Pezzo originalmente pubblicato su Pikaia
Anche dopo cinquantanni di ricerca sul campo gli scimpanzé non smettono di stupire per il loro modo ingegnoso e flessibile di costruire strumenti e trovare nuove soluzioni per sopravvivere. I risultati del recente studio pubblicato sul Journal of Human Evolution da Christophe Boesch, del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig, e svolto tra gli scimpanzé dell’Africa centrale (Pan troglodytes troglodytes) a Loango in Gabon confermano difatti le scoperte fatte da Sanz e Morgan, ricercatori presso lo stesso istituto, nel triangolo di Goualougo nella vicina Repubblica Democratica del Congo, recentemente riesaminate dagli stessi autori per l’International Journal of Primatology.
Quello che colpisce maggiormente dei comportamenti di uso di strumenti osservati in questi due siti e che non è stato ancora riscontrato in altre zone dell’Africa è una caratteristica particolarmente raffinata, ovvero l’uso seriale di utensili e quindi la creazione di veri e propri “set” utilizzati poi per raggiungere lo scopo prefissato. L’innovazione tecnologica più interessante tra quelle osservate daBoesch è rivolta a recuperare il miele dagli alveari, sia quelli sotterranei che quelli posti sugli alberi a venti metri di altezza o al livello del terreno all’interno dei tronchi caduti al suolo: in questi casi gli scimpanzé possono rompere l’alveare con un grosso ramo, allargare il buco con una leva più piccola e quindi inserire un ultimo ramoscello, ancora più sottile, per estrarre il miele. In alcuni casi, infine, sono stati visti gli scimpanzé utilizzare pezzi di corteccia per raschiare ulteriore miele dall’alveare e, ancora più interessante, sottili sonde per individuare gli alveari sotterranei. Questa fonte di cibo non sembra particolarmente nutritiva in rapporto alle energie utilizzate per ottenerla, e si può dire che l’unico scopo che spinge questi animali a utilizzare una sequenza di cinque strumenti, la più lunga mai registrata, sia la golosità.
Una fonte di cibo più tipica della specie sono le termiti, e uno dei set di strumenti osservati da Sanz e Morgan riguardanti questo tipo di approvvigionamento ricorda molto i risultati dello studio di Boesch. Tra gli scimpanzé del triangolo di Goualougo capita infatti che termitai sotterranei vengano dapprima individuati con sonde sottili, quindi raggiunti scavando con un bastone reso appuntito e infine “pescati” alla classica maniera degli scimpanzé. É bene precisare che anche a Goualougo gli scimpanzé si nutrono di miele estratto dagli alveari, seppure non lo estraggono dagli alveari sotterranei, e in buona sostanza gli scimpanzé di queste due aree condividono comportamenti simili che fanno pensare a un’origine comune e a una trasmissione regionale per via culturale, cosa di cui questi animali sono ormai quasi univocamente considerati capaci.
Le implicazioni di queste scoperte sono notevoli, specialmente se si considerano altre osservazioni fatte in questi due luoghi. Lo stesso ramo, ad esempio, è a volte lavorato in due maniere diverse per lato così da servire a due scopi diversi, e in generale queste scimmie ottengono strumenti diversi dallo stesso materiale di partenza, ovvero una particolare pianta che può essere usata per pescare sia termiti che formiche arboricole a seconda della maniera in cui viene preparata. Sembra quindi fuor di dubbio che comprendano la funzione degli strumenti che creano, e che li costruiscano in funzione di essa. Il semplice fatto di utilizzare serie di strumenti inoltre dimostra la loro raffinata capacità di progettare le loro azioni in vista di uno scopo futuro, specie se si considera che strumenti particolarmente pesanti come il primo della sequenza del miele (quello utilizzato come ariete per creare un buco nell’alveare) vengono lasciati vicino all’alveare a svariati metri di altezza per essere riutilizzati in futuro invece che lasciati cadere al suolo come capita agli altri utensili.
L’ipotesi di Sanz e Morgan sul perché queste raffinate tradizioni tecnologiche si trovino solo qui in Africa centrale è che queste siano nate per necessità, dato che nella regione gli scimpanzé convivono con i gorilla in molte aree, e poi tramandate alla maniera in cui tanti altri comportamenti del genere si sono fatti strada tra le popolazioni di scimpanzé in Africa. Inoltre prende sempre più forza l’ipotesi che anche prima dell’emergere della cultura olduvaiana circa 2,5 milioni di anni fa i nostri antenati facessero uso di strumenti complessi, ricavati non dalla pietra ma da altri materiali troppo facilmente deperibili per poter essere ritrovati oggi negli strati archeologici.
Una cosa certa, ad ogni modo, è che queste nuove scoperte rendono ancora più labili le differenze tra gli strumenti dell’uomo e quelli delle scimmie antropomorfe. Il vecchio concetto di Homo faber, che marcava un confine tra noi e i nostri parenti prossimi, si scontra quindi e per l’ennesima volta con Pan, la scimmia che da cinquantanni ci ricorda da dove veniamo.
Riferimenti:
Vai articolo originale: http://scienzology.blogspot.com/2009/10/lingegnere-della-giungla.html