Si chiarisce con il passare delle ore la dinamica della violenta rissa scoppiata ieri a mezzogiorno in un bar del lungolago di Desenzano. I carabinieri hanno identificato tutte le persone che hanno avuto un ruolo nella zuffa e attendono di capire se e come verranno sporte delle querele. Sia da parte della bariste, due sorelle cinquentenni, e dei loro figli, tra cui un minorenne, sia da parte della famiglia di turisti campani. Tutti refertati in pronto soccorso.
Il giorno dopo infatti è stata una delle due sorelle a prendere il telefono e chiamare in redazione, raccontando quanto ha vissuto insieme ai familiari e fornendo una versione diversa da quella inizialmente ricostruita: «Ieri mattina ero al lavoro con mia sorella e i nostri figli, il mio di 17 anni e il suo di 21». Dato il grande afflusso di persone, attorno a mezzogiorno, il bagno si è intasato e il più grande dei due ragazzi, con gli arnesi del caso, si è messo al lavoro per sturarlo. «Mentre mio nipote era dentro il bagno per rimetterlo in funzione una famiglia si è seduta ai tavolini, ha preso due caffè e chiesto di andare in bagno. Quando ho spiegato che avrebbero dovuto aspettare un quarto d’ora che terminasse la riparazione hanno cominciato ad urlare, dicendo che la ragazza era incinta e che avrebbero chiamato i carabinieri se non le permettevo di usare il bagno. Ho provato a spiegare – precisa la barista – che non si poteva far entrare una donna incinta in un bagno in cui il water rimandava indietro l’acqua e che se avevano fretta gli avrei ridato i soldi dei caffè e potevano andare in un altro locale».
La tensione a quel punto si è alzata ancora, i due uomini, padre e figlio, si sono diretti verso il bagno. «In quel momento mio nipote è uscito dal bagno ed è stato aggredito e anche mio figlio che è intervenuto per aiutarlo». Secondo la barista e la sorella «sembrava di essere in un film, ci hanno tirato contro tazze e bicchieri, mia sorella cercava di portare via suo figlio e loro lo picchiavano con violenza, prendevano a calci mio figlio che era a terra, gli picchiavano sulla testa un posacenere di ferro». La barista racconta che a quel punto, terrorizzata, «ho chiamato i carabinieri ma non arrivavano, stavano massacrando i nostri ragazzi. Mi sono messa in mezzo e il padre mi ha spinto contro la vetrina e mi ha rotto una costola, mia figlia di 13 anni gli ha chiesto di smettere e quest’uomo le ha detto che l’avrebbe ammazzata». La barista racconta poi di essere «corsa nel presidio di polizia più vicino, la tenenza della Finanza di Desenzano che è a pochi metri dal nostro bar. Il militare che c’era mi ha detto che non poteva lasciare la caserma sguarnita e io gli spiegavo che stavano massacrando mio figlio e che nessuno interveniva»
A quel punto il nipote della barista ha preso un pugno in faccia e «riportato la frattura del setto nasale. La famiglia a quel punto si è allontanata e mia sorella e suo figlio, pur feriti, li hanno inseguiti fino al parcheggio e convinti a tornare al bar dato che stavano arrivando i carabinieri. Io a quel punto ero con mio figlio sull’ambulanza e ho visto la donna che fino ad un attimo prima stava picchiando e scappando che si faceva medicare dagli infermieri».
C’è però un ulteriore aspetto che, per le sorelle che gestiscono il bar, lascia l’amaro in bocca e si aggiunge al dolore per la violenza subita. «A mezzogiorno di ferragosto sul lungolago di Desenzano c’erano tantissime persone. Tutti fermi fuori dal bar, tutti vedevano che ci stavano massacrando ma nessuno è intervenuto, io ho dovuto correre dalla finanza, io ho chiamato i carabinieri che hanno impiegato tantissimo tempo per arrivare».
Nelle ore successive tutte le persone coinvolte sono state medicate e refertate in ospedale e ora toccherà ai carabinieri, nel caso le bariste sporgano querela di parte contro la famiglia di turisti o nel caso in cui siano i turisti a denunciare le bariste e i loro figli, chiarire quando accaduto ed attribuire a ciascuno ruoli e responsabilità. La zuffa di Ferragosto insomma sembra destinata ad approdare in Tribunale.
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