Tag: Comunicazione

Tre anni dopo

Chissà per quale barbatrucco tecnologico è tornata nel mio aggregatore la notizia di un’intervista che ho dato 3 anni fa al Security Summit di Milano. Non ho fatto caso alla data, mi pareva solo strano che citasse il mio blog su Noza24 che da tempo non tengo aggiornato. Ho ascoltato…

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http://blog.gigitaly.it/2013/06/tre-anni-dopo.html

I temi della maturità sono un inganno o una realtà che non vogliamo vedere?

Ho letto tutte le tracce dei temi della maturità e li trovo tutti affascinanti: c’è Pasolini, la storia dal delitto di Sarajevo alle Brigate Rosse, c’è la ricerca scientifica, una citazione di Fritjof Capra: ma davvero i ragazzi della maturità di oggi sanno affrontare questi temi? Ho l’impressione di un…

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http://blog.gigitaly.it/2013/06/i-temi-della-maturit%C3%A0-sono-un-inganno-o-una-realt%C3%A0-che-non-vogliamo-vedere.html

Why Bach

Grazie a State Of The Net per la prima volta guardo e ascolto per bene il mio racconto sulla complessità e devo dire che mi piace, in questa versione in particolare, che temevo frettolosa quando l’ho preparata, mi pare ci sia tutto e con un ritmo che non stanca. E…

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http://blog.gigitaly.it/2013/06/why-bach.html

Ho mangiato un racconto

Nel venire a Sesto facciamo tappa per pranzo al Moar a Vila di Sopra,(a sinistra al bivio di Percha) caldamente raccomandato da mio fratello. Ottima cucina casalinga pusterese, test kaiserschmarren superato brillantemente, atmosfera da maso di montagna. Ma il tocco di "genio" è alla fine: il padrone ci consegna biglietto…

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http://blog.gigitaly.it/2013/02/ho-mangiato-un-racconto.html

Che belle lezioni!

Lorenzo e Simone, due grandi amici mi hanno affiancato oggi in un lungo meeting sulla gestione delle risorse umane: che bravi, che grande umanità ed esperienza hanno saputo condividere!

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L’estinzione dell’italiano

«Islandese, lituano e lettone sono già sparite da smartphone e pc. E anche l’italiano se la passa male. Secondo gli esperti, senza investimenti, alla lunga non saranno più parlate neanche nella vita reale.»

E ancora:

«L’allarme, nella giornata europea delle lingue lo scorso 26 settembre, è stato lanciato da uno studio di MetaNet, un gruppo di 200 tra linguisti e ricercatori di 34 Paesi, finanziato dall’Ue e capace di mettere in luce come in alcune nazioni, tra cui la nostra, le tecnologie della lingua sono insufficienti a salvare un intero patrimonio culturale dall’oblio.»

Non avendo alla mano i dettagli dello studio, né essendo un esperto linguista, non posso direttamente confutare la notizia sul piano delle scienze applicate nella ricerca, ma posso provare a esprimere un parere semi-competente da altre prospettive, l’una dall’esperienza quotidiana, l’altra dalle materie di studio.

L’esperienza di vita vissuta va a pescare nei quattro anni passati in Alto Adige, terra con tre lingue ufficiali (tedesco, italiano e ladino) e lanciata verso un futuro europeo (inglese), e dal semestre in corso a Copenhagen dove accanto al danese, l’inglese è parlato a livelli molto alti, soprattutto se comparati con altri paesi non-anglofoni.
Da esterno sembra incomprensibile ad esempio che in Alto Adige il tedesco parlato abbia una fortissima connotazione locale, tale da renderlo nelle forme colloquiali incomprensibile ai tedeschi proveniente dalla zona settentrionale della Germania. Sul momento verrebbe da pensare che il dialetto locale sia condannato all’estinzione nel corso di un paio di generazioni. Per non parlare del ladino. Entrambi gli idiomi non sono contemplati né nel T9 dei cellulari più vecchiotti, né nei correttori automatici degli smartphone. Eppure non ho visto un altoatesino fare una piega nel comunicare in maniera scritta secondo i canoni linguistici tradizionali: T9 disattivato di default e correttore automatico maledetto.
Se neppure gli altoatesini decidono di adottare il tedesco classico (quando quasi tutti i rapporti con l’estero partono dalla Germania e dall’Austria), perché mai dovrebbero passare all’inglese nella loro quotidianità?

Cosa succede in Danimarca? Dacché sono a Copenhagen (fine agosto) ho incontrato solo una persona che non parlava inglese. Una volta ad esempio abbiamo chiesto indicazioni a una signora sulla settantina che senza problemi ci ha indicato la strada. In inglese. Settant’anni. Provate in Italia.
Se in termini linguistici (per motivi culturali, economici e geografici) qui sono almeno due o tre generazioni che l’inglese è compreso e utilizzato, quanti anni pensate che potrebbero volerci prima che in Italia scompaia l’italiano?

Da un piano prettamente economico strategico invece, per quanto la lingua ufficiale aziendale è probabile che diventi l’inglese nel giro di poche generazioni, nella domestica quotidianità i tempi saranno certamente molto più lunghi, se mai giungeranno a tal punto. Le aziende continueranno a comunicare con i propri consumatori nella loro lingua madre, foss’anche solo per trasmettere un senso di intimità e tradizionalità al loro prodotto. Vi immaginate la Barilla promuovere gli spaghetti in inglese? Farebbe a pugni con il motto “Dove c’è Barilla c’è casa”. Accanto alla continua corsa alla globalizzazione (su un piano produttivo) c’è un crescente desidero nelle aziende (per esigenze di mercato) di rendere più locale la comunicazione e la distribuzione.

Altri input vengono dall’ambito culturale. Nei training interculturali e negli incontri che trattano del tema da me finora frequentati si è sempre detto che nonostante la globalizzazione, le diverse culture nel mondo non si stanno avvicinando. Basta stare all’estero per qualche mese per notare quanta differenza c’è tra un gente di paesi diversi e gli italiani sanno benissimo quali enormi barriere culturali ancora vigono all’interno del nostro stesso paese prendendo a confronto regioni che non distano più di qualche centinaio di chilometri.

Insomma, forse l’articolo di Repubblica cui faccio riferimento ha appositamente tralasciato di specificare l’orizzonte temporale della ricerca dei linguisti per non azzerare l’importanza della notizia.

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La corretta informazione

Sarà che sto aiutando mio fratello a studiare fisica con definizioni e spiegazioni e che quindi sono entrato nel trip che una definizione o la dai giusta o fai meglio a tacere, ma l’articolo su Corriere.it Social (quello su Facebook) che descrive la velocità di punta raggiungibile con un nuovo aereo sviluppato dalla Difesa statunitense, l’X-51, riporta alcune imprecisioni che un lettore poco attento e poco preparato traviserà. Già mi vedo quelli che poi girano dicendo che si può volare da New York a Londra in un’ora (lo dice il Corriere…), cosa ancora impossibile.

L’articolo dice infatti: «Oggi è il giorno del futuro per la Difesa americana: verrà testato l’aereo ipersonico X-51 Waverider, un velivolo con un motore “scramjet” che potrà raggiungere i 7.242 chilometri orari. Per intenderci, Londra New York in un’ora.
E poi ancora: «Il velivolo, di sei metri, sarà rilasciato da un bombardiere B-52 al largo delle coste della California e dovrà essere in grado di volare per circa 300 secondi alla velocità fantascientifica di mach 6, ovvero oltre 7.000 km/h, quanto basta per raggiungere Londra da New York in meno di un’ora. Se l’esperimento riuscirà, mandare aerei o missili dall’altra parte del pianeta sarà solo una questione di minuti invece che di ore.»

So di essere pignolo però insomma, bisogna anche spiegare le cose come stanno, soprattutto se sei il Corriere, anche se scrivi su Facebook. Per coprire la distanza New York-Londra effettivamente in un’ora, bisogna mantenere la velocità di 7.000km/h per tutta l’ora. Non bastano 300 secondi (pari 5 minuti). E se anche il velivolo che la facesse a mantenere la velocità per un’ora, significa che i tempi di accelerazione e decelerazione non sono stati calcolati o che sono stati raggiunti in un tempo prossimo allo zero, che significherebbe che sul contenuto e sull’aeromobile stesso si sarebbe sviluppata una forza all’indietro che ne staccherebbe probabilmente i pezzi, laddove non si deformassero comprimendosi (non voglio mettermi a calcolare quanti Newton sarebbero, ma dubito che un passeggero ne uscirebbe con la cassa toracica intatta). Ancor meno ci trasporterei delle bombe: tanto vale passarci sopra con un carro armato.

Per dare la notizia in maniera corretta e onesta si dovrebbe dire che il velivolo è in grado di superare la velocità di 7.000km/h e che permetterebbe, a condizione che venga mantenuta per tutto il tragitto e senza tener conto dei tempi di accelerazione e decelerazione, di raggiungere Londra partendo da New York in un’ora.

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https://www.facebook.com/Scrivoxvizio#

Da una piattaforma all’altra, per tendere faustianamente ad affinare e completare l’arte della comunicazione, per inseguirla costantemente. Ogni spazio ha i propri linguaggi ed ogni linguaggio permette l’espressione di un concetto, una sfumatura, una piega dell’anima diversi, che forse non esisterebbero nemmeno, se non esistessero i luoghi, le lingue ed i mezzi stessi attraverso i […]

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https://scrivoxvizio.wordpress.com/2012/06/01/httpswww-facebook-comscrivoxvizio/

Social media per PMI e partite IVA

Questo post vuole dare qualche utile consiglio per l’uso dei social media per le piccole imprese, le partite iva, imprese familiari e tutte quelle altre piccole attività di una o poche persone.

Online si trovano tanti consigli e tante guide su come utilizzare i social media in maniera appropriata (questo post non fa eccezione). La lezione generale da questa marea di informazione è che i social media bisogna usarli con criterio, con una strategia chiara. Qui un consiglio semplice che penso sia chiave per un utilizzo semplice alla portata di tutti.

Innanzitutto bisogna considerare che i social media non sono necessariamente una novità radicale, ma sono un modo nuovo di fare una cosa che abbiamo sempre fatto: comunicare. Con i social media comunichiamo come sempre, ma con strumento nuovi. (Spesso bisogna insegnare proprio a comunicare in maniera umana.) Come può sfruttare dunque i social media un panettiere, un elettricista, una famiglia che gestisce un bed&breakfast per comunicare come ha sempre fatto, ma… meglio?

«The purpose of business is to create [and retain] customers»
– Peter Drucker [aggiunta di Charles Snow]
tradotto: “L’obiettivo del fare impresa è create (e trattenere) clienti”

Come possono i social media dunque aiutarci “a fare impresa” secondo la regola aurea di P. Drucker? Ecco tre esempi: il panettiere, l’elettricista e l’hotel/pensione/b&b.

Il panettiere*:
Pensiamo a un piccolo panettiere che twitta quello che ha appena sfornato. Non è una strategia volta a incrementare il parco clienti in maniera spropositata. Non inizierà ad esportare pane all’estero grazie a Twitter. Probabilmente dell’esistenza suo account lo sanno soltanto quei pochi passanti e i clienti abituali che recentemente hanno notato il nuovo cartellone sulla porta di vetro in ingresso che recita a lettere cubitali ai passanti:

«Seguimi su Twitter @Panettieredietrolangolo che ti racconto in tempo reale quello che sforno»

Non provereste? Non vi iscrivereste per vedere se veramente potrete portarvi in tavola la baguette ancora fumante dal panettiere che sta all’angolo? Non sarebbe un ottimo incentivo per mandare vostro figlio dal panettiere all’angolo a prendere due brioche che sono appena sfornate e così si stacca finalmente da quel computer che è da tre ore che cazzeggia quando fuori c’è un tempo meraviglioso e già che c’è porta fuori la spazzatura? Non dopo, adesso, che sono ancora calde! Chi andrebbe più al supermercato a prendere il pane precotto che diventa duro la sera del giorno stesso?

L’elettricista:
E l’elettricista non potrebbe dire ai suoi clienti: «Signora, mi segua su Foursquare – guardi, le mostro come può farsi un account gratuito in 10 secondi, lasci fare – così se ha bisogno che faccia un salto da lei a casa le basta vedere dove sono che se mi vede in zona mi fa uno squillo che sono da lei in 5 minuti!»?

L’albergatore:
O un albergo che la sera prima mette online sulla sua pagina Facebook un sondaggio per il menù del giorno dopo: “come piatto del giorno chi preferisce la ribollita e chi il fritto misto?” O, ancora meglio nel B&B la signora che lo gestisce che fa scegliere la torta per la colazione del giorno dopo ai suoi ospiti (mica può fare tre torte al giorno in miniporzioni, ma una torta che stia bene alla maggior parte, quello sì!): “metta un like chi vuole la crostata di mele domani”. Chi non consiglierebbe quel posto con le torte su Facebook agli amici per l’estate prossima?

La chiave di un utilizzo che trattiene i vostri clienti (come ci insegna a fare Drucker), che li fa comprare e consumare di più, che vi fa parlare con loro come se fossero con voi lì al bancone del bar, che vi permette di conoscerli e di farvi conoscere da un punto di vista umano e quotidiano e che alla fine, si spera, li spinge a passare parole e a invitare gli amici a venire da voi, tutto questo sta nella creazione di una piccola ma solida community**.

Piccolo consiglio: una cosa che eviterei e alla quale va prestata attenzione è ricordarsi il perché i tuoi clienti hanno iniziato a seguire il tuo profilo, qualsiasi social medium sia. Ti segue perché sei il suo panettiere, il suo elettricista, perché sta al tuo albergo. Non inquinarlo con informazioni che non gli servono: non inoltrare la campagna di adozione di cuccioli di cane che ti ha intenerito. Neanche le campagne di solidarietà per le vittime delle catastrofi, anche se sono senz’altro meritevoli. Online ci sono già questi canali e se proprio vuoi parlare di altro, fallo con un profilo personale: separa la vita privata da quella sociale e non spammare!

Ci sono poi mille altri trucchi e trucchetti su come ottimizzare, ma penso che sia inutile entrare nei dettagli dei singoli casi. I vostri clienti, voi piccoli imprenditori, già li conoscete. Sono le stesse persone con cui avete a che fare quotidianamente. Voi li conoscete al meglio e solo voi potete adattare il servizio ai loro bisogni comunicativi.

Riassumendo e concludendo in un due consigli:

1) Siate online quello che siete offline e buona parte del lavoro è fatta.

2) Separate la vita privata da quella professionale e non spammate.


* Btw, in Francia un panettiere l’ha fatto davvero. C’era un bel video online che mostrava che aveva costruito una macchinetta con una manopola e un bottone: quando era pronto qualcosa settava la manopola sul prodotto appena sfornato e poi pigiando il bottone partiva un tweet in automatico già preparato che comunicava cosa era pronto. Se trovo il video lo linko.

** Community significa un insieme di persone riunite dall’interesse in un’idea comune, come la gente attorno al fuoco: quello sta al centro e attorno a quello ci si riunisce. L’idea può essere un prodotto, un luogo, un evento, un brand, una persona…

L’immagine l’ho presa da qui.

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://feedproxy.google.com/~r/blogspot/SCne/~3/kunAOfXC590/social-media-per-pmi-e-partite-iva.html

Social media per PMI e partite IVA

Questo post vuole dare qualche utile consiglio per l’uso dei social media per le piccole imprese, le partite iva, imprese familiari e tutte quelle altre piccole attività di una o poche persone.

Online si trovano tanti consigli e tante guide su come utilizzare i social media in maniera appropriata (questo post non fa eccezione). La lezione generale da questa marea di informazione è che i social media bisogna usarli con criterio, con una strategia chiara. Qui un consiglio semplice che penso sia chiave per un utilizzo semplice alla portata di tutti.

Innanzitutto bisogna considerare che i social media non sono necessariamente una novità radicale, ma sono un modo nuovo di fare una cosa che abbiamo sempre fatto: comunicare. Con i social media comunichiamo come sempre, ma con strumento nuovi. (Spesso bisogna insegnare proprio a comunicare in maniera umana.) Come può sfruttare dunque i social media un panettiere, un elettricista, una famiglia che gestisce un bed&breakfast per comunicare come ha sempre fatto, ma… meglio?

«The purpose of business is to create [and retain] customers»
– Peter Drucker [aggiunta di Charles Snow]
tradotto: “L’obiettivo del fare impresa è create (e trattenere) clienti”

Come possono i social media dunque aiutarci “a fare impresa” secondo la regola aurea di P. Drucker? Ecco tre esempi: il panettiere, l’elettricista e l’hotel/pensione/b&b.

Il panettiere*:
Pensiamo a un piccolo panettiere che twitta quello che ha appena sfornato. Non è una strategia volta a incrementare il parco clienti in maniera spropositata. Non inizierà ad esportare pane all’estero grazie a Twitter. Probabilmente dell’esistenza suo account lo sanno soltanto quei pochi passanti e i clienti abituali che recentemente hanno notato il nuovo cartellone sulla porta di vetro in ingresso che recita a lettere cubitali ai passanti:

«Seguimi su Twitter @Panettieredietrolangolo che ti racconto in tempo reale quello che sforno»

Non provereste? Non vi iscrivereste per vedere se veramente potrete portarvi in tavola la baguette ancora fumante dal panettiere che sta all’angolo? Non sarebbe un ottimo incentivo per mandare vostro figlio dal panettiere all’angolo a prendere due brioche che sono appena sfornate e così si stacca finalmente da quel computer che è da tre ore che cazzeggia quando fuori c’è un tempo meraviglioso e già che c’è porta fuori la spazzatura? Non dopo, adesso, che sono ancora calde! Chi andrebbe più al supermercato a prendere il pane precotto che diventa duro la sera del giorno stesso?

L’elettricista:
E l’elettricista non potrebbe dire ai suoi clienti: «Signora, mi segua su Foursquare – guardi, le mostro come può farsi un account gratuito in 10 secondi, lasci fare – così se ha bisogno che faccia un salto da lei a casa le basta vedere dove sono che se mi vede in zona mi fa uno squillo che sono da lei in 5 minuti!»?

L’albergatore:
O un albergo che la sera prima mette online sulla sua pagina Facebook un sondaggio per il menù del giorno dopo: “come piatto del giorno chi preferisce la ribollita e chi il fritto misto?” O, ancora meglio nel B&B la signora che lo gestisce che fa scegliere la torta per la colazione del giorno dopo ai suoi ospiti (mica può fare tre torte al giorno in miniporzioni, ma una torta che stia bene alla maggior parte, quello sì!): “metta un like chi vuole la crostata di mele domani”. Chi non consiglierebbe quel posto con le torte su Facebook agli amici per l’estate prossima?

La chiave di un utilizzo che trattiene i vostri clienti (come ci insegna a fare Drucker), che li fa comprare e consumare di più, che vi fa parlare con loro come se fossero con voi lì al bancone del bar, che vi permette di conoscerli e di farvi conoscere da un punto di vista umano e quotidiano e che alla fine, si spera, li spinge a passare parole e a invitare gli amici a venire da voi, tutto questo sta nella creazione di una piccola ma solida community**.

Piccolo consiglio: una cosa che eviterei e alla quale va prestata attenzione è ricordarsi il perché i tuoi clienti hanno iniziato a seguire il tuo profilo, qualsiasi social medium sia. Ti segue perché sei il suo panettiere, il suo elettricista, perché sta al tuo albergo. Non inquinarlo con informazioni che non gli servono: non inoltrare la campagna di adozione di cuccioli di cane che ti ha intenerito. Neanche le campagne di solidarietà per le vittime delle catastrofi, anche se sono senz’altro meritevoli. Online ci sono già questi canali e se proprio vuoi parlare di altro, fallo con un profilo personale: separa la vita privata da quella sociale e non spammare!

Ci sono poi mille altri trucchi e trucchetti su come ottimizzare, ma penso che sia inutile entrare nei dettagli dei singoli casi. I vostri clienti, voi piccoli imprenditori, già li conoscete. Sono le stesse persone con cui avete a che fare quotidianamente. Voi li conoscete al meglio e solo voi potete adattare il servizio ai loro bisogni comunicativi.

Riassumendo e concludendo in un due consigli:

1) Siate online quello che siete offline e buona parte del lavoro è fatta.

2) Separate la vita privata da quella professionale e non spammate.


* Btw, in Francia un panettiere l’ha fatto davvero. C’era un bel video online che mostrava che aveva costruito una macchinetta con una manopola e un bottone: quando era pronto qualcosa settava la manopola sul prodotto appena sfornato e poi pigiando il bottone partiva un tweet in automatico già preparato che comunicava cosa era pronto. Se trovo il video lo linko.

** Community significa un insieme di persone riunite dall’interesse in un’idea comune, come la gente attorno al fuoco: quello sta al centro e attorno a quello ci si riunisce. L’idea può essere un prodotto, un luogo, un evento, un brand, una persona…

L’immagine l’ho presa da qui.

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A pranzo col maestro

Piacevolissimo incontro oggi: ero a pranzo con Alberto De Martini uno dei miei maestri della comunicazione d’impresa. Era molto contento di ascoltare i racconti delle applicazioni dei suoi principi nei diversi lavori che fatto in questi anni e io altrettanto orgoglioso di mostrargli come il modello si è evoluto e…

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http://blog.gigitaly.it/2012/05/a-pranzo-col-maestro.html

Comunicare a Desenzano

«Se io fossi uno che ha “non vinto” le elezioni a Parma, mi chiederei perché le ha vinte il candidato di una forza politica che nei telegiornali non esiste, che sui giornali prende solo insulti e che vive e cresce esclusivamente in rete. E prove…

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http://feedproxy.google.com/~r/blogspot/SCne/~3/hdCz5ELT8po/comunicare-desenzano.html

Grande soddisfazione

Ci sono molti modivi per essere contenti del risultato elettorale a Desenzano: per la prima volta nella sua storia una donna diventa Sindaco, i cittadini hanno scelto andando oltre le simbologie guardando alla credibilità del candidato e soprattutto è stato premiato un lavoro certosino di dialogo con la gente. Io…

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Divoratori

Peccato che si concluda la campagna elettorale perchè la saga degli "zombie" che divorano il terreno a Desenzano stava diventando davvero intrigante.

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