Life is what happens while you are making other plans, diceva John Lennon – la vita è ciò che succede, mentre stai facendo altri progetti. Ieri sera sono stata ad uno dei concerti più belli della mia vita. Ci sono inciampata, come preferisco fare, a conferma che, a volte, gli incidenti di percorso sono la parte più interessante del viaggio. Sono di nuovo in Calabria, questa regione che ho scoperto 3 anni fa e che, ogni volta che torno, mi regala sorprese generose. Sono qui, con amiche e figliolanza, al Villaggio il Gabbiano, e i ragazzi dello staff ci dicono che la sera ci sarà una festa a Santa Domenica di Ricadi: concerto di Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea, Taranta… Decidiamo di andare a vedere di cosa si tratti, per scoprire un po’ di colore locale – e partite con il tipico atteggiamento da turiste un po’ snob, una di noi ha postato la locandina del Taran Project su facebook, commentando con sarcasmo “Seratona”. Little did we know… Arriviamo in un paese pieno di gente, di luci colorate a festa, e ci incamminiamo per la via principale, fino alla piazza. Vediamo un palcoscenico molto più grande di quello che ci aspettassimo, con una bellissima scenografia di luci, e ci fermiamo a guardare. Sentiamo le prime note, scattiamo qualche foto ai paesani affacciati alle finestra di casa e cominciamo a muoverci col ritmo, pian piano, inconsapevolmente, fino a ritrovarci a ballare. E più balliamo, più ci sentiamo coinvolte, più balliamo, più ci avviciniamo al palco, in mezzo alla folla che va dai 6 ai 60 anni – ma la maggior parte sono giovani -, più balliamo più vogliamo ballare. Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea, seduti, cantano e suonano, una corista (ma il termine sminuisce la sua bravura ed il suo ruolo) in fondo al palco contralta e danza, con una presenza scenica da grande solista. Siamo rapite, incantate, la Taranta ha posseduto anche noi. Ad un certo punto esce sul palco un prete, tutti si fermano e, a pochi metri da noi, da un gruppo di ragazzi, parte un coro: “Uno di noi… Carmelo uno di noi… Uno di noi…”. Don Carmelo parla al pubblico, ha organizzato lui questo concerto: parla di vita, di musica, di giovani. Penso che forse mi trovo davanti al Don Gallo locale (al suo erede? Speriamo!), mi commuovo. Don Carmelo esce di scena, accompagnato dal coro di quei ragazzi, tra i quali, scopro oggi con piacere, c’è anche Glauco, che sta alla pizzeria del villaggio. La musica riparte, incontriamo due ragazzi che al villaggio fanno servizio in sala e ci fanno ballare. Uno di loro, Vincenzo, è nuovo, non abbiamo ancora fatto amicizia, avrà a malapena vent’anni: ci prende per mano senza la minima esitazione e capiamo che l’uniforme nascondeva questa benedetta natura intraprendente. Balliamo, sudiamo, pestiamo piedi, i piedi ci vengono pestati, balliamo, balliamo, balliamo. Ad un certo punto Claudia (che è Romana), si ferma e dice: “Vincè, nun ce la faccio più! Me stai a fà morì!” Vincenzo non si squassa e risponde, sorridente: “A signò è solo pe’ ‘na notte”, regalandoci così una perla di saggezza e un concentrato di giovinezza, un pensiero che ci accompagnerà ogni volta che crederemo di essere troppo stanche per goderci un bel momento, ogni volta che vorremo rinunciare, ogni volta che varrà la pena perdere il fiato. La musica continua ed io vorrei cantare, vorrei conoscere le parole di quelle canzoni, vorrei capire il dialetto calabrese, vorrei che la musica non finisse più, e per un attimo sembra che possa essere così. Don Carmelo torna sul palco, con un paio di occhiali dalla montatura arancio fluorescente, abbraccia Mimmo, ringrazia, se ne va, e parte l’ultima canzone, tra l’applauso scrosciante e l’entusiasmo della folla – che non è più folla, sono persone che abbiamo abbracciato, le cui mani abbiamo stretto, con le quali abbiamo scambiato sorrisi e condiviso l’estasi della Taranta. Poi la musica finisce davvero, alle spalle della piazza parte un breve spettacolo di fuochi artificiali, che, sarà anche politicamente scorretto, ma devo dire che noi ci siamo proprio godute, sedute sul marciapiede, una birra gelata in mano, mentre la gente s’incammina per tornare a casa. Dopo 20 minuti abbiamo ancora il fiatone – e il sorriso stampato sulle nostre facce fluorescenti e fradice, come le magliette, i capelli, le braccia le gambe. Penso che l’Italia è viva e pulsante. Penso che è il paese della tarantella, e che ha ragione Claudia a dire che la tarantella è il nostro rock’n’roll. Penso che voglio portare Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea a Salò. Penso che c’è tanta, troppa Italia della quale non sappiamo nulla, capace di entusiasmare, di trascinare, forse addirittura di tendere la mano al Paese per aiutarlo ad uscire dalla palude. L’ho detto a mia figlia stamattina, quando si lamentava perchè i sui amichetti le davano della pazzerella. “Amore, nella vita è sempre meglio scegliere la Taranta, piuttosto che il pantano.”
PS: faccio la figura della turista una volta di più, perché mi dicono che paragonare Don Carmelo a Don Gallo sarebbe esagerato e un po’ blasfemo, eppure le mie sensazioni sono state quelle ed io continuo a sperare. Mimmo Cavallaro è stato in prigione per ‘ndrangheta: anche in questo caso spero… a me sembra proprio che abbia imparato qualcosa.
PPS: purtroppo non riesco a caricare le foto ed il video che ho girato, mi piaceva tanto, con i palloncini dei Barbapapà che mi passavano davanti all’obiettivo. Ma ci tengo a farvi ascoltare la Taranta del 2013, chiudete gli occhi e cominciate a ballare…
Vai articolo originale: http://scrivoxvizio.wordpress.com/2013/07/07/litalia-viva-signo-e-solo-pe-na-notte/