Lo scandalo WTE, che ha coinvolto l’azienda bresciana con sede a Quinzano d’Oglio e stabilimenti a Calcinato e Calvisano, è arrivato alle fasi finali dell’udienza preliminare. I Carabinieri Forestali, dopo oltre due anni di indagini coordinate dalla Procura di Brescia, hanno scoperto oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti e il traffico di 150mila tonnellate di fanghi contaminati, spacciati per fertilizzanti. I fanghi, contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti, sono stati smaltiti su circa 3mila ettari di terreni agricoli in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna.
La WTE, descritta dai Forestali come “fulcro delle attività illecite”, ritirava fanghi da impianti di depurazione pubblici e privati, con la promessa di trattarli e trasformarli in fertilizzanti sicuri. Tuttavia, per massimizzare i profitti, l’azienda non solo evitava di trattare correttamente i fanghi, ma aggiungeva anche ulteriori sostanze inquinanti, come l’acido solforico derivato dal recupero di batterie esauste. Questo processo fraudolento ha portato allo smaltimento di questi fanghi come “gessi di defecazione” su terreni agricoli in ben 78 Comuni nelle province di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, e altre zone del Nord Italia.
L’indagine ha portato a 23 indagati, di cui 17 rinviati a giudizio. Due tra loro, gli imprenditori Giambattista Bonetti e Giuseppe Giustacchini, hanno scelto il rito abbreviato. Giustacchini è il titolare della WTE, l’azienda al centro dello scandalo. Altri quattro indagati, tra cui Cecilia Bandera, Alberto Giustacchini ed Elena Moreni (dipendenti o collaboratori della WTE), non andranno a processo. Anche Luigi Mille, direttore generale dell’Aipo, sarà escluso dalle accuse.
Il pubblico ministero Teodoro Catananti, che ha proseguito le indagini iniziate dal pm Mauro Leo Tenaglia, ha chiesto il rinvio a giudizio per 17 persone. L’ordinanza di sequestro era stata firmata dalla gip Elena Stefana, mentre il gup Angela Corvi ha già fissato le prossime udienze per il 7 ottobre e il 4 novembre.
Le indagini hanno rivelato un business criminale estremamente redditizio, che avrebbe fruttato oltre 12 milioni di euro in profitti illeciti alle società coinvolte. Tra i reati contestati figurano traffico illecito di rifiuti, molestie olfattive, discarica abusiva e traffico di influenze illecite. Le sei aziende coinvolte, di cui cinque bresciane e una cremonese, si sarebbero prestate a questo traffico illecito di fanghi contaminati, con gravi conseguenze per l’ambiente e la salute pubblica.
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