Sos alborella. L’Unione pescatori sportivi del Garda, consorzio di dieci associazioni per un totale di 600 iscritti tra pescatori di superficie e subacquei, ha portato a compimento in questi giorni la prima fase del «Progetto per la reintroduzione dell’alborella nel Garda», estremo tentativo per ripopolare il lago di una delle sue specie più rappresentative: l’Alburnus alborella, per i bresciani semplicemente l’aola. I pescatori, coadiuvati dai tecnici dalla Provincia di Verona, proveranno a reintrodurre il ceppo originario di alborella tramite lo spostamento di letti di frega artificiali carichi di materiale ittiogenico, cioè di uova, prelevati da ambienti più ristretti in cui questo pesce è ancora presente, ad esempio nel laghetto La Fonte, a Villafranca di Verona.
Questi letti di frega trasportati nel Garda saranno nelle prossime settimane oggetto di controlli da parte di subacquei e apneisti per verificare se, come ci si augura, produrranno la comparsa di nuovi nuclei di alborella. Sono previste anche azioni di sensibilizzazione della popolazione. Ci si augura così di consolidare una presenza ormai prossima allo zero nel Garda. Se negli anni Novanta se ne pescavano fino a 900 quintali, dal 2005 la pesca di aole è di fatto azzerata.
Oggi la specie è protetta, tanto che le province di Brescia e Verona ne hanno vietato la pesca fino al 30 giugno 2020. Quanto alle possibili cause del decremento della popolazione gardesana di alborelle, pescatori ed esperti puntano il dito su una serie di fattori concomitanti: alterazioni ambientali delle zone di frega (cementificazioni e creazione di porti, spiagge, passeggiate); disturbo dei letti di frega rimanenti (turismo balneare e nautico); inquinamento e incremento delle fioriture algali con successiva sedimentazione (soffocamento delle uova); intensa predazione; pesca e prelievo eccessivo di riproduttori e, infine, competizione con specie ittiche alloctone di nuova introduzione, come ad esempio il persico sole e il persico trota.
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