Ha riportato a casa il gozzo. Quello che ogni giorno da un anno a questa parte è al centro dei suoi incubi. «E lo brucerei, non riesco più a guardarlo soprattutto dopo che l’ho pulito, l’ho liberato di tutto e ho buttato via i giubbini macchiati di sangue. Mi sono seduto, ho chiuso gli occhi e ho rivisto mille volte quello che può essere successo».
Enzo Garzarella non riesce più a contenere dolore, delusione, rabbia. Anche odio ad un certo punto. «Non perdono, non perdonerò mai. Non riesco» dice dopo aver saputo che è tornato in libertà chi guidava il motoscafo che ha travolto la barca sulla quale c’erano suo figlio Umberto, 37 anni, e Greta Nedrotti, di 24, uccisi sul colpo un’estate fa nelle acque del lago di Garda.
EMBED [Leggi anche]Dopo 12 mesi di arresti domiciliari a Modena e dopo una condanna in primo grado a quattro anni e sei mesi, il tribunale ha infatti revocato la misura a Patrick Kassen che però non potrà accedere alle province di Brescia, Trento, Verona. Per i giudici si sono attenuate le esigenze cautelari e per questo, in attesa del processo d’appello, torna libero il manager tedesco che venne arrestato il 5 luglio di un anno fa dopo essersi costituito al Brennero e dopo aver ammesso che era lui alla guida del motoscafo di proprietà però dell’amico Christian Teissman, anche lui condannato per omicidio colposo a due anni e undici mesi, mentre entrambi sono stati assolti dalle accuse di naufragio e omissione di soccorso.
«Non mi cambia nulla sapere se ai domiciliari o libero. Davanti alla morte di un figlio non c’è condanna che tenga. Io sono morto dentro» commenta Enzo Garzarella, il padre di Umberto. «Mi ha sempre dato fastidio il loro atteggiamento perché secondo me non hanno mai detto come sono andate realmente le cose. Teismann per due volte ci ha messo la faccia ed è venuto sulla tomba di mio figlio. Gli ho detto di dirmi la verità, di smettere di mentire. Mi aveva promesso che avremmo fatto qualcosa insieme, ma non l’ho più sentito. Kassen nemmeno è venuto a Salò. Ha parlato a me e ai genitori di Greta in aula alla prima udienza e poi non una lettera, non una telefonata nell’anno in cui è stato ai domiciliari. E mi da fastidio. In questo – si sfoga Garzarella – mi sento preso in giro. Per il resto c’è la legge e il processo è stato fatto. L’unica cosa che dico ai due tedeschi è: fate qualcosa per gli altri. Per pulire il peso che avete dentro fate del bene, aiutate chi ne ha bisogno».
E il pensiero torna al figlio che non c’è più. «Umberto comunque non tornerà mai più indietro. Io sto faticando sempre di più, sto smontando i capannoni della nostra azienda e mi passano per le mani i suoi attrezzi, poi ho pulito il suo appartamento e c’era lui in quella casa. Mia figlia – prosegue Enzo Garzarella – voleva donare il gozzo a qualche associazione, io ho pensato di metterlo a disposizione per far imparare i bambini ad andare in barca. Ma poi mi sono fermato. È ormai una barca segnata da una tragedia che mi ha tolto tutto».
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