Stefano mi chiede come va e di raccontare “la storia della mia vita”. Qualcuno che mi sta leggendo mi conoscerà già (spero) e qualcun altro si chiederà chi io sia.
In questo giorni mi è stato giustappunto chiesto di scrivere una breve biografia da utilizzare come presentazione di una strana “conferenza incontro ” che terrò a Leno (BS) per i giovani dell’associazione Epicentro. Mi considero un giovane (concedetemelo) affatto precoce per quanto riguarda la mia vita nella musica.
Ciononostante, non essendo dotato di senso del ritmo e/o dell’accordo, ho fatto tutto (o quasi) quello che stà attorno alla musica: dall’organizzare concerti, al costruirli come tecnico, dal “giornalismo musicale”, al produrre dischi.
Affatto precoce perché fino ai miei 17 anni compiuti ero uno che ascoltava e poco i cantautori dei tempi: Bennato e Guccini , un pò di PFM, conosceva qualcosa dei Beatles e di Bob Dylan ma fondamentalmente
poteva essere considerato un frequentatore superficiale della musica.
In realtà mi capita a volte di ricordare singolari episodi precedenti al luglio del 1980 che mi ricollegano alla musica in maniera sicuramente diversa dai miei coetanei di allora ma in quell’estate successe qualcosa che posso veramente dire mi ha segnato nel più profondo .
In quell’estate “la mamma” mi mandò a London a “studiare l’inglese”. Il problema è che sui muri, nelle strade e nei locali quello era il momento della grande svolta della musica: dopo il terremoto del punk nasceva la
“nuova onda” e più della lingua imparai il sound.
Quando respiri quell’aria à difficile poi dimenticarsela e non parlo solo dei suoni e dei ritmi ma del modo di autorganizzarsi e di autopromuoversi di quella musica. Sulle staccionate dei cantieri vedevi accanto ai patinati manifesti del tour di Rod Stewart strani volantini fotocopiati, fatti con ritagli di giornali che pubblicizzavano qualcosa che andava ad accadere a Croydon, nel sottoscala o nello squat di qualcuno.
L’ho fatta lunga perché da lì ho capito la portata rivoluzionaria della musica ed è da lì che ho imparato il Think Global Act Local e l’importanza di rapportarsi con la musica nel proprio territorio.
Ecco perché dopo un lungo percorso ho fondato un associazione BandSyndicate che si occupa di promuovere tutti gli artisti della nostra grande provincia bresciana e farli conoscere al fuori di un ambito locale.
Qualche anno fa teorizzavo che a fronte dell’enorme numero di aspiranti musicisti che oggi si propone al pubblico si sviluppasse la nascita di fenomeni dall’identità assolutamente locale e localistica; questo processo sembrerebbe aver subito un rallentamento ma comunque lo vedo come un passo inevitabile.
Siamo talmente globalizzati che un musicista trova la sua ragione di esistere in 25 (o meno) estimatori sparsi su tutto il pianeta e sogna di vivere di quello; ma il musicista che vuole e vorrà trovarsi un riscontro economico in grado di farlo sopravvivere dovrà organizzarsi su rete locale.
Attenzione!!! Stiamo parlando di show- business e del fatto (incontestabile) che sempre più giovani vedono la musica, sia come artisti che per tutti gli altri ambiti che la circondano (vedi Ste che il discorso riguarda anche i tecnici), come possibile fonte di reddito o di impiego e il costo della tecnologia da una parte e un minimo know how dall’altra sono facilmente accessibili a qualsiasi livello.
Il post-punk sfrutto’ un primo scatto nella scala dello sviluppo tecnologico riuscendo così a scavalcare il peso di produttori che non riuscivano più a comunicare con le nuove generazioni ed il disagio del tempo.
Ma il discorso su come quella stagione musicale riuscì forse per l’ultima volta a sconvolgere e ribaltare le regole del commercio della musica lo faremo magari una prossima volta.
Da qualche anno mi occupo anche di produzioni discografiche ed ho affiancato al negozio di musica (e parlo di Musica e non di intrattenimento da classifica; quindi mi occupo di pop, rock, jazz ma comunque musica alternativa a quella delle grandi catene commerciali) ho affiancato la produzione di alcuni amici che ritengo meritino di essere un poco più conosciuti.
Pubblico due/tre cd all’anno oltre a cose minori e qualcuno mi dice che sono bravo perché oltre alla stampa pago la masterizzazione, il grafico per lavorare alle copertine e sopratutto l’ufficio stampa che seguirà la promozione; contribuisco al lavoro di reperimento concerti e a volte pago anche le inserzioni pubblicitarie, i video e cose di questo tipo.
L’ investimento che dedico al disco può raggiungere il ricavato totale dato dalla vendita della prima tiratura; potete farvi due conti ….Il problema è che con tutti gli sforzi possibili si vende meno di un terzo della tiratura fatta e ridurre la tiratura comporta degli aggravi di costo.
E allora perché farlo? Esattamente non lo so; probabilmente per buttare via un pò di soldi ma anche perché qualcuno lo deve fare. Questi li chiamiamo dischi ma in realtà non lo sono. La soglia che divide “l’esistenza” di un gruppo o musicista dal “nonessere” è salito vertiginosamente e continua a salire.
Negli anni ’80 ho trasmesso in molte radio, prima a Radio Brescia Popolare poi a
Radio Onda D’urto occupandomi proprio dei musicisti underground di quegli anni. Ci arrivavano cassette da ogni dove, le più erano registrazioni casarecce fatte con un microfono appeso in mezzo alla sala prove; poi c’erano quelli che registravano e facevano delle cassette duplicate in fabbrica e poi c’erano quelli che facevano “il disco”, magari appoggiati da piccole nascenti etichette discografiche.
Oggi le trasmissioni come la mia o le riviste o webzine non prendono neppure in considerazione un cd che non sia stato registrato in (un qualche) studio, stampato in fabbrica, per una (presunta) etichetta discografica nazionale e seguito da un ufficio stampa che faccia pressione almeno fino alla messa in onda.
Allora c’erano 10 locali di musica alternativa o comunque disposti a far suonare giovani gruppi emergenti in tutta la Lombardia ma se ti chiamavi Precious Time (poi divenuti Timoria) e avevi fatto una cassetta e vinto un importante concorso cittadino suonavi in tutti e dieci; oggi ci sono 25 locali solo nella nostra provincia ma se non hai avuto un intervista (non la semplice recensione) sulle riviste musicali ed un agenzia che promuove i tuoi concerti quasi nessuno di questi ti farà suonare.
Ciononostante io continuo, cercando quel qualcosa che possa fare la differenza nel tentativo di far si’ che questi “poco più che demo” su cui metto la firma come discografico mostrino una differente qualità non solo nella proposta artistica ma anche nella cura della produzione; non potendo sopportare un peso economico maggiore di quello che già dedico stò sperimentando anche delle coproduzioni, anche se il minor investimento economico genera un minor controllo sulla qualità. Così fra pochi mesi uscirà il disco di
IL RE TARANTOLA ED EMMA FILTRINO in coproduzione con “
La stalla domestica” e poi in primavera vedrà la luce il disco degli
HYPER EVEL (progetto parallelo di alcuni ALTICA) in coproduzione con Buddy Records mentre come produzioni per Kandinsky Records a gennaio pubblicherò’ il quinto disco di
JET SET ROGER e, probabilmente in primavera, il cantautore
GIOVANNI PELI e il gruppo elettro/pop
NEWDRESS.