Ha riaperto venerdì notte il Biblò, patinata discoteca del Garda passata anche nelle mani di Lele Mora, dopo i lavori di ristrutturazione resi necessari dopo l’incendio di qualche anno fa. Nella storia del locale troviamo sequestri per infiltrazione mafiosa, ma non è l’unico ad infiammare le notti gardesane, aveva contribuito anche il “Sesto Senso” incendiato anch’esso nello stesso periodo. Le voci di corridoio riportavano questi eventi come scaramucce tra le proprietà, ma sappiamo che l’incendio doloso è una pratica ben usata dalla mafia e ormai possiamo contare diversi episodi anche al nord, dalla riviera del Garda a quella dei fiori in Liguria.
Oggi possiamo asserire che la florida economia gardesana è oggetto di attenzioni particolari delle mafie, non solo italiane. Era il ’97 quando polizia e carabinieri aprivano il vaso di pandora scoprendo una base logistica della droga sul Garda, una piattaforma che smaltiva in pochi anni 2.200kg di cocaina sudamericana. Nell’estate del 2007 furono sequestrati beni per 30 milioni di euro, comprendendo 48 immobili e due night, sempre ai danni della famiglia Fortugno e di qualche altro loro sodale, fu la prima volta che nella ricca ed opulente provincia bresciana veniva sequestrata alla mafia una quantità di beni così ingente. A distanza di dieci anni da quei primi riscontri viene quindi confermato l’investimento mafioso sul mercato della droga e su tutto l’indotto del divertimento, oltre che al buon vecchio mattone.
Nonostante questo preoccupante quadro, l’opinione pubblica non sembra molto attenta e la classe politica lacustre deve impegnarsi per coltivare l’attenzione dei cittadini sul tema. Nell’indifferenza generale è in corso a palazzo di giustizia di Brescia un processo per associazione mafiosa, aperto sulla base degli incendi dolosi sopra riportati, contro la cosiddetta ‘ndrina del Basso Garda: una cellula della ‘ndrangheta insediata da tempo sulle rive del Benaco e collegata alla potente famiglia dei Piromalli, originaria di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria. I reati contestati sono: estorsione, furto, ricettazione, sfruttamento della prostituzione e traffico di droga e armi, vale “l’aggravante di aver fatto parte all’associazione di tipo ndranghetista legata al clan Piromalli-Molè, nonché di aver commesso un reato avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà tipiche della struttura malavitosa della quale facevano parte ed al fine di agevolarne la realizzazione delle rispettive attività illecite”.
Il Garda è terra di coltura per quella criminalità organizzata di origini calabrese con uno spiccato interesse per gli affari, ma senza che venga meno quella volontà al controllo della realtà attorno, col classico metodo mafioso: violenza e minacce. Servono più risorse per le forze dell’ordine e un maggior controllo da parte delle istituzioni locali, in primis i Comuni Gardesani, a partire dal rilascio delle licenze commerciali.
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