Il resto è rumore

RumoreCi sono libri che ti "saltano addosso", che sembra ti vengano a cercare quando tu non sapevi nemmeno che esistessero.

Ieri ero in libreria a cercare "Racconti Musicali"  l’ultimo libro di Carlo Boccadoro, dato che lo incontrerò domenica mi pareva carino leggere almeno qui e là della sua ultima raccolta di racconti, ma il libro non c’era e la commessa mi guida nella zona dedicata alla musica e mi chiede se per caso è questo "Il resto è rumore" di Alex Ross il libro che stavo cercando visto che è in vetrina e presume sia una novità.

Ovviamente ho lasciato perdere e mi sono aggirato per gli scaffali: riuscirò mai ad uscire da una libreria senza comperare nulla quando non c’è il libro che cercavo?

Ho puntato allora sullo "Stabat mater" di Tiziano Scarpa di cui ho letto una veloce recensione e che su IBS ha suscitato reazioni entusiastiche e stroncature decise.

Stavo per uscire e mi è tornato in mente quel libro in vetrina, sono andato a riprenderlo e ho riletto il sottotitolo "Ascoltando il XX secolo" e poi sul retro una citazione dalle prime pagine che dice più o meno "La storia non può spiegare la musica ma forse la musica può aiutarci a capire la storia": ok lo prendo. E mentre aspetto la ricevuta del bancomat leggo che Alex Ross è dal ’96 il critico musicale del New Yorker, candidato al Pulitzer (infatti il libro è scritto in modo impeccabile) e che tiene un suo blog e un sito dedicato al libro e alla discografia raccomandata.

Stamattina l’ho attaccato e cento pagine sono volate d’un soffio (ho smesso solo perchè Marina chiamava per il pranzo) e trovo proprio interessante l’intreccio tra la vita degli artisti, la storia dei primi del secolo, i tormenti sociali che si trasformano in note e accordi.

Curioso leggere di Puccini che in America ai primi del ‘900 in un a
casa privata chiede di ascoltare della musica "afroamericana" e poi si
ritrovano cadenze di ragtime nella Fanciulla del West che diventa la
prima eroina non decadente delle sue opere.

Quello che mi intriga è poi il fatto che della musica colta del ‘900
so proprio poco, rifiutando come molti, i suoni esageratamente
dissonanti, lo sperimentalismo esasperato, a volte il fastidio.

La musica è per me come un fiume di cui capisco e amo le sorgenti (arcaiche o medievali che siano) mi entusiasma quando
si apre in pianura (il periodo dal barocco alla fine dell’800) ma poi
anzichè sfociare nel mare presente, il fiume scompare per mezzo secolo
in una voragine carsica da cui riaffiora con il jazz e la grande musica
pop dagli anni ’60 a oggi.

Possibile che riesca ad amare tutta la musica, compresa la lirica ma
non quei cinquant’anni del secolo scorso? Certo non tutto mi piace,
faccio fatica con il punk metallico o con i lied, i recitativi della
lirica mi annoiano e la techno non mi emoziona ma possibile non
riuscire ad ascoltare Berg o Webern o Luigi Nono? Per poi magari dire
"mi piace" o "non mi piace" ma almeno provare un possibile percorso.

Alex Ross dice che è strano come di fronte all’arte figurativa del
‘900 riusciamo ad avere un largo consenso sulle opere astratte di
Pollock mentre Cage è ascoltato solo da pochi cultori. La sua
spiegazione è che di fronte ad un’opera d’arte figurativa possiamo
fermarci, tornare indietro, cercare diverse prospettive, la musica (a
meno di non ascoltarla a casa in modo metodico) ci presenta il suo
scorrere del tempo e con esso ci travolge.

Ci sono momenti in cui gli artisti di fine ‘800 cercano in tutti i modi nuovi percorsi sfidando le leggi della fisica, cercando suoni che contrastano con la nostra fisiologia, disposti a rischiare l’insuccesso (Mahler dirà che solo dopo morto lo capiranno o Schoenberg dirà che che se un’opera è accettata dal grande pubblico non è arte o Débussy che vorrebbe che la musica fosse una sorta di iniziazione da setta segreta) pur di scoprire nuove vie.

In questa ricerca c’è tutta la speranza, la furia e la contraddizione del ‘900 che ha anche prodotto, non dimentichiamolo, un’infinità di guerre e milioni di morti e ci sarebbe da stupirsi se nel contempo avesse prodotto musica soave e bucolica.

Forse sono troppo entusiasta per lanciarmi in un giudizio dopo solo 100 delle 800 pagine del libro ma intravedo un percorso che otrebbe finalmente farmi quanto meno ascoltare quel fiume scomparso.

La fregatura è che il libro ha una ricca discografia allegata e un sito web che mi spingerà di sicuro a allargare la mia discoteca ma se potrò capire, mi pare un prezzo equo.

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