La recente indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano ha svelato un ampio sistema di accesso illecito a informazioni riservate, che avrebbe generato oltre 3,1 milioni di euro di profitti illeciti . Tra i principali coinvolti, figura anche la provincia di Brescia, colpita sia dal lato delle vittime del dossieraggio sia da quello dei presunti complici, tra cui Mattia Coffetti, 36enne tecnico informatico di Rodengo Saiano. Tra le vittime, invece, si segnala Giovanni Gorno Tempini, presidente della Cassa depositi e prestiti.
Le accuse: un’organizzazione informatica di accesso abusivo
Secondo le ricostruzioni dell’accusa, il gruppo, costituito da tecnici informatici e hacker, sarebbe stato organizzato per commettere “delitti di accesso abusivo a sistema informatico o telematico protetto da sistemi di sicurezza” . Coffetti, insieme a un altro tecnico informatico, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nelle intercettazioni telematiche, utilizzando software come “trojan” per inoculare strumenti di captazione informatica. Entrambi gli indagati avrebbero contribuito all’esfiltrazione e alla gestione dei dati sottratti dai database protetti nazionali . In qualità di esperto di cyber security, Coffetti ha inoltre aiutato il gruppo a rafforzare i propri sistemi di difesa informatica, permettendo al sodalizio di raggiungere un livello avanzato di protezione.
Il coinvolgimento dell’imprenditoria bresciana
Le indagini si sono estese anche a noti esponenti dell’imprenditoria bresciana. Giuseppe Battagliola, 67 anni, imprenditore di Manerbio con affari internazionali, è stato segnalato tra gli indagati per aver commissionato un dossier su membri della famiglia Battagliola e sulla società Linea Verde srl. Al momento, tuttavia, nei confronti degli indagati bresciani non sono stati adottati misure cautelari.
I profitti illeciti e l’estensione dell’attività di dossiaggio
L’inchiesta rivela come il network, con a capo Carmine Gallo, ex poliziotto e braccio operativo di Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera di Milano e titolare della società Equalize, avrebbe generato oltre 3,1 milioni di euro, con Equalize srl che ne avrebbe guadagnato 2,3 milioni. Secondo la Dda di Milano, il gruppo sfruttava la propria rete per accedere illegalmente a dati strategici nazionali e fabbricare dossier utilizzati per fini illeciti.
Un rischio per la democrazia
La Dda di Milano, guidata dal pm Francesco De Tommasi, considera questa attività di dossieraggio una seria minaccia per la democrazia italiana . La portata dell’inchiesta ha già portato, venerdì scorso, all’arresto di quattro persone e alla sospensione di altre due dal servizio. Secondo gli investigatori, l’operazione di smantellamento della rete di hacker rappresenta un passo cruciale per arginare un fenomeno che mette a rischio la sicurezza nazionale e i diritti fondamentali dei cittadini.
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