Ci si può sorpendere della diffidenza crescente dei ceti produttivi nei confronti della politica nazionale? Una diffidenza che emerge dalle parole di ieri del governatore di Bankitalia (in sostanza: non siamo pronti a cogliere la ripresa, le liti politiche non cambiano nulla e di sicuro non aiutano il Paese), dall’iniziativa del presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo – che mercoledì ha presentato il suo laboratorio di proposte e le prima iniziative che sono state concepite – e dagli articoli degli osservatori.
Tanto per dire, Enrico Cisnetto sul Foglio di oggi (autore e testata che dovrebbero essere al riparo dall’accusa di stalinismo) sostiene che
il mondo economico guarda attonito alle vicende in atto, e appare sempre meno disposto a apatteggiare per l’uno o l’altro dei contendenti, sia per una forma di repulsione complessiva verso la politica, sia per crescente convinzione che i torti non stanno da una parte sola.
E intanto la migliore delle Università italiane figura soltanto al 174° posto nella graduatoria globale degli atenei. Uno dei motivi per cui quando le economie degli altri paesi ripartiranno, la nostra arrancherà. Non è pessimismo, ma un’invocazione perché si faccia qualcosa.