Isola del Garda, dal sogno di lady Charlotte un angolo di paradiso nel cuore del Benaco

I colori vivaci di una natura curata e avvolgente. La luce limpida che sembra assorbire i riflessi del lago. Il silenzio che ferma il tempo. La percezione di trovarsi in un posto carico di storia. Appena sbarcati nella darsena, accanto alla torre progettata da Rodolfo Vantini nel 1830, si viene assaliti dalla magia del luogo. Uno scenario incantevole, scaturito nei secoli dall’opera della natura assecondata, guidata, cesellata dalla mano degli uomini e delle donne che hanno amato e vissuto in questo posto.

L’Isola del Garda è una perla privata ma aperta al pubblico. Sede di eventi, meta di visite guidate. Trentamila persone l’anno, una cinquantina di eventi, non di più, per scelta precisa dei proprietari, la famiglia Cavazza, attenta a rispettare l’equilibrio delicato dell’Isola. Nei giorni scorsi questa lingua di terra, staccatasi diciotto secoli fa dalla terraferma a causa di un terremoto, ha perso la sua custode, Charlotte Chetwynd Talbot. La lady che dagli anni Ottanta in poi ha fatto rinascere e letteralmente rifiorire l’Isola. Una contessa inglese di 84 anni, dotata di straordinaria forza e intelligenza, rimasta vedova nel 1981 del marito Camillo Cavazza a soli 43 anni con sette figli da crescere. Sigmar, Livia, Eric, Ilona, Alberta, Christian e Lars, che da sempre condividono l’impegno e la passione della madre per l’isola.

Il giardino

«Da bambini aveva assegnato un pezzetto di terra ad ognuno di noi fratelli perché la curassimo» racconta Alberta Cavazza sulla terrazza che guarda la Rocca di Manerba, indicando il giardino all’inglese sottostante. Bellissimo. Quarant’anni fa era un orto. Dalla sua terra, nella contea di Stafford, Charlotte aveva importato l’amore per la natura e i cavalli. «Mia madre decise di trasformare l’orto in giardino, curandolo personalmente. Amava in particolare le rose e le dalie. Voleva riportare il giardino alla bellezza degli anni Venti, quando era stata costruita la serra». Aveva da poco perduto il marito. «Con mio papà c’era un rapporto inscindibile» dice Alberta. Si erano conosciuti a Roma e sposati nel 1965. Fra i tanti proprietari dell’Isola succedutisi furono i primi a decidere di vivere qui. «Mia madre ha curato questo posto per amore del marito e di noi figli, proteggendo l’Isola, la villa, l’ambiente. Ci ha trasmesso questo impegno. Porteremo avanti l’attività». Lady Charlotte, sottolinea, era «una donna forte, dinamica, con un grande spirito giovanile». Sua l’idea di spalancare le porte all’esterno.

Mantenere curata l’Isola richiede molte risorse. Nel 2001, sull’esempio di quanto facevano da tempo gli aristocratici inglesi con i loro castelli, lady Charlotte decise di aprire la villa al pubblico. «Non ci interessa speculare, ma senza eventi e visite guidate – specifica Alberta – non saremmo in grado di fare i restauri necessari e mantenere così il verde. Non è vero quanto è stato detto o scritto relativo ai prezziari e sul fatto che lo facciamo per guadagnarci».

La storia

L’Isola del Garda è monumento nazionale. Qui lavorano quattro giardinieri e un restauratore, i custodi e due persone per le mansioni casalinghe oltre alle guide assunte dalla famiglia. La villa si sviluppa su sette piani; realizzata fra il 1890 e il 1903, è costruita su terrazze. Il giardino, invece, si presenta su cinque livelli. «Il nostro prossimo obiettivo – rivela Alberta Cavazza – è il recupero delle cantine, vicino alle grotte. Non vengono usate da tempo. Ci piacerebbe sistemarle per ospitare mostre d’arte».

L’Isola è uno scrigno di storia religiosa e spirituale, civile, familiare. Nel 1221 qui si ritirò a pregare San Francesco, stabilendo un eremo nelle grotte naturali affacciate a nord est. Pochi anni dopo accolse le meditazioni di San Antonio da Padova. Dante Alighieri la cita nel Canto XX dell’Inferno (versi 67-69). Nel 1420 San Bernardino da Siena, dopo un periodo di eremitaggio in una delle caverne, approvò la costruzione del convento, premessa per la plurisecolare presenza di una scuola di formazione dei novizi francescani. Fino all’esproprio nel 1797 ad opera della laicissima Repubblica Cisalpina. Poi l’Isola è passata in proprietà a famiglie che hanno lasciato un’impronta sulla storia risorgimentale, come i bresciani Lechi; a facoltosi banchieri come Gaetano De Ferrari; ad aristocratici come Scipione Borghese (marito di Anna Maria De Ferrari, figlia unica di Gaetano), protagonista del raid automobilistico Parigi-Pechino nel 1907. La figlia Livia Borghese nel 1920 si unì ad Alessandro Cavazza e dal loro matrimonio nacque Camillo, sposo di Charlotte nel 1965. E siamo all’oggi.

Questo luogo è una perla bisognosa di continue attenzioni. «Storia, natura e anima: sono le tre parole che definiscono l’Isola del Garda» dice Alberta. Negli ultimi anni la richiesta di eventi è molto aumentata. Tiene il turismo tedesco, ma si sta affacciando con forza quello americano, segnala. L’incanto dell’Isola affascina chiunque, grazie all’equilibrio fra il verde spontaneo, la natura modellata dall’uomo e l’architettura. Il palazzo, edificato sopra una villa agreste a sua volta erede di un convento, è uno splendido esempio di eclettismo che mescola richiami orientali, gotico e barocco. Un pezzo di Venezia nel Garda.

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