Dal capitolo L’utopia di Sindaci imprenditori, sul progetto politico di Adriano Olivetti.
L’ordine politico delle comunità è un progetto che lascia di stucco per la capacità di anticipare i problemi dello stato centralista ripresi della Lega negli anni Novanta del secolo scorso e oggi issati a vessillo a destra come a sinistra. Basta scorrere le parole pronunciate alla chiusura della campagne del Movimento Comunità per le amministrative del 1956:
[…] rifare lo Stato dal basso, dai Comuni alle Comunità per poi giungere dalle Comunità alle Regioni, dalla Regione allo Stato. […] Roma […] oggi significa soltanto uno Stato mediocre e corrotto, incapace di garantire quel rinnovamento morale e materiale che milioni di italiani attendono da dieci anni.
Il suo programma prevede di «abbattere l’idolatria dello Stato e l’egemonia dei partiti», di selezionare una nuova classe dirigente composta di sociologi, economisti, urbanisti. Al centro del progetto c’è un nuovo rapporto tra il singolo e la collettività, basato su quella Comunità che sarebbe stata come «un diaframma creativo tra l’individuo e lo Stato».