Leggendo oggi ilSole24Ore mi è parso che così come stanno le cose oggi in Italia durino di più le relazioni lavorative che quelle matrimoniali. Mi riferisco alla condanna ai danni di Fiat del Tribunale di Roma a riassumere 145 lavoratori precedentemente licenziati, a quanto pare per il fatto che appartenevano alla Fiom. Quello che pare un trionfo del sindacato è probabilmente uno dei più eclatanti fallimenti non solo della Legge italiana, ma del sindacato stesso, che non è riuscito a costruire un ponte per l’aiuto alla crescita reciproco tra azienda e dipendente. Possibile che l’unico reimpiego che il sindacato sia riuscito a trovare per queste persone è rifficcarle con la forza nell’azienda che le ha licenziate?
Non posso dire nulla sulla sentenza, per il fatto che se questa è la legge, come tale va rispettata. Ma rispettarla non significa che alla luce di queste distorsioni non vada discussa e corretta. Prima ho fatto riferimento alla questione matrimoniale e a questa voglio tornare er spiegare perché non è ammissibile che la dinamica della riassunzione forzata passi per normale, anzi, addirittura per una conquista da celebrare.
Il rapporto di lavoro è un rapporto personale che coinvolge nella l’atto dell’assunzione le capacità e le potenzialità del singolo, ma che include pure (e -certi direbbero- soprattutto) dimensioni umane che non stanno scritte nel curriculum, ma che rientrano in una sfera di personalità, morale e valori, personalità e tanti altri fattori umani che non sono oggettivamente misurabili e che anzi, risiedono nel giudizio completamente soggettivo di chi ti assume (non sei abbastanza sorridente, mi piace come ti vesti, ecc). In maniera simile, quando cerchiamo un partner non ci basta una foto e qualche caratteristica anagrafica per decidere se si tratterà di un buon marito o una buona moglie. Ci vogliono anni per imparare a conoscere tutti quegli aspetti umani che non espliciti né misurabili e su questi si fonda la fiducia reciproca, necessaria per collaborare a progetti comuni. Alla stessa maniera in un rapporto lavorativo è importante che sia il datore di lavoro che il dipendente possano fidarsi reciprocamente (che l’uno paghi per me le tasse e mi supporti economicamente in caso di malattia, e che l’altro faccia il suo lavoro secondo le regole aziendali). Si aggiunga a questo il fattore “sociale” in cui un responsabile deve coordinare i dipendenti, motivarli (pare strano, ma certa gente va motivata per fare il proprio mestiere per il quale viene pagata), e rimuovere i possibili ostacoli alla produttività del team, come ad esempio frizioni interne nella squadra. Come potrà il datore di lavoro giustificare agli occhi degli altri dipendenti il fatto che anche costoro, licenziati perché probabilmente inadatti al mestiere che facevano in quell’azienda, hanno gli stessi diritti e le stesse paghe di coloro che hanno lavorato sufficientemente bene e tanto da essersi meritati di mantenere il posto di lavoro?
Poste queste premesse, con che logica un dipendente -reintegrato a forza contro la volontà del datore di lavoro che ha palesato nella maniera più irrevocabile di non volerlo più- fare di nuovo parte di questo “patto sociale” basato sulla fiducia e la collaborazione? Esplicitato che non ci si vuole più, come può sperare il datore di lavoro che il dipendente farà il suo lavoro? Sarebbe come costringere due persone a formare di nuovo una coppia dopo che hanno deciso di lasciarsi, solo perché uno non voleva che il rapporto finisse, sperando che questo basti a sistemare le cose. Manco all’asilo quel forzato “pace-carote-patate” convinceva i bambini a tornare amici.
Da qualsiasi punto di vista, questa decisione del Tribunale è tutto meno che in linea con i basilari concetti di meritocrazia e competitività. Un domani probabilmente dovremo pagare una tassa ulteriore perché Fiat possa impiegare tutti coloro ai quali non ha un lavoro da affidare.
I sindacati esultano per questi 145 lavoratori che hanno ritrovato un lavoro, ma dimenticano di piangere per le migliaia di persone che non verranno assunte da investitori che l’Italia sembra fare di tutto per scacciare dalla propria economia!
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