Meno sei

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Nasce l’Osservatorio sulle Tecnocazzate

Luca Conti, ormai anche lui esausto dalla continua informazione tecnofoba, lancia il primo osservatorio sulle tecnocazzate.
In un suo articolo odierno, Luca invita i lettori a segnalare  le affermazioni non documentate su Internet, servizi web, social network, blog e Web 2.0 utilizzando il TAG tecnocazzate su del.icio.us. 
E’ giunto il momento di tracciarle, per non dimenticarle, non dimenticare chi le ha […]

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Prospettiva Nevskij


Un vento a trenta gradi sotto zero
incontrastato sulle piazze vuote e contro i campanili
a tratti come raffiche di mitra
disintegrava i cumuli di neve.

E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi
per scacciare i lupi e vecchie coi rosari.
E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi
per scacciare i lupi e vecchie coi rosari.

Seduti sui gradini di una chiesa
aspettavamo che finisse messa e uscissero le donne
poi guardavamo con le facce assenti
la grazia innaturale di Nijinsky.

E poi di lui si innamorò perdutamente il suo impresario
e dei balletti russi.
E poi di lui si innamorò perdutamente il suo impresario
e dei balletti russi.

L’inverno con la mia generazione
le donne curve sui telai vicine alle finestre
un giorno sulla prospettiva Nevskij
per caso vi incontrai Igor Stravinsky.

E gli orinali messi sotto i letti per la notte
e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione.
E gli orinali messi sotto i letti per la notte
e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione.

E studiavamo chiusi in una stanza
la luce fioca di candele e lampade a petrolio
e quando si trattava di parlare
aspettavamo sempre con piacere.

E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare
l’alba dentro l’imbrunire.
E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare
l’alba dentro l’imbrunire.


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Prospettiva Nevskij


Un vento a trenta gradi sotto zero
incontrastato sulle piazze vuote e contro i campanili
a tratti come raffiche di mitra
disintegrava i cumuli di neve.

E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi
per scacciare i lupi e vecchie coi rosari.
E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi
per scacciare i lupi e vecchie coi rosari.

Seduti sui gradini di una chiesa
aspettavamo che finisse messa e uscissero le donne
poi guardavamo con le facce assenti
la grazia innaturale di Nijinsky.

E poi di lui si innamorò perdutamente il suo impresario
e dei balletti russi.
E poi di lui si innamorò perdutamente il suo impresario
e dei balletti russi.

L’inverno con la mia generazione
le donne curve sui telai vicine alle finestre
un giorno sulla prospettiva Nevskij
per caso vi incontrai Igor Stravinsky.

E gli orinali messi sotto i letti per la notte
e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione.
E gli orinali messi sotto i letti per la notte
e un film di Ejzenstejn sulla rivoluzione.

E studiavamo chiusi in una stanza
la luce fioca di candele e lampade a petrolio
e quando si trattava di parlare
aspettavamo sempre con piacere.

E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare
l’alba dentro l’imbrunire.
E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare
l’alba dentro l’imbrunire.


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Prospettiva Nevskij

Un vento a trenta gradi sotto zeroincontrastato sulle piazze vuote e contro i campanilia tratti come raffiche di mitradisintegrava i cumuli di neve.E intorno i fuochi delle guardie rosse accesiper scacciare i lupi e vecchie coi rosari.E intorno i fuoch…

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Nasce l’osservatorio sul consumo di suolo

Una iniziativa INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e Legambiente.

Le Province della ‘Bassa’ lombarda sono la nuova terra di conquista del cemento

Chi più ne ha, più ne spreca. Stiamo parlando del territorio agricolo lombardo, sempre più ‘terreno di conquista’ per iniziative immobiliari e opere infrastrutturali che non tengono in conto il valore dei suoli: un valore che è allo stesso tempo ambientale, paesaggistico e agricolo, ma che sparisce di fronte alle rendite speculative connesse alla sua trasformazione in terreno edificabile. Di questo si è parlato al convegno organizzato oggi da Legambiente Lombardia con il patrocinio della Presidenza del Consiglio Regionale Lombardo.

Quanto siano speculative le rendite connesse al consumo di suolo lo si capisce dalla pressione che esse esercitano sui terreni agricoli della ‘Bassa’. A Mantova spetta il titolo di ‘provincia sciupasuoli’. In tutta la provincia mantovana, ogni anno, ‘spariscono’ 616 ettari di suolo prevalentemente agricolo, cioè una superficie pari a quella di un migliaio di campi di calcio, per far fronte ad un fabbisogno che non ha nulla a che fare con la domanda di residenza: infatti, con una popolazione che è appena un decimo di quella della provincia di Milano, a Mantova si consumano ogni anno 16 metri quadri di suolo per abitante (a Milano il dato pro capite è 2,4 mq). Ma nella categoria ‘sciupasuoli’ ci sono un po’ tutte le provincie della ‘Bassa’: Pavia e Lodi (11 mq/ab*anno), Cremona (8,6) e Brescia (8,0 mq/ab*anno). Tutti territori di conquista per una alluvione di capannoni spesso vuoti, centri commerciali con annessi parcheggi, strade. Certo, la ‘bolla immobiliare’ ha giocato a favore di questa crescita inflattiva di consumi di suolo, ma il dato è destinato a consolidarsi, e forse anche a peggiorare, con le previste nuove opere autostradali (Cremona-Mantova, Tirreno-Brennero, Broni-Mortara, BreBeMi) che porteranno con sé anche una crescita di valore immobiliare per i suoli in prossimità dei futuri svincoli. Le situazioni più gravi restano, come ovvio, quelle dell’area metropolitana che da Varese e Milano si estende ormai senza interruzione fino a Brescia, provincia in cui il dato del consumo di suolo è in assoluto il più alto della Lombardia (929 ettari all’anno nel periodo 1999-2004), di poco superiore perfino a quello milanese che tuttavia presenta una situazione ormai consolidata di cementificazione pervasiva, specie nel quadrante nord. Tuttavia il dato delle province meridionali lombarde è preoccupante perchè indica una tendenza alla crescita del cosiddetto sprawl urbanistico, un termine anglosassone che significa ‘sparpagliamento’ disordinato degli insediamenti e che porta con sé costi ambientali crescenti, a partire dall’aumento della mobilità commerciale e privata, e quindi dell’inquinamento atmosferico, ai danni di un territorio agricolo che è tra i più fertili e produttivi d’Europa.

I primi dati raccolti ed elaborati dal DiAP (Dipartimento di Architettura e Pianificazione) del Politecnico di Milano, nell’ambito del costituendo Osservatorio Nazionale sul Consumo di Suolo promosso da INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e Legambiente, parlano di una Lombardia che consuma quasi 5000 ettari di suolo ogni anno, pari a circa 140.000 metri quadri di terra Lombarda che ogni giorno vengono coperti di cemento e asfalto.

“Suolo e acqua sono le risorse naturali più preziose di cui dispone la nostra regione – commenta Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia –, il suolo in particolare è una risorsa non rinnovabile e che quindi, una volta consumato, non sarà più disponibile per le generazioni che verranno. Occorrono politiche e norme efficaci contro la dilapidazione del patrimonio territoriale lombardo, che purtroppo è favorito dai comuni per i quali le concessioni di nuovi volumi edificabili rappresentano il modo più facile per fare cassa”.

Per raggiungere l’obiettivo della tutela dei suoli, Legambiente propone di attuare la ‘compensazione ecologica preventiva’: si tratta in pratica di vincolare ogni trasformazione di suoli alla realizzazione di interventi di riqualificazione e cura del paesaggio attraverso azioni di rinaturazione, per responsabilizzare il settore delle costruzioni e incentivare l’edilizia della ristrutturazione e del riuso delle aree dismesse rispetto a quella che occupa territori ‘vergini’.

“Sono sempre di più i Paesi europei che mettono in campo norme rigorose per preservare le proprie risorse di natura e paesaggio connesse con la conservazione del territorio rurale – conclude Di Simine -. In Italia e in Lombardia non esiste ancora nulla di simile, ma non c’è tempo da perdere se vogliamo impedire che la nostra regione diventi una distesa caotica di piastre commerciali, autostrade e parcheggi”.

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Face of Millions: il tuo faccione sul più grande fotomosaico

Rilancio con piacere il post di Roberto Scano: Face of Millions sbarca in Italia  E’ un’iniziativa divertente, gratuita e volta ad aumentare il già esagerato ego dei bloggers.
Face of Millions mira a creare il più grande foto-mosaico mai creato sino ad ora (10 metri per lato) utilizzando 300 poster che conterranno immagini di chi contribuirà al progetto.
Chi vuole […]

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14/11/2008 Roma manifesta e si colora di protesta

Nuovamente il balletto delle cifre, ma questa volta il ridicolo lo sfiora la questura che (come trovo citato sul Giornale) spara un incomprensibile 30.000 quando invece, se pure gli studenti sostengono un forse esagerato dieci volte tanto (e senza contare i sindacati), la stima più realistica raggiunge perlomeno le 150.000 (ma non sono mai riuscito a vedere contemporaneamente la testa e la coda del corteo, quindi almeno 200.000 potrebbero pure esserci stati). Il timore che serpeggiava tra i ragazzi la notte prima e la mattina stessa era che le forze dell’ordine (rincuorate dalla sentenza di Genova) si lasciassero prendere un po’ la mano, fortunatamente si sono limitate a dare i numeri (e speriamo che non avvengano blitz in questi due giorni di assemblea studentesca alla Sapienza).

L’abito non fa il monaco, una reflex si

Tra le tante maniere che c’erano di vivere questa giornata io ho deciso di fare il giornalista, probabilmente spinto dall’efficentissimo servizio d’ordine interno al movimento, riflesso pratico di una più generale ottima organizzazione degli studenti stessi, encomiabili per la serietà che stanno mettendo in questa battaglia (io pure battaglieggio, sia chiaro, ma purtroppo non ho tempo e modo di tuffarmi in assemblee e collettivi e mi limito a fare un poco d’informazione). Difatti, un buon modo per evitare di essere rimandati dentro al corteo da zelanti difensori della sua compattezza è mettersi una macchina fotografica al collo e girare con un block notes in tasca, passando per reporter e avendo così libero accesso (chiaro, non mi sarebbero venuti a prendere con la forza, ma avrebbero rotto un po’) a ogni parte della manifestazione e zone limitrofe. Insomma, un po’ per fare delle belle foto, un po’ perchè mi annoio a marciare e scandire slogan, ieri ho deciso che la manifestazione l’avrei seguita da fuori.

La prima cosa che salta all’occhio, e occorre ricordarlo ogni volta fino allo sfinimento, è la compattezza di un movimento che non a caso ha la forza di trattenere un cospicuo numero di studenti per un intero weekend di assemblee. Qui si tratta di coordinare decine di gruppi locali, eppure non si nota alcuna sbavatura nell’organizzazione di un corteo composito, che ha ricevuto afflussi di studenti praticamente per tutta la mattinata e da quello che si è saputo anche parte del pometiggio, un corteo che ha saputo persino mutare direzione all’improvviso per andare ad assediare il Parlamento, il tutto senza alcun incidente con le forze dell’ordine. Non ho idea del lungo lavoro che sicuramente c’è stato dietro alla giornata, ma certamente è stato molto più complesso della semplice preparazione delle coreografie, trattandosi dopotutto di coordinare tre diversi cortei confluenti in Piazza Venezia più numerosi innesti da parte di singoli gruppi (come Ingegneria o l’Accademia).

Informandomi il giorno prima su Articolo21 avevo appreso che dopo la parte autorizzata della manifestazione era previsto in via non ufficiale un assedio al palazzo del Parlamento, tuttavia non ero preparato quando, all’altezza di via di Torre Argentina il gran fiume del corteo ha cominciato a dividersi in rigagnoli più piccoli, infiltrandosi per le strade della capitale in direzione Montecitorio ben prima di raggiungere piazza Navona (che, da quello che ho poi letto, sembra essere stata teatro di una manifestazione con la partecipazione dei sindacati e alcuni esponenti politici extraparlamentari). È stato li che ho potuto vivere sulla pelle l’emozione del giornalista in cerca della notizia: il correre a infilarsi nelle strettoie per raggiungere la testa di questo secondo corteo, il domandare ai “colleghi” e agli studenti qualche informazione su quello che sta accadendo, correre avanti, arrampicarsi su un’impalcatura, scattare in equilibrio precario e poi ancora correre avanti per cercare una posizione favorevole e provare a mettere assieme tutti i dati raccolti su un pezzo di carta. I primi istanti successivi sono stati carichi di aspettativa, anche perchè ieri ci si è trovati stranamente in mezzo tra le forze dell’ordine, schierate lungo una specie di balaustra nella piazzetta antistante il parlamento, e gli studenti che un poco alla volta arrivavano ad assediare il cuore visibile della politica italiana, ma fortunatamente quando le due parti sono venute a contatto è prevalsa l’anima pacifista di questo movimento e ci si è potuti rilassare, pensando a raccogliere dichiarazioni e scattare foto.

Non ho voluto spingere la finzione fino a intervistare qualcuno (volevo evitare che qualche giornalista mi chiedesse per che testata scrivo), e ho preferito invece origliare qualche conversazione, osservare un mondo variegato che spesso non si immagina essere dietro alle notizie che leggiamo tutti i giorni. “Facessimo sciopero noi precari dell’informazione, domani non uscirebbe un quotidiano” sento dire da un simpatico ometto barbuto, e il giovanotto coi baffi che gli sta accanto ride e annuisce, mentre intorno a loro si muove e chiacchiera amabilmente quello che appare come un club di veterani, gente che si conosce e riconosce in un mestiere che per chi viene mandato sul campo è spesso precario e sottopagato.

L’aria tra la stampa è rilassata, e mentre da un lato le forze dell’ordine osservano la folla con una certa apprensione, dall’altro i ragazzi cantano, ballano e continuano ad arrivare finchè davvero si ha la sensazione dell’assedio, per quanto gioioso. Arriva anche l’onda, il telone blu che ricorda un po’ i draghi cinesi come meccanica, e assieme ad esso la conferma che tutte le vie d’accesso a palazzo Chigi sono presidiate dagli studenti e nessuno può uscirne. Un assedio che non dura più di un tre quarti d’ora ma dall’impatto molto forte, poichè testimonia a un tempo la grande forza numerica del movimento (per riuscire ad arrivare fin lì) e la volontà di non farsi fregare da chi cerca lo scontro (“dove sono i facinorosi in questo corteo?” chiede un ragazzo-megafono rivolto al parlamento). È strano trovarsi in mezzo a chi per mestiere deve rimanere impassibile davanti a tanto entusiasmo, pensando al corteo come a uno strano animale da analizzare al massimo con un po’ di simpatia, ma senza partecipazione, e tuttavia è la maniera forse più efficace per rendersi conto di quanto potere abbia oggi questo movimento. “…Nei prossimi giorni definiremo le linne guida dell’autoriforma, perchè crediamo che la critica alla legge Gelmini non esaurisca la nostra attività…proposte ne abbiamo e le faremo tutti assieme…” sento dichiarare alla Stampa da uno dei ragazzi che hanno organizzato tutto con riferimento all’assemblea nazionale di oggi e domani, e dentro di me spero che tutto questo potenziale non vada sprecato in sterili e verbose discussioni sull’autodeterminazione dello studente, quanto piuttosto in una seria riflessione ad ampio spettro su un’università pubblica allo sfacelo.

Un poco alla volta si comincia a ripartire, e incredibilmente i ragazzi riescono ancora a gestire l’ordine degli striscioni pur nel bailamme di una piazza senza un metro quadro di spazio libero. Superato anche l’ultimo pericolo, con la polizia che fa cordone per far proseguire, poco distante, il corteo in via dei Bergamaschi (chiudendo l’accesso a piazza Colonna), la moltitudine raggiunge nuovamente piazza Venezia un po’ sfilacciata, e da lì si divide in più gruppi alcuni dei quali proseguono a bloccare le strade di Roma, al grido di “Se ci bloccano in futuro noi blocchiamo la città“. Ho il sospetto che i romani siano ormai abituati di loro a viaggiare in macchina più lentamente che a piedi (e lo facciano solo per poter stare seduti), perchè vi è una diffusa indulgenza da parte degli automobilisti che non sembrano protestare di fronte cori e striscioni. Fatto sta che un poco alla volta si torna alla Sapienza, alcuni preparandosi per restare e altri a partire, lasciandosi alle spalle l’ennesima giornata ben vissuta, sperando che serva a qualcosa e attendendo una due giorni di discussioni che spero sia possibile seguire in rete, non potendo essere io a Roma.

Mi dispiace non poter pubblicare le foto per un bel po’ (lavorando io su pellicola e non avendo uno scanner), confido comunque che la marea di macchine presenti ieri, il che mi fa pensare di non essere stato l’unico a fingersi reporter, abbia già inondato la rete di testimonianze. Per quanto riguarda me non so se nella vita finirò mai a fare il giornalista (sinceramente ne dubito, visto il mercato del lavoro attuale e la marea di gente più brava di me), tuttavia la giornata di ieri mi ha regalato un nuovo hobby, e tanto basterebbe per serbare qualche bel ricordo.

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Mercatini in costruzione

Nonostante sia tornato il sole in tutto il Nord, a Bolzano sembrano non essersi dimenticati che il Natale è alle porte. Piazza Walther è in fermento per la preparazione dei banchetti del mercatino. Intorno alla statua nel centro già erano state montate alcune casette giorni addietro (meglio visibili nelle foto che seguono) e ieri, andanto a prendere in stazione, ho fotografato velocemente il cantiere.



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