Incidente nautico, uno dei due tedeschi sulla tomba di Umberto

Dall’articolo di giornale al messaggio sul telefono. Fino all’incontro vero e proprio. Poteva e doveva accadere sei mesi fa. È successo solo domenica. Un’ora intensa davanti ad una lapide piena di fiori e con un palloncino messo lì per festeggiare il compleanno di chi non c’è più. «È stato un momento emotivamente molto pesante, devastante» ammette Ezio Garzarella. Che domenica nel cimitero di Salò sulla tomba di suo figlio Umberto, che il 19 dicembre avrebbe compiuto 37 anni, ha incontrato Christian Teismann, uno dei due uomini accusati della morte del ragazzo, deceduto quest’estate con la 24enne Greta Nedrotti, nell’incidente nautico sulle acque del Lago di Garda.

Erano in due a bordo del motoscafo Riva che viaggiava a velocità quattro volte oltre il limite e che dopo l’impatto non si è fermato. Patrick Kassen, papà Garzarella lo aveva incrociato ad ogni udienza del processo fin qui celebrata, mentre Christian Teismann a Brescia non si è mai fatto vedere. Nemmeno ieri era presente in aula.

L’incontro

EMBED [Greta Nedrotti e Umberto Garzarella, vittime dell’incidente nautico del 19 giugno 2021]

«Non sapevo che faccia avesse, come era fatto». L’unico segnale era arrivato da quella lettera scritta a computer e non firmata, inviata alle famiglie delle vittime qualche giorno dopo quel maledetto 19 giugno. «Una lettera vergognosa» venne definita. Giovedì scorso, fuori dal Palazzo di giustizia era stato proprio Ezio Garzarella a lanciare l’appello dalle pagine del nostro giornale: «Vorrei che Teismann venisse domenica al cimitero a portare un ricordo per Umberto, per onorare la memoria di mio figlio e di Greta».

L’incontro è avvenuto, preceduto da uno scambio di messaggi tra i legali del tedesco e quelli della famiglia del 37enne bresciano. «Abbiamo letto l’articolo di stampa e se la volontà del suo assistito è quella di vedere Teismann lui ci sarà. Chiediamo però massima riservatezza» il testo del messaggio WhatsApp. All’appuntamento il padre di Umberto non era solo. «Con me c’era la mia compagna Paola che mi ha dato la forza perché senza di lei non sarei mai riuscito a reggere il peso e che oggi è il mio riferimento» racconta.

Le scuse

EMBED [La barca di Garzarella, distrutta dopo l’incidente]

«Teismann si è presentato con un mazzo di rose bianche, ma sono particolari ai quali non ho badato. Volevo guardarlo negli occhi, volevo fissare chi mi ha ucciso il figlio e capire cosa potesse provare. Mi sono trovato davanti una persona diversa da quello che mi ero immaginato e che avevo conosciuto solo dagli atteggiamenti successivi all’incidente e dalle carte del processo. Non perdono, non lo posso fare, ma gli riconosco di avere avuto il coraggio di metterci la faccia davanti alla tomba di Umberto».

Christian Teismann, accompagnato dal miglior amico e testimone di nozze che gli ha fatto pure da interprete, è apparso provato. «Non abbiamo parlato della dinamica di quanto accaduto e nemmeno mi interessava. Gli ho chiesto se ha figli e se solo può immaginare cosa stia provando un genitore. Mi ha detto che ha due bambini piccoli. E mi ha chiesto scusa. Si, mi ha detto scusa e spero sia stato sincero. Resto convinto che anche lui come l’altro imputato stia soffrendo per quello che è successo. Ma io ho perso un figlio e da quella sera per me è cambiato il mondo – è il pensiero di papà Ezio -. Io lavoravo con Umberto ogni giorno. Era il pilastro della nostra attività che dopo la tragedia ho chiuso. Forse ho sbagliato, ma non me la sono sentita di andare avanti. Ora sto ristrutturando la casa di mio padre a Bagolino. Era un progetto che avevamo con Umberto e lo porto avanti. Di giorno lavoro, non ci penso, ma la notte è infinita e sto male. Piango e non mi do pace. Dio, quanto mi manca Umberto» dice Ezio Garzarella dietro una mascherina che non nasconde la sofferenza.

La promessa

EMBED [Il processo]«A Teismann ho indicato sulla tomba il cognome Garzarella e gli ho detto che per noi è tutto finito. Io mio padre l’ho accompagnato al cimitero a 91 anni e lo ho fatto a testa alta, ma sopravvivere ad un figlio, peraltro morto così, non è umano». Christian Teismann, manager della più grande azienda al mondo che produce computer, proprietario del motoscafo Riva che ha travolto il gozzo sui cui erano fermi i due giovani, avrebbe anche fatto una promessa. «Mi ha detto che vorrebbe dare il nome di mio figlio ad un suo albergo, ma sono cose che non mi interessano. Così come i soldi che ho ricevuto dall’assicurazione non mi interessano: più ci penso e più mi convinco che avrei dovuto rinunciare e andare avanti nel processo. Gli ho spiegato che quei soldi li voglio usare per un progetto nel nome di Umberto, qualcosa di concreto che mi ricordi mio figlio, altrimenti non ha più senso nulla per me. Cosa mi ha risposto? Mi ha salutato dicendo: “Ci rivedremo”. E voglio credergli».

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