Omicidio Fantoni: «Nessuna alternativa, Pavarini è colpevole e sano di mente»

«La valutazione complessiva degli elementi raccolti non lascia davvero alcuna possibilità di prospettare uno scenario diverso da quello delineato dai giudici di primo grado dimostrando gli stessi nel modo più certo che Francesca Fantoni subì un’aggressione sessuale che fu portata avanti da Pavarini con ogni violenta determinazione e contro la volontà della vittima». Lo scrivono i giudici della Corte d’appello di Brescia nelle motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Andrea Pavarini che prima violentó e poi uccise Francesca Fantoni, il cui cadavere venne abbandonato dietro ad un cespuglio nel parco pubblico di Bedizzole. «Certamente sono rimaste sconosciute le ragioni che indussero la povera Francesca ad allontanarsi con Pavarini alla volta di quel luogo buio e isolato e ad ivi appartarsi» scrive la Corte.

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«Non vi è spazio per ipotesi alternative e, quindi, non si può utilmente seguire li difensore dell’imputato quando ipotizza che la condotta omicida sia stata scatenata da un “qualcosa” rimasto incognito che sarebbe intervenuto nel contesto di un rapporto sessuale consensualmente iniziato. Non vi fu invero alcun rapporto sessuale consensuale; Pavarini tentò con forza di congiungersi carnalmente con la ragazza; la strenua resistenza da costei opposta costituisce la più attendibile spiegazione del successivo agire dell’imputato stesso fino all’esito omicida» scrivono i giudici di appello.

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Pavarini tanto in primo grado quanto nel processo d’appello è stato ritenuto capace di intendere e volere. Anche dopo un avvertimento disposto dai giudici di secondo grado. «Si devono condividere, anche alla stregua dell’approfondimento istruttorio esperito nella presente sede, le conclusioni cui è pervenuta la sentenza di primo grado laddove ha escluso che Pavarini, al momento del fatto, si trovasse, a cagione di un’infermità psichica, in condizioni talida scemare grandemente la sua capacità di volere. Non può infatti trascurarsi che Pavarini, nonostante l’indubbio deficit mentale di cui è portatore, che comunque non gli è valso li riconoscimento di alcuna invalidità civile, è persona dimostratasi – si legge – in grado di svolgere una vita contrassegnata da una certa normalità familiare e anche lavorativa sia pure confinata, quest’ultima, a livelli non particolarmente professionalizzati. I suoi limiti cognitivi, come riconosce la stessa difesa, non sono tali da diminuirne la capacità di intendere ovvero, per quel che qui interessa, di discernere ciò che è bene da ciò che è male sia pure in ambiti che non richiedono particolari capacità intellettive».

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