La domanda che ci coinvolge tutti è “siamo sicuri del pesce che mangiamo?”. Quello che abbiamo nel piatto è una sogliola del Mediterraneo o un halibut dell’Atlantico? Le vongole sono veraci e nostrane oppure vengono importate dalla Turchia?
Secondo l’Istituto di Ricerche economiche per la pesca e l’acquacoltura nel 2010 in Italia sono stati commercializzate circa 900mila tonnellate di pesce di cui solo 231mila pescato nel nostro mare! Tutto il resto proviene dall’estero e la sua provenienza è difficilmente tracciabile diversamente come avviene per altri prodotti alimentari quali, ad esempio, la carne bovina.
Il settore della pesca è sicuramente uno dei più aggrediti dalle importazioni selvaggie dall’estero, soprattutto dai mercati asiatici ed il rischio della sofisticazione è molto alto, come denuncia Coldiretti che sottolinea come almeno i due terzi del pesce servito sulle nostre tavole non proviene dai nostri mari.
Già nell’articolo pubblicato nell’aprile scorso ponevamo l’accento sui consumi di pesce nostrani sottolineando come dal 1 maggio tutto quello che viene servito sulle nostre tavole è pesce importato! Questo senza che il consumatore abbia la reale percezione della provenienza e senza che vi sia una seria tutela per la nostra salute.
Così finisce che a Mazara del Vallo, uno dei mercati ittici più importanti d’Italia, i gamberetti rossi siano del Mozambico ma venduti per italiani, in altri mercati, spesso battuti dai turisti in vacanza, la percentuale del taroccato è se vogliamo ancora più alta.
Tra gli scambi più diffusi c’è il pangasio del Mekong (Thailandia – Lagos) venduto come filetto di cernia, il merluzzo fresco che invece è pollak, il filetto di pesce spada che in realtà è un trancio di squalo smeriglio, il pesce serra al posto delle spigole e via di questo passo…
Quindi occhio a cosa compriamo e, soprattutto, a cosa mangiamo!
Tag:mercato del pesce, pesca, sofisticazione
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