Mamma uccisa a calci e pugni, Andreoli: «La lite e poi il buio»

Un blackout improvviso. E la sua mente è rimasta al buio. Ruben Andreoli, il 45enne di Sirmione che lo scorso 15 settembre ha ucciso a calci e pugni la mamma, non riesce a spiegarselo e a spiegarlo diversamente.

L’interrogatorio

Accompagnato dal suo difensore, l’avvocato Marco Capra, il magazziniere della Franke con la passione per i motori e il running, mercoledì si è fatto interrogare in carcere dal pubblico ministero Ettore Tisato. E nelle due ore che ha passato con lui non è riuscito a trovare un movente plausibile allo sfacelo che ha provocato con la sola forza delle sue mani. Andreoli ha escluso ragioni di carattere economico, ma anche scelte di vita che potrebbero avere avuto un impatto determinante sulla vita famigliare e quindi compromettere la serenità nell’appartamento che l’uomo condivideva, da quasi un decennio, con la moglie e la madre a Sirmione.

Stando a quanto è emerso Andreoli avrebbe infatti escluso di aver chiesto alla mamma di vendere la casa, per realizzare la sua parte. E tanto meno le avrebbe prospettato l’idea di andare a vivere con la moglie nel suo paese di origini. L’Ucraina, avrebbe spiegato l’uomo al pubblico ministero, non era certo un orizzonte che aveva abbracciato, tanto meno oggi, nel pieno del conflitto con la Russia. Andreoli era contento della vita che stava vivendo, del lavoro che aveva, del suo matrimonio e anche del rapporto con la madre. Non più tardi di una decina di giorni prima dell’atroce delitto erano stati tutti e tre a cena, spesso – ha spiegato al pubblico ministero – l’accompagnava al mare o in montagna. Non c’erano ragioni, non almeno per Andreoli, perché la situazione precipitasse di colpo. Eppure di colpo – così almeno avrebbe spiegato l’uomo agli inquirenti – mamma Nerina avrebbe cambiato umore e deciso di non rivolgere più la parola al figlio e alla nuora.

Il buio

Una decina di giorni da separati in casa fino al tardo pomeriggio di quel venerdì quando il 45enne sarebbe rientrato a casa, avrebbe scoperto che l’album delle foto del matrimonio era stato gettato, ne avrebbe chiesto conto alla madre e poi… «Le ho dato uno schiaffo – avrebbe detto Andreoli al pm – le ho tirato i capelli e poi ricordo solo che è intervenuta mia moglie, che ha cercato di fermarmi, mi ha strappato la maglietta e poi… Poi il buio. Di quello che è successo dopo non ricordo più nulla. So solo che ad un certo punto ero seduto sul divano e di fronte a me avevo i carabinieri».

Alla luce di questa versione e dell’apparente assenza di un movente plausibile, per quanto possa esserci una ragione plausibile per ammazzare la mamma saltandole a piedi pari sulla testa, è probabile che l’avvocato Capra faccia sottoporre il suo assistito ad una consulenza psichiatrica.

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