Negli anni 50–60 del’900, dopo il febbrile e difficile periodo speso nello sforzo della ricostruzione post bellica, ci fu il definitivo rilancio della Ferrovia Mantova-Peschiera. Se prima i treni a vapore, per loro stessa natura, garantivano un certo tipo di trasporto di necessità, sia per i passeggeri che per le merci, ora le nuove automotrici, con le loro caratteristiche di ripresa, velocità e confort di viaggio, invogliavano agli spostamenti anche a scopo prettamente turistico, come è già stato ricordato. Non solo, la Direzione della F.M.P. dimostrò grande attenzione e sensibilità anche alle esigenze dei numerosi pendolari che avevano iniziato a servirsi del treno in numero crescente per motivi di lavoro e di studio. Fu proprio in quest’ottica che venne accolta con favore, da parte della Direzione, addirittura la richiesta di istituire una nuova fermata in corrispondenza della frazione La Rotta del comune di Marmirolo, tra le stazioni di S. Brizio e Roverbella. Di questa stazioncina, costituita da un semplice angusto fabbricato, battezzata la stazione più piccola del mondo, come è stato scritto, racconta Alessandro Muratori ricordando che “gli stessi viaggiatori interessati provvidero a costruirsi il marciapiede d’attesa e ad effettuare in brevissimo tempo i necessari movimenti di terra” — commentando giustamente — “altri tempi!”. Già dal 17 febbraio 1957 studenti e pendolari di La Rotta ebbero garantita la fermata di alcuni treni viaggiatori negli orari prestabiliti.
Il 1957 risulterà un anno cruciale per la nostra ormai lanciata ferrovia, sia in senso positivo sia purtroppo anche in senso negativo.
Nel marzo di quell’anno, dopo brevi trattative, venne firmato un accordo molto importante tra il Consorzio F.M.P. e le Ferrovie dello Stato. Le Frecce dei due laghi, cioè le tre automotrici bianche e azzurre ricostruite dai resti delle sfortunate automotrici Ansaldo, furono abilitate a percorrere i binari della storica strada ferrata Ferdinandea, cioè la Venezia-Milano, per poter collegare Mantova direttamente con Brescia. A partire dal 31 marzo 1957 due coppie di treni giornalieri, in orari intelligentemente studiati con particolare attenzione ai pendolari e agli studenti, effettuavano il collegamento Mantova-Peschiera-Desenzano-Lonato-Brescia e viceversa. Si concretizzava ulteriormente, sempre in grande ritardo, quell’aspirazione di Mantova ad essere collegata a Desenzano e a Brescia. Era dalla soppressione nel 1935 della tranvia a vapore Ostiglia-Mantova-Castiglione (da qui la diramazione per Desenzano)-Brescia, che Mantova aveva perduto la possibilità del collegamento. Fatti i conti, non solo i Mantovani potevano ora giungere a Brescia prima delle 8.00 del mattino, ma aspettando la coincidenza, riuscivano a raggiungere Milano in minor tempo che utilizzando la malservita ferrovia Mantova-Cremona-Codogno-Milano, ancora non elettrificata. Il 24 febbraio 1957, un mese prima dell’accordo della F.M.P. con le F.S., finalmente, era stata inaugurata, alla presenza del presidente Giovanni Gronchi l’elettrificazione completa della Milano-Venezia. La prima vera importante ferrovia italiana, portata a termine cento anni prima, nel 1857, a spese dell’impero Asburgico, quasi per una sorta di vendicativa nemesi storica, veniva elettrificata per ultima.
Dal balcone delle case ferrovieri di Desenzano, dove ero venuto tredicenne ad abitare proprio in quell’anno dalla nativa Ostiglia, cominciai a veder transitare, poco dopo le sette di ogni mattina, la “Mantovana” bianco-azzurra, l’unica con colori così diversi dal castano-isabella o tutto castano delle vetture F.S. del dopoguerra. Perfino il suono della tromba, che il macchinista a volte azionava prima di entrare in deviata sul terzo binario di Desenzano, sembrava avere una tonalità allegra, diversa dal fischio a volte rauco dei locomotori. Diventerà negli anni seguenti il treno preferito dagli studenti di Desenzano per Brescia, anche per il ritorno di chi aveva scuola solo al mattino, per essere riportato a casa poco dopo le 13.00.
L’accordo della F.M.P. con le FS per collegare Mantova a Brescia aveva validità fino al 1967, con possibilità di ulteriore proroga. La cosa diventerà impossibile per l’assurda e immotivata chiusura della linea Mantova-Peschiera, sopraggiunta in quell’anno.
Quando tutto sembrava andar bene sia per il Consorzio sia per le popolazioni rivierasche del Mincio, che finalmente avevano una ferrovia all’altezza dei tempi, successe un grave incidente. Uno di quegli incidenti dovuti ad un errore umano che a volte hanno segnato le ferrovie private, anche recentemente, come il 12 luglio 2016 sulla linea a binario unico Bari-Barletta.
Era la domenica 7 luglio 1957.
“A causa del mancato rispetto di un incrocio, due treni si scontrarono frontalmente in piena linea tra le stazioni di Pozzolo e Valeggio causando un morto e quattordici feriti. Il trenò116’ formato dal locomotore a carrelli LD 12, dalla rimorchiata a carrelli ABz 1 e dalle due vetture a due assi, viaggiante nella direzione Mantova-Peschiera, giunto in perfetto orario alle 13,23 nella stazione di Pozzolo, avrebbe dovuto attendervi l’automotrice in arrivo da Brescia, formante il trenò117’, per il regolare incrocio. Inspiegabilmente il capotreno del’116’, responsabile del movimento, diede l’ordine di partenza senza che nessuno si avvedesse dell’errore. Contemporaneamente il trenò117’, costituito dall’ALn 72 403, da Valeggio ripartiva per Pozzolo. Lo scontro avvenne in curva (proprio come quello di Andria ricordato sopra — N.d.R.) e questa circostanza, se impedì ai conduttori di scorgersi reciprocamente in tempo prima del cozzo, fece sì che questo accadesse durante un rallentamento. Soltanto all’ultimo momento infatti i macchinisti, avvistatisi, poterono azionare la frenatura rapida, anche se ciò non valse ad evitare la tragedia che ne seguì. L’automotrice si impennò e col carrello anteriore andò a schiacciare la cabina di guida del locomotore, causando la morte del macchinista. A sua volta la rimorchiata a carrelli schiantò la parte posteriore del Diesel. I soccorsi furono immediati e i 14 feriti trasportati negli ospedali di Mantova e Valeggio.” Così scriveva Alessandro Muratori.
La linea rimase interrotta per qualche giornata e furono sospesi i collegamenti diretti con Brescia.
Il servizio Mantova-Peschiera riprese tre giorni dopo, il 10 luglio, mentre quello con Brescia venne nuovamente attivato il 13 dello stesso mese. La carrozza a carrelli fu riparata nell’officina della F.M.P. a S. Antonio Mantovano, mentre l’automotrice ALn 72 403 fu inviata alle Officine Meccaniche della Stanga di Padova, da cui era uscita nuova fiammante solo pochi mesi prima. Sorte diversa, migliorativa, subì il locomotore LD 12. Per merito dell’ingegnoso Capo deposito Mario Piccardi questo venne ricostruito con una carrozzeria simile, seppur ridotta nelle dimensioni, al locomotore FS E 424, mantenendo comunque i due carrelli con le due semi-cabine simmetriche snodate e unite da un soffietto a fisarmonica. Per qualche tempo, fino al gennaio del 1958, venne riaccesa, per l’effettuazione di alcuni convogli merci, l’ultima locomotiva a vapore, delle quattro iniziali, da tempo accantonata: la FMP 004.
Si levarono però voci critiche sulla sicurezza della linea. Voci interessate più a far credere all’opinione pubblica che la linea, così com’era, non poteva avere futuro. Si poteva quindi pensare di chiuderla e sostituirla con un servizio di corriere. Tempo 10 anni e i poteri forti l’avranno vinta.
Continua
Nella prima immagine la foto aerea del drammatico incidente: il piccolo locomotore LD 12 è rimasto schiacciato tra l’automotrice e la carrozza a carrelli che trainava. Nella seconda immagine il diretto Mantova-Brescia composto dalla ALn 64 402, lascia la stazione di Peschiera FMP (visibile dietro), e si porta sul binario della VE-MI per raggiungere Brescia (da collezione Alessandro Muratori).
Prima pubblicazione il: 28 Dicembre 2021 @ 16:59
Vai articolo originale: http://www.gardanotizie.it/laccordo-con-le-fs-per-la-relazione-diretta-mantova-peschiera-brescia-e-viceversa/