«Con tutto il rispetto che posso avere per questo genere di struttura, mia figlia parcheggiata in un centro per disabili non ce la voglio lasciare e nemmeno tenerla segregata in casa. È tutta la vita che combatto perché possa sviluppare le sue capacità e vivere la sua vita con dignità». È la storia di Laura Peli, 22enne salodiana affetta da una variante della sindrome di «Wolf Hirschhorn», che la renderebbe inabile a qualunque attività lavorativa. Il condizionale è d’obbligo. Da qualche tempo, infatti, Laura è impegnata per un paio d’ore al giorno alla Tavina: riordina la documentazione, spilla i fogli, li buca per metterli nei raccoglitori… Non riesce a esprimersi a parole, ma ogni giorno parte da casa e torna raggiante, conscia di avere un posto nella società in cui vive, come mamma Barbara Zambarda e papà Franco.
«Per lei, dopo il diploma in Scienze umane, ottenuto non senza fatica al liceo salodiano e ovviamente con un percorso personalizzato, la vigente normativa non offre alternative al Centro diurno disabili, così ci siamo mossi in autonomia e sostenuti da persone straordinarie abbiamo approntato un vero e proprio progetto lavorativo, gestito dalla disponibilità della cooperativa La Cordata e del Centro aiuto vita di Desenzano per le questioni burocratiche» ci spiega la mamma.
Sensibilità
Una pianificazione complessa, «borderline», forse unica in provincia, che ha incontrato la sensibilità dei vertici di Tavina spa che avevano già conosciuto Laura in occasione dell’alternanza scuola-lavoro. L’azienda salodiana, va detto, in questo caso nemmeno ha la possibilità di ottemperare all’obbligo di assumere disabili, perché Laura non rientra nei soggetti previsti dalla normativa.
Poi quella di due compagne di classe, le 19enni Federica e Sara, che hanno accettato di affiancare Laura al lavoro, in quanto deve sempre essere accompagnata col rapporto stretto di uno a uno. Per ultimo, ma non meno importante, il supporto di Candida, da anni «assistente ad personam»: coordina gli interventi e mantiene i rapporti con l’azienda.
«Non ci sembra ancora vero di esserci riusciti – ci dice Barbara -. Ci piacerebbe che altre famiglie come la nostra e altri imprenditori provassero a intraprendere la stessa strada per dare dignità a ragazzi e ragazze come la nostra Laura. Ne beneficeremmo tutti».
EMBED [Box newsletter BRESCIANI]
Vai articolo originale: https://www.giornaledibrescia.it/garda/oltre-la-malattia-la-storia-di-laura-peli-e-l-importanza-del-lavoro-1.3957003