Poetico impegno sociale
In occasione del centenario dalla morte dell’artista, Galleria Bottegantica dedica una contenuta ma qualificata monografica ad Angelo Morbelli (Alessandria, 1853-Milano, 1919), protagonista della pittura italiana del secondo Ottocento e dell’avventura “divisionista”. I due curatori, Stefano Bosi e Enzo Savoia, presentano una selezione di opere fondamentali, alcune mai prima esposte, con lo scopo di documentare l’evoluzione del suo percorso artistico e le tematiche abituali. Come loro stessi ci dicono “Nell’opera di Morbelli dimensione realistica e dimensione simbolica parallelamente coesistono. La minuziosa insistenza realistica, mentre ci immerge in una precisa realtà, la esaspera, fa sì che ci appaia in una diversa luce, che le toglie credibilità nella dimensione del reale, la immobilizza, la fissa in emblema.” Dalla natia Alessandria, Morbelli si trasferì a Milano nel 1867, per diplomarsi all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove studiò pittura con Giuseppe Bertini. Negli anni ’80 dell’Ottocento l’artista è tra i precursori a sviluppare temi veristi sociali, la cui migliore testimonianza è senz’altro il ciclo di opere dedicate al Pio Albergo Trivulzio (chiamata dai cittadini milanesi popolarmente “Baggina”) dove si svela – senza pietismi gratuiti ma con grande dignità – la malinconica solitudine degli anziani abbandonati all’ospizio o la “Venduta”, dipinto ispirato a un fatto di cronaca e denuncia della prostituzione minorile. In esposizione si trovano dipinti struggenti e pacati insieme, come “Le parche”, del 1904, e “Inverno al pio Albergo Trivulzio”, del 1914, anche se negli anni della maturità l’artista abbandonò il tema sociale per dedicarsi a tematiche intimiste o legate al teatro e la musica, sue grandi passioni che, peraltro aveva espresso sulla tela già prima, come si può vedere nell’opera giovanile “Ballerina a la Scala”, del 1909 (l’anno, ricordiamo, del “Manifesto letterario del Futurismo italiano” di Filippo Tommaso Marinetti) poco nota al pubblico e alla critica, in cui si evince una pennellata mai leziosa, piuttosto concentrata su effetti cromatici e luminosi. Il realismo sociale, che egli interpreta con profonda sensibilità e capacità di analisi, si trasforma in positività quando egli si avvicina al variegato tema del paesaggio. Le sue composizioni in tal senso si distinguono per l’assenza di figure e di azione, dove l’emozione del pittore trova pieno appagamento nell’aprirsi, in religioso silenzio, alla natura, che è il regno delle cose che si rinnovano da sole. Lo testimoniano gli ariosi paesaggi dei ghiacciai valtellinesi o delle montagne piemontesi, le ampie vedute della marina ligure, gli scorci della laguna veneta, colti perlopiù al tramonto, e quelli assolati dell’amato giardino della residenza campestre a La Colma, presso Rosignano, sulle colline del Monferrato. Monti, mare, boschi sono descritti come lezione di vita vera ed autentica, nei quali l’animo dell’artista sembra quietarsi. In Morbelli, la ricerca del Vero e quella del Bello e di immagini idonee a esprimerlo, vanno di pari passo. Come risulta evidente nei dipinti dedicati al lavoro delle mondine, al nudo femminile e all’universo adolescenziale delle ballerine. L’esposizione approfondisce anche, con il contributo di esperti nel settore, il tema della tecnica, specie quella divisionista, che lui riteneva essere la pittura del futuro: “l’affare dei puntini è per me – scrisse in una lettera del 1895 all’amico Virgilio Colombo – un esercizio pratico, come le scale del pianoforte. Intanto si vengono ad avere dei risultati maggiori: aria, luce, illusione dei piani e dei toni!” Ma questa retrospettiva (unitamente ad un’altra, contenuta, con opere differenti, presso il vicino spazio “Enrico-Galleria dell’Ottocento) è solo, possiamo dire, un “anticipo”, di una più ampia mostra che, a breve, avrà inizio alla Galleria d’Arte Moderna. Giusti omaggi, comunque, tutti questi, per un artista che, se in vita, ed anche dopo, non ha avuto i riscontri che effettivamente avrebbe meritato (tra critica, esposizioni monografiche, mercato…), l’unica sua “colpa” – se così possiamo definirla – è di avere per un certo tempo convissuto il “Divisionismo” “incrociando i pennelli” con un suo collega di origini trentine, per cui quella particolare minuziosa tecnica pittorica andò poi ad identificarsi: Giovanni Segantini (1858-1899). E in questo caso (ma potrei trovarne un’infinità, nel mondo dell’arte e non solo), ritengo che il commento più appropriato sia “Il tempo è galantuomo, rimette a posto tutte le cose”, espressione risalente al Settecento francese, in piena epoca “illuminista”, uscita da François-Marie Arouet (Parigi, 1694-1778), meglio conosciuto con lo pseudonimo Voltaire.
Galleria Bottegantica, Via Manzoni 45, Milano; fino al 16 marzo 2019; Orari: da martedì al sabato 10-13 e 15-19. Ingresso libero. Visite guidate: su prenotazione, € 5 cadauno; Gruppi compresi tra le 10 e le 20 persone. Catalogo Bottegantica edizioni; Tel. 02 36571395 ; www.bottegantica.com
Fabio Giuliani
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