Discutevo oggi, in famiglia, sulla reale importanza di ciò che si studia a scuola. E ci interrogavamo su cosa potesse servire il greco antico o il latino, e se mai si leggeranno ancora libri, ora che se voglio qualcosa basta che lo scarico da internet, e che del mondo tutto si può dire tranne che prediliga la contemplazione e la meditazione.
Sono dell’idea che la reale cultura sia, oggi, una cultura sommaria. Tutti possono essere, almeno in parte, autodidatti; ovvero nel momento in cui abbia un dubbio ho subito la risposta a mia disposizione, senza nemmeno il gusto di cercare a lungo, o di estranearmi dalla realtà di tutti i giorni, per esempio andando a guardare su un libro. Sono dell’idea che, prescindendo dagli stimoli esterni, la cultura resti qualcosa di intimo da difendere e costruire internamente. Non c’è cosa più sbagliata che giudicare senza partire da se stessi, anche se la sensazione è sempre quella di essere un misero Don Chiscotte tra profanatori e profani (ma non erano mulini a vento?..).
E non credo che sia aumentata l’ignoranza, ma solo diminuito drasticamente il rigorismo formale. E che quello che si cerca e non si trova, nei confronti di chi le cose le spiega, è sempre la razionalità, l’articolazione di un discorso realmente scientifico. Non c’è legame, sembra, tra una cosa e un’altra, ma sono concetti messi li, fini a se stessi.
finirei con un aforisma: “I computer sono inutili, possono dare solo risposte”
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