso essere d’accordo, ma aggiungo che le posizioni di Schifani sono altrettanto politiche, solo che essendo allineate vanno bene…

Quindi quello che viene fuori è una sola cosa: invece di aspettare che il cadavere del nemico ci passi davanti, sarebbe il caso di cogliere l’occasione per sistemare un po’ le faccende di casa, invece di scrutare smaniosamente nelle altrui dimore in cerca di qualcosa di nuovo.

Perché é per questo che noi del centrosinistra cerchiamo, qualcosa di nuovo.

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Riprendo a scrivere

Dopo una lunghissima pausa, riprendo ad aggiornare questo mio spazio.Spero solo che la cosa duri! A presto!

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://iltempiodelmoralizzatore.blogspot.com/2010/04/riprendo-scrivere.html

Riprendo a scrivere

Dopo una lunghissima pausa, riprendo ad aggiornare questo mio spazio.Spero solo che la cosa duri! A presto!

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Riprendo a scrivere

Dopo una lunghissima pausa, riprendo ad aggiornare questo mio spazio.Spero solo che la cosa duri! A presto!

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“Tieni, è gratis… e pure legale!”

«Una volta che è online non è più tuo». Questo è il messaggio di tante campagne sulla tutela dei dati personali, ma si può applicare anche al mondo dell’editoria, con le notizie che rimbalzano da blog a blog in un lampo e, ancora, vale per i contenuti protetti da copyright come i film e le canzoni.
Ma la ricerca, la produzione, la revisione hanno i loro costi e, per quanto possa apparire utopicamente bello, a lungo termine l’economia non può basarsi su prodotti gratuiti. Non il business cinematografico, ne il settore editoriale, ne l’industria video-ludica. D’altro canto trovo ingiuste tassazioni a priori, senza distinzione di colpe, dei supporti di memorizzazione come dischi e dvd.

La soluzione? Io penso che si possa fare così:

Un mesetto fa, ad esempio, ho ricevuto una mail relativa al nuovo film di Claudio Malaponti, The Sinai Man, in cui si diceva quanto segue:
«[…] Il mio prossimo film ha un budget di 10 milioni di Euro. Il film è ormai completamente finanziato ma il 4% delle quote del film equivalenti a € 400.000 abbiamo deciso di convertirle in azioni da €100/cad. per un totale di 4.000 azioni. Ogni azione equivale allo 0,001% della proprietà del film e dei profitti e proventi netti che ne deriveranno. Chiunque può acquistare delle azioni: da 1 a 100 o più a seconda delle capacità finanziarie di ognuno […]*».
Non si tratta di un vero e proprio finanziamento, in quanto il budget è già stato completamente coperto, come spiega la mail, ma non si esclude la possibilità che il pubblico voglia partecipare.

E poi c’è l’esempio di Dig_it. Gli utenti scelgono l’inchiesta che interessa loro maggiormente tra quelle proposte dal sito e pagano in anticipo. Un po’ come quando noi film assoldano gli investigatori privati. Solo che sono in tanti e si dividono le spese. Per questo ho scelto l’immagine delle gocce: per usare la metafora ormai inflazionatissima delle tante gocce che formano il mare. Il senso è quello.
Perché questo non si può applicare in maniera sistematica per i cantanti e i musicisti? Mi rendo conto che la realizzazione di un videogioco o di un film richiedano un più articolare apparato di coordinazione, in quanto le parti coinvolte sono davvero tante, tra designer, sviluppatori, disegnatori eccetera per non parlare dell’investimento in risorse tecnologiche ad hoc. Ma un cantante ha spese di incisione e di registrazione. La distribuzione online è quasi gratuita, il marketing non serve se gli investitori sono anche gli utenti finali e la comunicazione in questi casi può essere lasciata ai consumatori che hanno tutto l’interesse ad aumentare la notorietà dell’artista di cui sono mecenati, dato che maggiore il bacino di fan, maggiore la distribuzione delle spese e quindi minore il costo per ciascun contribuente.

Se a me piace un gruppo, non vedo l’ora che producano nuove canzoni. Io ci metto 2 o 5 Euro, tu ce ne metti altrettanti, così come tanti altri. Appena si raggiunge una certa soglia per sostenere le spese di registrazione l’artista produce. E poi via a comunicarlo agli amici, conoscenti, parenti, blog eccetera. “È pronta la nuova canzone di Pincopallino! Tieni è gratis. Se poi ti piace e ne vuoi sentire altre, ci metti anche te 2 euro e quando ci sono abbastanza soldi lui ne fa un’altra. Poi ce la manda via link con una mail quanto è pronta. Se vuoi, manda la canzone ad altri, così magari partecipano anche loro e facciamo prima a raccogliere i fondi!”

E così la canzone e l’artista guadagnano in notorietà, la musica resta gratis (a parte l’offerta, ma te la scarichi quante volte vuoi anche se non hai partecipato) e il pubblico è incentivato a far conoscere a più persone possibili il nuovo brano. Più la musica è bella, più è gratis!

* Per correttezza e completezza riporto anche quanto segue nella frase che ho troncato nel riportare il contenuto della mail di Malaponti, in quanto il senso di quel 4% di azioni non ha tanto un valore finanziario, ma un significato diverso. Dice infatti la mail: «[…] Ma badate bene, non è importante l’investimento ma il messaggio che si trasmette attraverso questo gesto poiché con questa sorta di azionariato pubblico non solo si diventa produttori e proprietari del film insieme a noi, non solo si dividono i profitti, ma si crea per la prima volta nella storia del cinema un movimento artistico ed energetico di proporzioni inimmaginabili per dimostrare fattivamente che esiste un piccolo esercito di anime che vogliono mantenere viva la scintilla divina che è dentro ognuno di noi.»

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://feedproxy.google.com/~r/blogspot/SCne/~3/1h-ivLtGc-I/tieni-e-gratis-e-pure-legale.html

Possiamo crescere senza guerra?

A questo incontro di apertura del progetto di Liberamente a Bolzano, se non ricordo male, Caracciolo ha detto che la sua, quindi gli adulti di oggi, è stata la prima generazione senza guerre. Poi un altro intervento, questa volta di Velasco mi pare, diceva che i valori la cui assenza spesso viene rinfacciata ai giovani di oggi, sono una conseguenza della generazione che ci ha preceduto, degli adulti.

Mi chiedo, non è che forse questa mancanza di conflittualità generalizzate e condivise a livello globale sia la causa della mancanza di valori? Come facciamo a fondare nuovi valori e a farli radicare senza conflitti armati (sulla cui nocività complessiva non si discute)? Come possiamo ottenere gli stessi risultati positivi sui giovani di oggi che ha avuto la guerra sulle generazioni passate?
O al contrario, non è che forse i valori ai quali facciamo spesso con nostalgia riferimento, siano frutto di una situazione sbagliata come la guerra? Non è che forse non abbiamo il coraggio di mettere in discussione i vecchi valori?

Io la butto come provocazione, ma penso che su questo si basino le fondamenta del futuro. Penso che su questo si basino le soluzioni dei grandi problemi sociali, ambientali e economici del futuro. Sono forse queste le guerre nuove per le quali dobbiamo sviluppare valori nuovi, tagliati su misura.

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://feedproxy.google.com/~r/blogspot/SCne/~3/JUTf_8b_XdU/possiamo-crescere-senza-guerra.html

Digital natives… ?

D-u: “[…] A tal scopo avrei creato una pagina su WebCollaborativoFacilissimoPerCretini che renderebbe la condivisione del materiale più ordinato, facile e veloce per tutti. Basta farsi un account sul sito WebCollaborativoFacilissimoPerCretini e”
Ggiovane_1: “Scusa, un account?”
D-u: “Sì, devi iscriverti. Ti basta un’email e una password”
Ggiovane_2: “Ma non possiamo fare tutto con la mail?”

D-u: “Ma la mail è disordinata. Funziona bene se si è in due, ma quando siamo come adesso in cinque, poi abbiamo doppioni che differiscono di poco gli uni dagli altri, diventa un casino capire cosa è definitivo, e poi una persona che arriva dopo non capirebbe più niente.”
Ggiovane_1: “Sì, ma io non sono bravo a usare il computer”
D-u: “Guarda che si tratta di servizi pensati per essere usati da chiunque. È veramente intuitivo. In ogni caso ho già preparato una guida per lo stretto necessario che ci servirebbe”
Ggiovane_2: “mmm… ma la mail davvero non va bene? L’abbiamo usata fino adesso…”
D-u: “Sì, ma è scomodo. Secondo me è molto meglio usare questo servizio. Nella mail è ad esempio un casino andare a recuperare quello che abbiamo fatto l’anno scorso. Invece qui possiamo fare una pagina apposta e poi quando ci serve con un click la recuperiamo”

Silenzio

Giovane_3: “No dai, teniamo la mail!”

Considerazione finale: ma davvero servono questi grandi investimenti per la banda larga quando la nuova generazione di ventenni è ancora a questi livelli? Non è che ancora oggi molti giovani considerano internet semplicemente lo spazio di Facebook, Youtube, Wikipedia e Yahoo Answers e se va bene dell’email e basta? Uno spazio per passare il tempo libero taggandosi in fotografie “compromettibilmente” infantili e al massimo trovare informazioni prettamente connesse con lo studio.

E allora mi viene da chiedere, ma chi è che abita quegli spazi innovativi, utili e democratici che promettono veramente un futuro migliore da far meritare a internet la candidatura al nobel della pace? Chi ha un account su LinkedIn, si informa via Twitter, partecipa nei forum, contribuisce attivamente su Wikipedia, collabora a distanza tramite la suite di Google, telefona via Skype? Forse negli Stati Uniti questo già avviene. Del resto lì sono più avanti… Ma in Europa? In Italia? I tempi sono davvero maturi quanto si crede per una net economy?

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http://feedproxy.google.com/~r/blogspot/SCne/~3/z98MNy8RRkQ/digital-natives.html

Nonostante tutto… perfetti!

Di errori agli Snowdays ne abbiamo fatti. Io incluso. E ogni errore in un evento del genere ti pesa, o perché a posteriori ti dici che dovevi prevederlo o perché lo avevi previsto ma poi non sei riuscito a sistemare le cose in tempo. E se non ti sei accorto da solo di quello che puoi migliorare, allora ci sono i tuoi collaboratori e amici che te lo vengono a dire, non per farti stare peggio, ma per aiutarti a imparare dai tuoi errori.

Poi ci sono quelli che al contario non vengono a dire cosa hai sbagliato a te. Ma lo dicono agli altri prima. Cercano gli altri insoddisfatti e frustrati per non essere stati in grado di vedere quello che di bello c’era e insieme autoalimentano la loro tristezza umana. E si permettono di farlo perché, non avendo idea di come funzioni l’organizzazione di un evento simile, ogni piccolo intoppo diventa un’offesa alla loro elevata condizione di uomo pensante, ma non agente. E per vie indirette uno viene a sapere che c’è chi sta rovinando tutta l’atmosfera e che spala escremnti sul tuo operato.

Ma arrivano anche feedback positivi. E su questi costruisci la tua voglia di rimetterti in gioco. Così oggi mi ha fatto un enorme piacere leggere questa mail da alcuni studenti polacchi che hanno partecipato agli Snowdays:

We would like to thank you for the great time we had at Snowdays.
That was an unforgetable time for us in an awesome place with great people.
Just WOW!!!
Congratulations for the perfect organization.
The one thing you should consider next time is the duration. Snowdays should be looooonger 🙂

A quanto pare c’è chi vede la perfezione in qualcosa di diverso che in uno sterile flusso di eventi che scorre come previsto!

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Considerazioni personali sugli Snowdays 2010

Passati gli Snowdays. Credo di aver fatto la cosa più grossa in termini di fatica e responsabilità di tutta la mia vita. Prima di elencare le cose che ho imparato, spiego brevemente quello che ho fatto, non tanto per vantarmi, ma per segnarmi da qualche parte quello che ho fatto, che se un giorno fossi disperato per un qualsiasi motivo, mi basterebbe rivedere questo post per riguadagnare la fiducia in me stesso.

Dunque, il mio ruolo nel team organizzativo degli Snowdays è stato occuparmi della logistica dei pasti. Gli altri compiti sono lo sponsoring, gli alloggi, la logistica trasporti, la comunicazione, l’organizzazione degli sport, quella delle feste, il prendere i contatti con le altre università, la realizzazione del video e della parte grafica sia online che su carta. Poi ovviamente c’è la coordinazione dell’intero team.

Nel concreto dovevo pensare alle colazioni, i pranzi, le cene ciascuna per due giorni per 400 persone in quattro posti diversi, ovvero le colazioni in uno studentato e nella mensa universitaria, il pranzo sulla pista dell’impianto Corno del Renon e a Carezza, le cene e la Ciobar Lounge di nuovo in università. Significa che prima dell’evento ho dovuto programmare cose e in che quantità era da comprare sia in termini di cibo che di strumenti per la preparazione e accessori, dai tovaglioli ai tavoli e panche, dai bollitori alle forchette, dai taglieri per fare i panini ai condimenti per la grigliata. Poi dovevo pensare a come trasportare il tutto a 30 km di distanza in montagna sulla neve, a chi chiedere la per preparazione di 400 panini con insalata pomodoro e mozzarella, alla cottura del Ciobar e a come portare 45 kg di gulasch a 70°C in mezzo a una pista innevata alla quale si accede solo con la cabinovia. Eppure è andata bene.

È andata bene perché sono stato aiutato. Ringrazio quindi tantissimo Corrado R. che mi ha fatto da vice, poi Emanuela V., Valentina P., Giulia B., Erica P., Chiara D.E., Marco G., Anna K., Stephanie W., Alessandra C., Francesca M., Nikolai F., Beatrice B., Teresa P., Giovanna D., Marco S., Aldo D., Alessandro S., Gabriele S., Veronica C., Michele N., Marina K., Sabine L., Monica M., Anna S., Gisli G., Marc S., Cristina F., Manuela F. e Giuseppe Aina per essersi resi disponibili sin dall’inizio e anche Alexander K., Anna W., Moritz K., Luca T., Alberto B., Stefania M., Matteo C., Kai B., Erica G., Lukas F., e Chiara P., per aver dato una mano vedendo che c’era bisogno di aiuto sul posto e non essere rimasti indifferenti come altri. Pochissimi hanno fatto quello che mi aspettavo da parte loro. Moltissimi hanno fatto di più. Grazie a Fabian per i suoi consigli, a Michael e Hannes per essersi occupati in parte anche di “roba mia”. (Spero di non aver dimenticato nessuno)

Ma il grazie più enorme di tutti va ad Alba che oltre ad avermi accompagnato sempre, ad avermi aiutato e consigliato sempre, mi ha dato la fiducia per ricoprire questo incarico, che, se ci fossi stato alla prima riunione quando si è deciso chi faceva cosa, io non mi sarei mai accollato, neanche sotto tortura.

Ho così imparato a organizzare pasti per 400 persone, che se vi chiedete a che cosa possa servire a uno che vorrebbe fare il manager da grande non saprei rispondervi. Ho imparato a coordinare un gruppo a parer mio enorme. Ho imparato a riconoscere chi è affidabile e chi non le è. Ho imparato a tenere registrazioni di magazzino.

Mi vengono da fare un sacco di altre considerazioni, ma per il momento chiudo qui, dicendo che se qualcuno avesse da organizzare un mega picnic da 400 persone, può contare su di me.

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Se fossi Steve Jobs

Ieri parlavo con Francesco del fatto che Chrome, il browser, non soddisfa ancora le mie aspettative. Quello per Mac. Sì, perché intanto per Windows siamo alla release 4 tutta ancora più sciccosa e ancora più veloce, mentre io qui ancora non posso rinominare i miei preferiti. Ora, a me sta bene che per Windows il software esca prima, ma che si dimentichino del tutto di sistemare la versione per Mac… E io che mi arrabbio, e Francesco che mi dice, sì ma aspetta che stanno anche lavorando all’OS di Chrome. Beh, ripensandoci non è un gran motivo, perché non è che siccome prevedo un salto, non prendo la rincorsa. Il browser ora me lo sviluppi bene e poi ti permetterò di passare ad altro.

Poi penso, se fossi Steve Jobs (faccio il suo nome, ma sicuramente in Apple c’è anche qualcun altro a prendere le decisioni), farei una collaborazione con Google perché una volta tanto esca prima il prodotto per Mac e solo dopo per Windows. Questo dovrebbe aumentare la fedeltà e la soddisfazione dei miei consumatori (“Cacchio, figata, ma tu hai già il SuperGoogleNuovaReleasePerFighiPatentati!” – “Certo, I’m a Mac” – “Ci stai troppo dentro, vecchio, ora me lo compro pure io ‘sto Mac”). Poi penso che questa decisione è controproducente per Apple, perché loro già hanno Safari, e che quindi Chrome gli fa solo concorrenza e basta. Anche perché ora si parla di un browser, ma a breve ci sarà un po’ di tutto nel “Google Store” e pure a gratis. Poi penso che Apple prima di tutto vende hardware e non software, quindi il pensiero di prima non è abbastanza per scalfire quello di prima ancora. E poi penso, e se non fosse proprio così? E se ormai Apple avesse intrapreso la strade del “faccio tutto io, da quello che tocchi a quello che gira?”, e che quindi col cavolo che è solo una produttrice di software?

Bah, aspetterò domani per vedere cosa tirerà fuori Steve Jobs dal suo cappello magico. Magari a forza di vedere immagini inventate di come dovrà essere questo Apple Tablet, quello vero ci deluderà. Se non fosse che è la Apple a produrlo, non mi parrebbe neanche così impossibile. Si vedrà.

L’immagine l’ho rubata da qui a the Apple Lounge.com.

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Violenza e politica

Poco da dire sulla statuetta del duomo lanciata contro Berlusconi.
Certi gesti sono sbagliati, anche se si tratta pur sempre di un oggetto, non di un’arma.
Quello che trovo scandaloso è tutto ciò che circola intorno alla vicenda: parole, parole, parole.
Accuse reciproche, nuovi insulti invocando un abbassamento dei toni, e il tentativo di avere un tornaconto elettorale dalla vicenda.
E così vengono dati in pasto alla piazza i “mandanti” politici dell’ “atto di terrorismo”: L’Espresso, la Repubblica, Di Pietro, Travaglio, Il Fatto Quotidiano, colpevoli di criticare aspramente l’operato di Silvio Berlusconi, fomentatori d’odio, neo-savonarola.
Viene dipinta la parte politica avversa come una schiera di violenti sobillatori, da eliminare (proposta di abolizione per legge di IDV e PRC da parte dei giovani del Pdl di Treviso).
Si fomenta la paura citando il ritorno agli anni di piombo.

In tutto questo affannarsi di parole ci si dimentica di Brunetta che dice: “certa sinistra vada a morire ammazzata”, o dello stesso Berlusconi che da del coglione a chi non lo vota, per non parlare delle decine di attacchi a magistrati e istituzioni democratiche.
Per non paralare della Lega Nord che invoca i fucili, o per bocca di suoi esponenti chiede la pulizia etnica dei “culattoni” e dei figli degli zingari.
Sembra che la violenza non sia solo da una parte dunque…
Cosa dire poi di quella che si vede tutti i giorni in tv? sdoganata come fosse normale da tutti i Tg, aizzata da reality show e dibattiti politici e non.

Sarebbe bello che si approfittasse dell’episodio per darsi TUTTI una calmata. Ma forse è impossibile, la politica è cinica, non contano le persone, conta il fine, e probabilmente abbassare i toni a molti non conviene.

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http://filisetti.blogspot.com/2009/12/violenza-e-politica.html

L’Italia del 2010

E’ questa l’Italia che si appresta ad entrare nel 2010? Non sono bastate le lezioni del passato?

Io, nero italiano e la mia vita ad ostacoli
di Pap Khouma

Sono italiano e ho la pelle nera. Un black italiano, come mi sono sentito dire al controllo dei passaporti dell’aeroporto di Boston da africane americane addette alla sicurezza. Ma voi avete idea di cosa significa essere italiano e avere la pelle nera proprio nell’Italia del 2009?

Mi capita, quando vado in Comune a Milano per richiedere un certificato ed esibisco il mio passaporto italiano o la mia carta d’identità, che il funzionario senza neppure dare un’occhiata ai miei documenti, ma solo guardandomi in faccia, esiga comunque il mio permesso di soggiorno: documento che nessun cittadino italiano possiede. Ricordo un’occasione in cui, in una sede decentrata del Comune di Milano, una funzionaria si stupì del fatto che potessi avere la carta d’identità italiana e chiamò in aiuto altre due colleghe che accorsero lasciando la gente in fila ai rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava più o meno così.
“Mi ha dato la sua carta d’identità italiana ma dice di non avere il permesso di soggiorno. Come è possibile?”.
“Come hai fatto ad avere la carta d’identità, se non hai un permesso di soggiorno… ci capisci? Dove hai preso questo documento? Capisci l’italiano?”. “Non ho il permesso di soggiorno”, mi limitai a rispondere.
Sul documento rilasciato dal Comune (e in mano a ben tre funzionari del Comune) era stampato “cittadino italiano” ma loro continuavano a concentrarsi solo sulla mia faccia nera, mentre la gente in attesa perdeva la pazienza.
Continua

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