Riflessioni con sguardo scientifico sulle conseguenze psicologiche e sociali della pandemia in atto
La pandemia Covid19 ci ha riportato al secolo scorso, quando entrammo nel primo conflitto mondiale nel maggio del 1915, anche allora come in questo dramma, la guerra aveva interessato l’anno prima altri paesi, non noi che fino all’ultimo abbiamo sperato di non essere coinvolti, ma lo siamo stati, troppo contigui per sperare di non esserlo. Anche la Cina era molto vicina, soprattutto Lombardia e Veneto per gli strettissimi legami industriali. La bergamasca e il bresciano sono state le nostre Caporetto, dove l’attacco del virus ha causato più morti e si è rischiato che potesse dilagare nel resto dell’ Italia in maniera drammatica. Così non è stato le regioni colpite sono diventate per disposizione del governo “zone rosse”, poi estese a tutto il paese. Ormai la guerra al virus era totale e anche le “retrovie” potevano subirne le conseguenze. I virologi sono diventati i nostri generali, i medici gli ufficiali, gli infermieri e inservienti graduati e truppa; i “mezzi bellici” erano farmaci vari dispositivi respiratori, plasma e mascherine. Sul fronte sono state allestite tende da campo e si sono moltiplicati locali d’isolamento per le terapie intensive. I generali i “tecnici del settore”, non hanno brillato per i loro pareri contraddittori sui mezzi migliori da usare, sull’origine del virus e sulle sue capacità di diminuire la virulenza e di resistere nel tempo; anche nel 15/18 hanno brillato più gli ufficiali e i soldati dei loro generali, e allora come ora i disturbi post traumatici da stress e i morti sono stati numerosi, come al fronte lontani dal conforto dei familiari, in solitudine, ammucchiati e avvolti in teli prima di essere caricati sui camion militari. Ci siamo resi conto come questa pandemia abbia provocato nella massa, come nei singoli, reazioni non previste, dove la paura spesso ha offuscata la razionalità. Le persone, infatti, sono state prese talvolta da una “psicosi collettiva”, disorientate anche dai messaggi contraddittori, un po’ come quello che accade in un branco di animali, dove anche una sensazione di un pericolo improvviso dai contorni non ben definiti e potenzialmente mortale scatena il panico con effetti devastanti; una reazione a “corto circuito”, del cervello rettile, che rappresenta la parte filogeneticamente più antica. Grave l’impatto del Covid19 sull’innescare o aggravare la depressione maggiore, si calcola che in poco più di sei/sette mesi ci siano stati 70 suicidi, dove il fattore scatenante è stata la grave crisi economica. Anche le psicosi fobico/ossessive sono aumentate per lo stato di precarietà globale che porta soggetti più fragili ad un aumentato stato d’ansia che è dovuto al prolungarsi dell’infezione, che colpisce indiscriminatamente politici e celebrità dello spettacolo e dello sport. E’ stato comune anche avvertire “sintomi immaginari” che venivano ripetutamente elencati nelle televisioni e nei mezzi di comunicazione. Dall’altro, in contrapposizione è nato uno stato di fatalismo pericoloso, che porta ad “abbassare la guardia al virus”, circa il rifiuto del distanziamento sociale e l’uso continuo della mascherina. Solo gli psicotici non risentono di tutti questi gravi accadimenti in quanto già vivono in una loro realtà impermeabile agli eventi esterni. La mancanza di relazioni ha portato inevitabilmente ad una maggiore riflessione sulle problematiche interne ed esterne, a riscoprire di avere “tempo” per coltivare aspetti diversi, utili per una crescita della personalità, prima rallentata da molteplici rapporti, ai quali molte persone hanno dovuto rinunciare.
Tito Gattoni, psichiatra, psicoterapeuta e criminologo, ha lavorato presso l’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione Delle Stiviere, anche come primario in reparti maschili e femminili, dove ha fatto diverse pubblicazioni scientifiche da solo e con altri autori, si è interessato ad una riforma della legge 180 insieme ad associazioni di famigliari di ammalati mentali. Ha frequentato numerosi corsi di formazione in psicoterpie brevi ed è stato docente al Master sulla Mediazione Familiare dell’università Cattolica di Brescia. Ha scritto un saggio autobiografico “follia e Criminalità”, sulle sue esperienze maturate in molti anni presso la struttura giudiziaria di Castiglione Delle Stiviere, un romanzo giallo “L’Enigma di Tyron”, come metafora della vita, dove crimine, avventure di vario genere, disturbi mentali e mistero si intrecciano nelle vicende del protagonista, e in ultimo “La Ruggine Dell’Anima, L’Ansia e le sue storie” dove a considerazioni sulla Meccanica Quantistica e le sue implicazioni nelle malattie in genere, si descrivono casi clinici, trattati con farmaci tradizionali uniti a un trattamento psicoterapico cognitivo/analitico. Tutti e tre i libri sono stati editi da Liberedizioni (BS).
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