Meno di 45 minuti per ribadire un pensiero mai cambiato in tre settimane. «Non ho visto quella barca e non mi sono reso conto». Lo ha detto anche ieri mattina Patrick Kassen, durante l’interrogatorio che il 52enne tedesco ha affrontato in carcere davanti al gip Andrea Gaboardi che aveva firmato il suo arresto.
Per ora resta in cella il manager che il 19 giugno era ai comandi del motoscafo Riva che al largo di Portese ha travolto il gozzo sui cui erano fermi Umberto Garzarella, 37 anni e proprietario della piccola imbarcazione, e Greta Nedrotti, di 25. Uccisi in seguito al pauroso scontro. «Non abbiamo chiesto i domiciliari» ha confermato l’avvocato Giorgia Menani che con il collega di studio Guido Sola difende il tedesco.È un po’ in subbuglio, ma sta bene. Ha risposto a tutte le domande del giudice» ha aggiunto la legale.
La detenzione in carcere secondo il giudice è «l’unica misura idonea a neutralizzare il pericolo di reiterazione del reato, in mancanza della disponibilità di un domicilio sul territorio italiano». Altre misure sarebbero «del tutto insufficienti ad assicurare un costante controllo dei comportamenti dell’indagato e a scongiurarsi il ripetersi delle condizioni (tra cui principalmente l’abuso di alcol e la disponibilità di natanti di discreta stazza e potenza) che hanno reso possibile il verificarsi dell’incidente mortale oggetto di addebito» scrive il gip nella sua ordinanza.
Lo stesso giudice affronta anche il tema della pena che potrà essere comminata «non soltanto insuscettibile di sospensione condizionale, ma – si legge nell’atto firmato dal giudice per le indagini preliminari – anche certamente superiore ai tre anni di reclusione, in considerazione dell’importanza delle regole preventive violate, dell’ingente grado di colpa, del franco stato di ubriachezza al momento del fatto, del censurabile comportamento tenuto in epoca immediatamente susseguente all’incidente, nonché del numero di vittime».
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