Diego e la leggerezza del rigore
A pochi giorni dal suo ottantaquattresimo compleanno è scomparso Diego Pasini, promotore di uno stile identitario per la viticoltura di Riviera
“Dove c’è foglia è ancora possibile intervenire”. Parco di parole e di passerelle, all’indomani dalla terribile devastazione del 4 agosto 2002, Diego Pasini arginava con questa chiusa zen lo sconforto di un’intera plaga vitivinicola, depauperata in un amen della propria ricchezza in grappoli dalla ferocia della tromba d’aria che, dalle sue spire, aveva precipitato delle spietate palle di ghiaccio. Trovo che questo lontano episodio ci parla di Diego più di quanto la storia di successo della sua azienda possa testimoniare. C’è la fermezza del condottiero che non ammaina le insegne anche se la lotta è disperata ma c’è pure la fiducia in ciò che può arrivare da un domani sempre più imminente, plasmato dal rigore dell’azione e dalla leggerezza del giudizio.
Lo ammetto, ho subito la fascinazione di Diego, “uno dei pochi uomini che sapeva camminare”, come disse Gianni Agnelli di Henry Fonda. Un sentimento di profonda stima e di ancillare affetto, risalente al tempo in cui mise sul tavolo il peso del suo carisma per spezzare le consuetudini decennali di affiliazione maschile ed appoggiare il presidente, l’indimenticato Alberto Pancera, nell’intento d’introdurmi nella Confraternita del Groppello dalla porta principale.
Da allora, ogni incontro si è identificato con il suo sorriso accogliente che spuntava dall’alto della riguardevole statura. Percepivo nello sguardo, incorniciato dalle lenti, l’orgoglio per le creature che aveva in cura, fossero esse incarnate nella famiglia, stoccate nella cantina e anche allineate nell’esercito di fusti accartocciati al primo sole di primavera. Un uomo, antico nel garbo, ma contemporaneo al suo tempo, persino precursore di una viticultura d’eccellenza, in un territorio di adozione, la Valtenesi, che molto ha faticato per darsi un’identità ed uno spazio nel mercato che conta, quello che i contigui del Lugana e del Franciacorta solcano da tempo con una certa destrezza.
Il suo stile aziendale lo ha posizionato tra i maggiorenti delle produzioni tipiche di Riviera ma Diego sarà ricordato al di là dei suoi meriti professionali. Resterà nella memoria collettiva quale inconsapevole e magistrale interprete di un tempo in cui l’autorità non era prevaricazione e il fair play non era debolezza. Con un’innata eleganza che sarà cara anche agli Dei.
Anna Dolci
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