Ci sono posti particolari, posti in cui improvvisamente l'atmosfera ti prende e ti sposta in un'altra dimensione: quella dell'ascolto.
Può essere un bosco o mentre stai la mattina in riva al mare o quando andavo a pesca con mio padre, o quando si fa sera nel bush e i kookaburra gridano finchè il sole scompare.
Stasera ero al teatro della Scuola per fare alcune prove tecniche per domani (fari, videoproiettore, una connessione con skype) e il teatro vuoto, silenzioso, è diventato uno di quei luoghi magici.
Me ne stavo in consolle e sentivo le voci dell'altro ieri, i suoni, la gente, il brusio, gli applausi, e il silenzio, come se quel posto le avesse memorizzate quelle voci e quei suoni e senza bisogno di riascoltarli te li facesse rivivere.
Guardavo le sedie allineate, le geometrie ripetitive degli schienali, le quinte e le immagini del retroscena ritagliate come fotogrammi, c'era da starci delle ore senza fare assolutamente nulla se non ascoltare.
Non è una caratteristica del nostro teatro, quando mi capita di entrarci ogni teatro vuoto mi dà questa sensazione, di bosco e di deserto, di montagna e di spiaggia. Senti la potenza di quello che è accaduto e il suono di quello che accadrà, senti che tutto si impregna di energia positiva, del talento, delle emozioni di chi suona e di chi ascolta.
E' proprio giovane questo spazio, come un violoncello appena finito, eppure ha già assorbito abbastanza energia da restituirla a chi la sa ascoltare.
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