Continua il mio studio/viaggio alla scoperta della musica contemporanea e questo Musica Coelestis di Carlo Boccadoro è stat una lettura perfetta e quindi raccomandabile a tutti quelli che di musica contemporanea sanno nulla (come me) ma vorrebbero saperne (come me).
Come ha già fatto con i Racconti Musicali, Carlo non vuole spiegare o dare lezioni, lascia socraticamente che siano le storie, i racconti dei vari autori che lui intertvista, a costruire nel lettore lo scenario offerto dalla musica contemporanea.
Dai vari intervistati ci sono riflessioni e spunti da tenere e senza voler citare ma riportando sensazioni, ricavo un’impressione di grande dedizione nei vari musicisti, di onestà intellettuale, di esplorazione e l’idea che mi sto facendo sempre più forte è che la musica, a maggior ragione quella contemporanea, contenga il germe profondo dell’innovazione e possa esserne guida e ispirazione (illuminante l’intervista a John Adams).
In fondo tutti gli amici che come me si occupano di cambiamento, di rivoluzioni piccole o grandi, di innovazione tecnologica, non mi sembra abbiano la risposta alla domanda: "come cambiare senza perdere il senso dell’umano"?
Leggo tra le righe la sconfitta dell’avanguardia, come tutte le avanguardie che esauriscono la loro utile purchè breve missione, e lo spazio a un processo più lento e profondo che aiuti le persone a ritrovare le emozioni e le ragioni dell’ascolto.
Io credevo che la musica contemporanea fosse solo fatta di esperimenti cerebrali, tecnologici, matematici, razionali e, in fondo, fastidiosi come lo è spesso la tecnologia e il libro di Carlo mi sta facendo cambiare idea.
Certamente il CD allegato al libro, indispensabile perchè la lettura si collochi nel concreto, aiuta a capire e ad associare le parole degli autori al loro lavoro e anche se, come ammetteva ieri Carlo in una chiacchiera veloce via Skype, le scelte sono facili, quasi "orecchiabili" si potrebbe dire, è comunque un ascolto che ti obbliga a pensare.
Certamente lettura e ascolto obbligano a superare i pregiudizi, quelli sulla musica contemporanea di certo, ma anche i pregiudizi in generale che ci rendono ciechi a quanto abbiamo da scoprire ogni giorno attorno a noi.
E’ quello che mi viene da pensare ascoltando autori fino a ieri mattina sconosciuti come James MacMillan o Aaron Kernis o Gavin Bryars scoprendo anche come i musicisti contemporanei siano intrisi di generi musicali i più differenti, dalla musica etnicva al jazz, al rock, di come i compositori "classici" utilizzino liberamente tutto lo strumentario elettronico facendo piazza pulita dello snobismo che ancora aleggia attorno alla musica "classica" come la si vuole intendere.
Ed ecco un’altra lezione: quante volte i difensori del purismo (ideologico, culturale, sociale che sia) in realtà nascondo dietro al rigore la loro reale paura del nuovo e difendendo la "storia" in realtà rinnegano la possibilità del nuovo e del cambiamento.
E’ strano come, riguardando la mia discografia, trovi due vecchi CD di Philip Glass e di Michael Nyman che La Repubblica aveva pubblicato nella serie "Ambient" quasi fosse musica da sala d’attesa o da centro massaggi o mentre sto caricando altri CD su iTunes, viene classificata come "alternativa" o "pop" ma non CLASSICA.
Ed è ascoltando questi autori e leggendone la biografia che ci si rende conto che la loro musica quando è colonna sonora di film o di spettacoli o di jingle pubblicitari viene accolta senza pregiudizi mentre se dovessimo andare apposta a un concerto forse esiteremmo dubbiosi della nostra capacità di capire o di gustare.
Ed ecco un’altra lezione, presa a prestito da David Lang che per selezionare i brani di un festival nasconde i nomi degli autori per non farsi influenzare e per scegliere solo in base al fatto che un brano piaccia o meno. Quante volte in una galleria d’arte moderna ho guardato un quadro e sono rimasto perplesso ma dopo aver letto il nome dell’autore ovviamente famoso, sotto sotto la mia accettazione è cambiata quasi che dovessi essere obbligato a farmi piacere un’opera solo per la celebrità dell’autore.
Mi fermo perchè so davvero troppo poco di questo immenso mare di musica che ci circonda e di cui non si vedono i contorni ma il solo fatto che mi stimoli tante riflessioni mi pare già di per sé un segnale positivo.
Quello che mi spinge maggiormente è comunque la convinzione che la musica, tutta la musica, racconta il tempo perchè lo contiene e la musica contemporanea è la nostra musica, la musica del nostro tempo, quando non ci piace non ci piace probabilmente lo stridore del traffico, quando non ci piace non ci piace perchè racconta il chiacchiericcio della televisione o i falsi miti della velocità.
Ma ci siamo noi in quella musica e c’è il nostro futuro che qualche artista di talento sta cercando di tracciare e con queste mappe per le orecchie possiamo intravedere un percorso possibile.
Vai articolo originale: http://blog.gigitaly.it/2010/01/musica-coelestis.html