La macchina del fango, anche a San Felice

Lo so… sono cose vecchie che stufano… lo so… ma chi non vive la “macchina del fango” non può capire bene le parole di Saviano di ieri sera.

Non per me, ma per chi vive ed ha vissuto sulla sua pelle la “macchina del fango”  è bene non dimenticare quando “il metodo Boffo” fu usato a San Felice per far fuori politicamente e umanamente Michela, vera, genuina novità positiva nella politica di San Felice.

Sono passati quasi quattro anni dal 30 novembre 2006 e credo che molti dovrebbero non solo vergognarsi dei propri atti ma anche chiedere scusa, a partire da quelli che oggi sono ancora seduti in Consiglio Comunale fra i banchi di maggioranza e di opposizione.

Vi riporto, per aiutare a capire, come agi la “macchina del fango” a San Felice.

Il 30 novembre 2006, all’inizio del consiglio comunale, la consigliere Berlendis chiede la parola per mettere al corrente il consiglio “di un fatto molto grave”. Autorizzata dal presidente Florioli, sebbene all’ordine del giorno non fossero previste comunicazioni, la consigliere Berlendis legge un documento, che poi venne anche pubblicato sul sito internet Vivere San Felice Portese Cisano.
In quel documento si parte da un fatto reale, ovvero che il 16 ottobre 2006 l’ing. David Vetturi, mio marito, ha presentato una richiesta di parere preliminare circa l’ampliamento e la riorganizzazione dei volumi, per una casa in San Felice del Benaco. La richiesta venne firmata e timbrata personalmente da David Vetturi, regolarmente iscritto all’albo degli ingegneri, tuttavia presentata su carta intestata della Brescia Progetti società di ingegneria srl, di cui anch’io sono socio.
La signora Berlendis parte dunque da questo fatto, per proseguire poi con un processo alle intenzioni e con accuse diffamatorie nei miei confronti: secondo lei io avrei messo in piedi un’associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata a trarre profitto dalla mia posizione privilegiata.
Nel documento della minoranza si arriva ad affermare che “qui non si sia capita una cosa fondamentale, e cioè che si amministra la “RES PUBLICA” e non casa propria (che da altre parti è COSA NOSTRA): e non si può fare l’interesse delle proprie società, o dei propri parenti amici o colleghi, coi soldi dei cittadini”. E chiede le mie dimissioni.

È evidente che, sul piano politico, si è trattata di una ingenuità, ma non si configura alcun tipo di reato o di violazione del testo unico degli Enti Locali, come invece sostenuto dalla minoranza.

Infatti l’esposto al Prefetto, inoltrato dalla minoranza, non ha portato a rilevare alcun illecito.

Le questioni di trasparenza sollevate da Michela

Una delle questioni centrali per comprendere il susseguirsi degli avvenimenti riguarda il tema dell’edilizia economico-popolare.
Nel 2005 si era costituito a San Felice un comitato per la casa, che si era fatto promotore di una richiesta di interventi di edilizia economico-popolare, per poter disporre di edilizia abitativa a prezzi calmierati rispetto al libero mercato.
Cosciente del fatto che il tema della casa fosse una delle priorità da affrontare, io fin dall’inizio ho cercato di capire quali fossero le effettive esigenze di queste persone e prospettai una soluzione, che consisteva nel fare un intervento di edilizia convenzionata in un’area tra via Sissiline e via San Fermo. L’ipotesi era quella di realizzare, tramite un Programma Integrato di Intervento, su un’area di circa 12.000 mq, 10.000 mc di volumetria, ripartiti in questo modo: 7.000 mc di edilizia convenzionata da vendere a 1.600 €/mq e 3.000 mq di edilizia privata (la contropartita per il proprietario che cedeva l’area per l’intervento, che doveva anche impegnarsi a realizzare il collegamento fognario a lago).
L’assegnazione degli alloggi avrebbe dovuto avvenire, in modo trasparente, mediante graduatoria, gestita dal comune, sulla base di criteri stabiliti dall’amministrazione comunale.
Era la fine di dicembre 2005 quando io presentai alla cittadinanza, in un incontro pubblico, questa ipotesi. All’inizio la soluzione non piacque, perché la zona, si diceva, non era delle migliori.
Allora ci fu un susseguirsi di incontri con la controparte privata, per migliorare la soluzione.
Il tutto accompagnato da un progressivo aumento delle richieste volumetriche da parte del privato. Io, di contro, rispondevo: va bene, aumentiamo un po’, ma io voglio il piano finanziario dell’intervento; voglio vedere nero su bianco qual è il beneficio della cittadinanza e dell’amministrazione e quale la contropartita per il privato.
Dopo mesi e mesi arriviamo all’ultima proposta da parte dei privati, che consiste in una richiesta di 13.500 mc, di cui 7.200 di edilizia convenzionata e 6.300 di edilizia libera (di cui 1.000 di artigianale), con un rapporto 53% edilizia convenzionata e 47% edilizia libera. Per chi non ha dimestichezza con i volumi, si sarebbe trattato, globalmente, di una cinquantina, tra appartamenti e villette, da circa 80 metri quadrati l’uno.

Questa ipotesi di intervento, partita da un’idea mia e della quale continuo a credere che potesse essere una buona soluzione, in un anno e mezzo si era trasformata in qualcosa di completamente diverso, come dimensioni e come rapporto pubblico-privato.
A ciò si erano inoltre aggiunti problemi procedurali, perché la provincia chiedeva, prima di intervenire con programma integrato di intervento, di trasformare l’area in area a standard. Per fare questo servirebbe una variante al piano regolatore.
Poiché nel frattempo erano finalmente partiti i lavori per il nuovo strumento urbanistico, il Piano di Governo del Territorio (PGT), io comincio ad esprimere in giunta perplessità circa il procedere in questo modo, che presuppone un canale preferenziale per questo intervento e non per altri che nel frattempo ci erano stati prospettati attraverso le istanze presentate per il PGT.
Perché non aspettare dunque direttamente il PGT e prendere in considerazione soluzioni diverse, per scegliere quella più vantaggiosa per la nostra gente? I tempi, necessari per procedere, a mio parere sarebbero stati analoghi.
Ma la mia posizione a qualcuno non piace.
A qualcuno non piace che io faccia storie sul portare avanti questa che è diventata un’operazione da parecchi milioni di euro.
Quando, in giunta, faccio i conti sul valore dell’intervento, che sicuramente supererebbe gli 8 milioni di euro (16 miliardi di vecchie lire), il sindaco mi dice che lui non ci ha mai pensato.

Durante una giunta molto accesa, aperta a tutti i consiglieri di maggioranza, il 10 novembre 2006 io chiedo per l’ennesima volta che si affrontino problemi concreti, legati al fatto che dietro questa operazione, che avrebbe dovuto risolvere il problema della casa per i giovani di San Felice, ci sono i nomi dei soliti noti (con il supporto dei loro referenti politici) che hanno fatto tutti quegli interventi edilizi degli ultimi anni che tanto fanno arrabbiare la minoranza della Berlendis (lottizzazione Pozze, Residence dietro la chiesa di Portese…).
Questioni di cui avevo ripetutamente parlato con il sindaco (vi lascio immaginare con quali esiti) e che era stato concordato venissero sollevate in giunta dalla capogruppo. In giunta nessuno parlò di questi argomenti e come al solito fui io a doverci mettere la faccia per sollevare la discussione.

L’epilogo

No, non mi sono sbagliata. È vero che abbiamo già parlato dei fatti del 30 novembre 2006, ma dobbiamo tornarci, per chiudere il cerchio.

Il 30 novembre 2006 la minoranza mi attacca in consiglio comunale dicendo che io lavoro per la mia associazione a delinquere finalizzata a fare arricchire parenti, amici, colleghi….
E guarda caso il presidente del consiglio, che ha dato la parola alla Berlendis perché leggesse il suo documento, era al corrente di dove sarebbe andata a parare. Dopo il consiglio comunale Florioli ammise di essere al corrente da tempo dell’esistenza della pratica presentata da mio marito, della visura camerale sulla società Brescia Progetti e di averne pure messo al corrente la consigliere Paola Cavedaghi, chiedendole di non parlarne con nessuno. Florioli arrivò pure a scrivere ciò in una lettera che mi inviò il giorno successivo.

Chi aveva fatto queste “indiscrezioni” al presidente del consiglio? O ancora, il flusso delle informazioni è avvenuto proprio in questa direzione o al contrario? Fu Berlendis a informare Florioli prima del consiglio comunale o fu il contrario?
Chissà.

Durante un consiglio comunale successivo, il 30 gennaio 2007, ho chiesto ai consiglieri di minoranza che mi avevano attaccato di riflettere su quanto da loro sostenuto, e dissi:
Ma è mai possibile che persone come lei, consigliere Berlendis, o il consigliere Maruelli, che siete stati amministratori di questo comune in passato, o anche la consigliere Robusti, presidente della Polisportiva, abbiate una visione del mondo amministrativo che ruota esclusivamente attorno al denaro?
Non interessano i contenuti di ciò che si fa, si va solo e sempre a parare sulle questioni legate al denaro. Non è ammissibile nel vostro mondo che una persona faccia qualcosa perché crede in ciò che fa.
Scusate, ma come si fa a non credere che questa visione distorta non sia il frutto della vostra personale esperienza?
Credo, al vostro modo di giudicare, si adattino bene le parole di De Andrè, quando cantava: ”Si sa che la gente dà buoni consigli / se non può più dare il cattivo esempio”.
Sia ben chiaro che gli unici soldi del Comune di San Felice che sono entrati in casa mia sono i 147€ al mese che prendevo come indennità di carica come assessore e vicesindaco
”.

E avevo concluso la mia riflessione chiedendo se dietro questo accanimento nei miei confronti non vi fosse un preciso disegno finalizzato a sollevare un polverone per tornare ai vecchi tempi, quando tutto era gestito dai soliti noti.
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», scriveva Tomasi di Lampedusa. Ma lui parlava della Sicilia del 1860, non della San Felice del 2007….

Scusatemi se mi sono lasciata andare e sono passata, in queste ultime righe, dai fatti alle riflessioni personali.
Prendetele come uno sfogo. Niente più.

Vorrei chiudere sottolineando il fatto che, oggi, il mio atteggiamento critico nei confronti della maggioranza, non nasce certo dalla volontà di fare un “dispetto”, come la minoranza della Berlendis vuole fare credere dicendo che non si capisce come mai io voti contro, come è stato per esempio per il bilancio.
Non mi si accusi se oggi mi oppongo, in consiglio comunale, alle scelte, che non condivido, di una maggioranza di cui non faccio più parte, e che per correttezza ho invece sempre sostenuto nei due anni passati, nonostante le forti divergenze che manifestavo internamente durante le riunioni di giunta.
Anche il signor Maruelli è stato per anni sindaco con Florioli in giunta e oggi critica e vota contro (non sempre).
Anche la signora Berlendis è stata per anni vicesindaco di Florioli e oggi critica e vota contro (non sempre).

Vai articolo originale: http://laltrasanfelicewp.wordpress.com/2010/11/09/la-macchina-del-fango-anche-a-san-felice/

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