Mamiano di Traversetolo (Parma) – ROY LICHTENSTEIN E LA POP ART AMERICANA

Gli anni Sessanta in cronaca pittorica

Fondazione Magnani Rocca

In una lettera a Cesare Brandi, Luigi Magnani, il signore della Villa di Mamiano, racconta di un viaggio a New York, dove resta per “un breve ma intenso soggiorno” nell’aprile 1968, cinquant’anni fa; mete successive sono Harward, e la Stanford University dove terrà alcune conferenze, poi San Francisco e New Orleans. Magnani arriva in una metropoli invasa da diversi anni dalla Pop Art, una città che era in se stessa un museo Pop a cielo aperto. (…) Probabilmente l’amica Angelica, figlia di Alberto Savinio, titolare della galleria Il Segno di Roma, avrà raccontato a Magnani di questa nuova arte Pop appena giunta dall’America, lei che aveva esposto nel marzo 1965 “The American Supermarket” con opere di Warhol, Lichtenstein, Jones, Wesselmann. Anche gli amici carissimi, Giulio Carlo Argan, critico d’arte tutt’altro che ‘popular’ nelle proprie scelte estetiche (autore di “Arte d’oggi nei musei” nel catalogo della XXXII Biennale di Venezia del 1964) e Bruno Molajoli, consigliere d’amministrazione della medesima Biennale) certamente gli avranno parlato di quelle novità americane (…). Fu proprio la Biennale del 1964 a consacrare e a far conoscere al grande pubblico la Pop Art americana, con i suoi “combine paintings”, le sue pin-up, i suoi fumetti, i suoi riti di massa, suscitando reazioni sdegnate e ammirazioni infinite, tipico di quanto dirompe, con successo, sulla scena; (…). (…) nella remota e paciosa campagna parmense, Luigi Magnani andava nel contempo creando nella sua dimora di Mamiano un fortino inattaccabile, refrattario a forme di protesta o rivendicazione sociale e studentesca, una sorta di bunker della bellezza eterna, quella esistita da sempre e del tutto impermeabile, accaparrandosi il più bel Tiziano possibile e arredi Impero degni di un palazzo napoleonico. (…) L’aspetto che di fatto accomuna il professore di Mamiano e Roy Lichtenstein, oltre ad avere entrambi la madre pianista, è il dialogo costante e irrinunciabile con i grandi maestri. (…) Ma la scelta che più avvicina Magnani alla Pop Art è il quadro di Monet, l’artista che, nella serialità e iconicità dei suoi soggetti, in qualche modo anticipa una delle attitudini identitarie del movimento Pop, scelto da Magnani nella fase finale della costruzione della raccolta della Fondazione Magnani Rocca. La sottile linea che unisce Monet a Liechtenstein è stata molto ben rappresentata in una mostra dal titolo “Monet/Liechtenstein: Rouen Cathedrals” tenutasi nel 2011 al Museum of Fine Art di Boston. Cinque opere del ciclo della Cattedrale di Rouen dipinte da Monet “face to face” con cinque dipinti della stessa cattedrale dipinta da Liechtenstein nel 1969; ma l’accostamento si sarebbe potuto fare anche con le Ninfee e i Covoni di Monet, soggetti pure rivisitati da Liechtenstein. (…).”  Questi sono alcuni estratti del commento di Stefano Rolfi, Direttore scientifico della Fondazione Magnani Rocca, curatore – insieme a Walter Guadagnini – della mostra “Lichtenstein e la Pop Art Americana”, in corso – e dopo quanto di cui sopra mi viene da dire giustamente – presso gli spazi della Fondazione. Una retrospettiva dedicata ad uno dei più grandi artisti del XX secolo: Roy Lichtenstein, il genio della “Pop Art” americana che ha influenzato grafici, designer, pubblicitari ed altri artisti contemporanei tanto che ancora oggi è possibile riscontrare riferimenti allo suo stile compositivo in ogni ambito del design e della comunicazione. Lichtenstein (New York 1923-1997) è, insieme a Andy Warhol, la figura più rappresentativa e più conosciuta della Pop Art, e dell’intera storia dell’arte della seconda metà del XX secolo. Il suo caratteristico stile mutuato dal retino tipografico, il suo utilizzo del fumetto in ambito pittorico, le sue rivisitazioni pop dell’arte del passato lontano e recente sono entrate non solo nella storia dell’arte del Novecento, ma nell’immaginario collettivo anche delle nuove generazioni, stampati all’infinito su poster e oggetti di consumo. A distanza di decenni i suoi dipinti continuano a suscitare enorme interesse nel mercato dell’arte con altissime valutazioni. Possiamo vedere qui oltre 80 opere del Maestro e degli altri grandi protagonisti della Pop Art americana; per evidenziare sia la sua originalità che la sua appartenenza a uno specifico clima, sono presenti infatti, a confronto con quelle di Lichtenstein, anche opere iconiche di Andy Warhol, Mel Ramos, Allan D’Arcangelo, Tom Wesselmann, James Rosenquist e Robert Indiana. Un appuntamento unico nel suo genere, reso possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Magnani-Rocca con celebri musei internazionali e prestigiose gallerie e collezioni private.   Il percorso espositivo è costituito da due parti, la prima riguarda la stagione iniziale della “Pop Art”, gli anni fra il 1960 e il 1965 in cui nascono le icone di Lichtenstein tratte dal mondo dei fumetti e della pubblicità, qui a confronto con i lavori dei compagni di avventura dell’artista a testimoniare della nuova società e della nuova arte che la rispecchia e che prende appunto il nome di “Pop Art”. Questo periodo è rappresentato in mostra da autentici capolavori pittorici come “Little Aloha” (1962) e “Ball of Twine” (1963), ma anche da una rarissima opera degli inizi come “VIIP!” (1962), e da una strepitosa serie di opere grafiche, tra le quali spiccano “Crying Girl” (1963) e “Sweet Dreams, Baby!” (1965), le più geniali e celebri rielaborazioni delle tavole dei comics che ancora oggi identificano non solo Lichtenstein ma un intero decennio della storia dell’arte e del costume del XX secolo. Successivamente egli inizia alcune serie che hanno come riferimento da un lato la storia dell’arte, dall’altro il grande tema dell’astrazione pittorica: sono i dipinti che testimoniano la varietà e la complessità del pittore e che aprono nuove interpretazioni sia sulla sua opera che sull’intera stagione della cosiddetta “Pop Art”: anche in questo caso alle opere di Lichtenstein si affiancano quelle dei suoi coetanei, continuando quel dialogo fondamentale tra protagonisti di uno dei momenti cruciali dell’arte del XX secolo. Esemplari a questo proposito sono le astrazioni numeriche e letterarie di Robert Indiana (con un prezioso “FOUR” degli anni Sessanta e una celebre scultura “LOVE”) o il ciclo “Flowers” di Andy Warhol. Tra queste serie, si ricordano quella dei “Paesaggi” e quella dei “Fregi”, che prendono avvio nei primi anni Settanta. Quasi contemporaneamente nasce anche un altro genere, quello che proviene direttamente dalla storia dell’arte: ecco allora le figure ispirate a Picasso e a Matisse – ma anche dal Surrealismo, come la celeberrima “Girl with Tear” – “Donna con Lacrima” – (1977) che giunge in via straordinaria dalla Fondation Beyeler di Basilea. Sono inoltre presenti alcune serie di fotografie che ritraggono l’artista all’opera nel suo studio realizzate da Ugo Mulas ed Aurelio Amendola, i quali, in diversi momenti, hanno ritratto Lichtenstein: possiamo così entrare idealmente nell’officina dell’artista, ma anche leggere il rapporto che sempre ha legato la cultura italiana al pittore.       Quanto alla “Pop Art” la critica è divisa fra difesa e condanna. A loro merito occorre osservare come questi artisti, elevando ad icone oggetti di grande consumo o persone celebri spesso sono la denuncia di una società in crisi, del consumismo in particolare, e quindi le loro opere, perché dipingere sanno, hanno una duplice valenza, anticipatori degli attuali ripensamenti ecologici, perché gli artisti prevedono spesso il tempo che verrà. L’evento espositivo è corredato da un catalogo di Silvana Editoriale, contenente i saggi dei curatori e di altri studiosi, quali Stefano Bucci, Mauro Carrera, Mirta d’Argenzio, Kenneth Tyler, oltre alla riproduzione di tutte le opere esposte. La stessa Casa Editrice ha recentemente pubblicato un volume aggiornato, sia per le immagini che sui testi, dedicato alla storia della “Villa dei Capolavori”, ambiente su cui trovo giusto ritornare…La Fondazione Magnani Rocca, Ente che qui ha sede, ha lo scopo di promuovere la diffusione della cultura e dell’arte quali strumenti per la crescita della società civile. Nasce nel 1977 dalla volontà di Luigi Magnani (1906-1984), affiancato con passione dall’allora Cassa di Risparmio di Parma ora Cariparma-Crédit Agricole, di onorare la memoria del padre Giuseppe e della madre Donna Eugenia Rocca, con lo scopo di favorire e sviluppare attività culturali di carattere artistico, musicale e letterario. Il 15 Marzo 1978 è stata riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica come persona giuridica di diritto privato. Egli destinò alla Fondazione in primo luogo la Villa di Mamiano, inaugurata come sede museale nel 1990 con la raccolta d’arte che annovera, fra le altre, opere di Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Carpaccio, Dürer, Tiziano, Rubens, Van Dyck e, tra i contemporanei, Monet, Renoir, Cézanne, sino a De Chirico, De Pisis, 50 opere di Morandi, Burri, oltre a sculture di Canova e di Bartolini. “La famiglia dell’infante don Luis”, capolavoro di Francisco Goya. Nella Villa è stata lasciata il più possibile invariata la collocazione degli arredi per conservare l’atmosfera di casa vissuta: troviamo, infatti, preziosi mobili e oggetti Impero, fra i quali la grande coppa in malachite del Thomire, dono dello Zar Alessandro I a Napoleone. La Fondazione Magnani Rocca si propone come centro culturale non solo di arti figurative ma anche di attività musicali e letterarie, come era nello spirito del suo fondatore, attento alle corrispondenze fra le varie espressioni artistiche. Una visita alla mostra e a questi bellissimi spazi meritano quindi una giornata libera, ambiente che comprende un grande parco dove è possibile incontrare curiosi ed altrettanto “artistici” pavoni.

Fondazione Magnani Rocca – Via Fondazione Magnani Rocca 4, Mamiano di Traversetolo (Parma); Fino al 9 Dicembre 2018;  orari: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17); sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto 8 Dicembre; Ingresso: € 10 valido anche per le raccolte permanenti, € 5 per le scuole. Il sabato ore 16 e la domenica e festivi ore 11.30, 15.30, 16.30, visita alla mostra con guida specializzata; è possibile prenotare via mail a segreteria@magnanirocca.it, oppure presentarsi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti; costo € 15 (ingresso e guida). Informazioni e prenotazioni gruppi: Tel. 0521 848327 / 848148; Ristorante e Caffetteria nella corte del museo, Tel. 0521 848135.

Fabio Giuliani

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