Siccità, senza la pioggia si aggrava la crisi dei laghi bresciani

Sul parabrezza, le poche gocce cadute potevano senza ombra di dubbio essere scambiate per moscerini: una qui, una lì. Finito. Deve piovere da giorni, invece non piove, anche se venerdì sera tra città e hinterland dal cielo qualcosa di più consistente è sceso. Invece i laghi della provincia di Brescia restano assetati, l’agricoltura trema in vista della stagione irrigua che sta per cominciare e, viste anche le temperature gradevoli, le piante nei giardini cominciano a riempirsi di gemme: pochi giorni ancora e fioriranno.

Sono i laghi a preoccupare. Il lago più grande d’Italia più di tutti: «Nervi saldi e occhi al cielo» è il nuovo triste motto del vicepresidente della Comunità del Garda, Filippo Gavazzoni, fine osservatore di tutte le questioni ambientali che riguardano il Benaco. E non nasconde la preoccupazione: «Viviamo giorno per giorno».

EMBED [Leggi anche]Quello di ieri non si è molto distinto dai precedenti: di pioggia vera, nonostante i proclami, non ne è caduta ed i livelli dei laghi bresciani sono rimasti pressoché invariati. A meno che ci si aggrappi saldamente e con ottimismo a quei 4 centimetri in più che si stanno rilevando negli ultimi giorni rispetto all’inizio di febbraio: 42,7 centimetri al di sopra dello zero idrometrico il 15 febbraio, 46,8 ieri. Certo, «meglio 4 centimetri in più che 4 in meno – rileva Gavazzoni -, ma nella situazione in cui ci troviamo sono solo due le carte da giocarsi: pioggia e disgelo».

I livelli

Il lago di Garda è il più grave dei pazienti e questo è particolarmente significativo perché l’anno scorso, durante la primavera, il bacino idrografico gardesano era l’unico con una disponibilità prossima alla norma. Quest’anno è già ai minimi storici: in febbraio mai così basso, lo si sta ripetendo ormai da troppi giorni, dal 2002.

Per quanto riguarda invece il Sebino, la sua «bassezza idrometrica» ieri si attestava a -8,6 centimetri. Male, dunque, ma meglio dell’anno scorso, quando lo stesso giorno (25 febbraio) era a quota -17,8 centimetri.

Quanto al lago d’Idro, poi, si mantiene stabile poco oltre i 368 metri sopra il livello del mare, con il flusso regolato al millimetro per cercare di far uscire quanta meno acqua possibile, nel rispetto del deflusso minimo vitale, e trattenere risorse in vista della stagione irrigua in vista della quale si moltiplicano i «tavoli». Il 2 marzo è in programma quello regionale convocato dall’assessore regionale a Montagna, Enti locali e piccoli Comuni Massimo Sertori, che già si era riunito il 14 dicembre e il 26 gennaio: sarà occasione di aggiornamento sulla situazione delle riserve idriche, che ad oggi registrano un deficit del 55%, e valutare le misure più opportune.

Stesse tematiche all’ordine del giorno sul bacino gardesano. Anche qui, voluto dalla Comunità del Garda, è stato istituito un tavolo attorno al quale siedono oltre all’ente regolatore, anche gli utilizzatori di valle, vale a dire i consorzi mantovani che utilizzano l’acqua del lago a fini irrigui. Già si era riunito il 14 febbraio e, proprio da quel giorno, il Garda aveva chiuso i rubinetti portando il deflusso a 9 metri cubi al secondo dai 14 precedenti. «Meno di così – sottolinea Gavazzoni – non si può. Significherebbe chiudere completamente la diga, con tutte le conseguenze del caso per gli ecosistemi a valle. Si pensi ai laghi di Mantova». E già, va ricordato, la riduzione del deflusso ha portato alla temporanea messa fuori servizio della centrale termoelettrica di Ponti sul Mincio. 

Scenario

La lancetta, però, corre verso la stagione irrigua, che comincerà alla metà di aprile: «Ogni goccia che cade nel bacino idrografico del Garda, ovunque cada, avrà un impatto. Ma se non dovesse piovere, a un certo punto dovremmo guardarci in faccia e renderci conto che qualcuno dovrà rinunciare a qualcosa. Su tutti, ne risentirà l’agricoltura, ma ci saranno conseguenze anche per il turismo». 

Quanto alla ventilata possibilità di aprire il canale scolmatore Adige-Garda, infine, Gavazzoni è netto: «Una proposta comprensibile, considerato lo stato d’ansia di questi giorni, ma irricevibile. In un periodo di crisi idrica per tutti, non è pensabile rubare acqua da un bacino per portarla a un altro. Sarebbe un precedente pericoloso».

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