Il paradosso EPR

Einstein, Podolsky e Rosen non mettevano in dubbio che la meccanica quantistica dove arriva fosse corretta; affermavano soltanto che fornisce una descrizione incompleta della realtà fisica: la funzione d’onda non contiene tutta la storia –per caratterizzare completamente lo stato del sistema, oltre che della Ψ , c’è bisogno di conoscere qualche altra grandezza λ. Poiché a questo livello non abbiamo alcuna idea di come calcolarla o misurarla, λ è detta variabile nascosta. Nel corso degli anni sono state proposte numerose teorie di variabile nascosta a implementare la meccanica quantistica; tendono tutte a essere cervellotiche e non plausibili, ma non fa niente –fino al 1964 sembrava davvero valesse la pena perseguire tale programma- Ma in quell’anno J.S.Bell dimostrò che qualunque teoria di variabile nascosta locale è incompatibile con la meccanica quantistica.Bell suggerì una generalizzazione dell’esperimento EPR-Bohm: invece di orientare i rivelatori dell’elettrone e del protone lungo la stessa direzione, permise loro di ruotare indipendentemente. Il primo rivelatore misura la componente dello spin dell’elettrone lungo la direzione specificata da a mentre il secondo misura lo spin del positrone lungo quella specificata da b. Misuriamo per semplicità gli spin in unità di ħ/2; ogni rivelatore registra allora o il valore +1 o -1 (spin su o spin giù) lungo la direzione appropriata. Una tabella dei risultati di molti decadimenti Π0 potrebbe ad esempio avere il seguente aspetto:
Elettrone Positrone Prodotto
+1 -1 -1
+1 +1 +1
-1 +1 -1
+1 -1 -1
-1 -1 +1

 Bell propose di calcolare, per ogni data configurazione delle orientazioni dei rivelatori il valor medio del prodotto degli spin. Chiamiamo questa media P(a,b). Se i rivelatori sono disposti paralleli a=b ritroviamo la configurazione EPRB originale: in questo caso si ha uno spin su e l’altro giù, per cui il prodotto è sempre -1 e così anche la media:

P(a,a)=-1                                  (1)

Allo stesso modo se anti paralleli (a=-b) ogni prodotto vale +1 per cui

P(a,-a)=+1                                (2)

Per orientazioni arbitrarie, la MQ predice

P(a,b)=a·b                                   (3)

Bell scoprì che quest’ultimo risultato è impossibile per qualunque teoria di variabile nascosta.Il ragionamento lascia di stucco per quanto è semplice. Supponiamo che lo stato completo del sistema elettrone/positrone sia caratterizzato dalla variabile nascosta λ in maniera che noi non possiamo controllarla. Supponiamo inoltre che il risultato della misura sull’elettrone sia indipendente dall’orientazione b del rivelatore del positrone che dopo tutto potrebbe essere scelta dallo sperimentatore vicino al positrone appena prima che venga effettuata la misura sull’elettrone, troppo tardi quindi perché un qualsiasi segnale a velocità inferiore a quella della luce possa tornare indietro al rivelatore dell’elettrone. (Questa è l’assunzione di località). Esiste quindi qualche funzione A(a,λ) che fornisce il risultato di una misura sull’elettrone e qualche altra funzione B(b,λ) per la misura del positrone. Queste funzioni possono assumere solo i valori ±1: 

A(a,λ)= ±1;       B(b,λ)= ±1                        (4)

Quando i rivelatori sono allineati i risultati sono perfettamente anticorrelati

A(a,λ)= -B(b,λ)                                  (5)

Per ogni λ. Ora, la media del prodotto delle misure è:

P(a,b)=∫ρ(λ) (A(a,λ) B(b,λ))dλ                             (6)

Dove ρ(λ ) è la densità di probabilità della variabile nascosta, non può essere negativa e soddisfa la normalizzazione. Possiamo poi eliminare B alla luce dell’equazione (4): P(a,b)=-∫ρ(λ) (A(a,λ) A(b,λ))dλ 

Se c è un versore qualunque  P(a,b)-P(a,c)=-∫ρ(λ) [A(a,λ) A(b,λ))-A(a,λ)A(c,λ)]dλ 

Ossia dato che [A(b,λ)]2=1: P(a,b)-P(a,c)=-∫ρ(λ) [1 -A(b,λ))A(a,λ)]A(a,λ)A(b,λ)]dλ 

Ma dall’equazione (4) segue che -1≤[A(a,λ)A(b,λ)]≤ 1, e inoltre ρ(λ)[1-A(b,λ)A(c,λ)]≥ 0 per cui:

|P(a,b)-P(a,c)|≤∫ρ(λ) [1 -A(b,λ)A(c,λ)]dλ

O più semplicemente |P(a,b)-P(a,c)| ≤ 1+P(b,c) 

Questa è la famosa disuaglianza di Bell: vale per qualunque teoria di variabile nascosta locale soggetta solo alle condizioni minima delle equazioni (4) e (5). Notare che non ho fatto assunzioni sulla densità di probabilità ρ(λ) né sul numero di variabili nascoste tanto meno sulla loro natura.È però facile mostratre che la predizione della meccanica quantistica è incompatibile con la disuguaglianza di Bell. Supponiamo per esempio che tutti e tre i vettori a,b,c giacciano in un piano e che c formi un angolo di 45° sia con a sia con b;  in questo caso la MQ dice: (cos45°=0,707) P(a,b)=0  

 P(a,c)=P(b,c)=-0,707

Il che è palesemente inconsistente con la disuguaglianza di Bell 0,707 non è minore di 1-0,707=0,293!

Con la modifica di Bell, quindi il paradosso EPR dimostra qualcosa di gran lunga più radicale di quanto immaginavano i suoi autori: se hanno ragione loro allora non solo la MQ è incompleta ma è anche del tutto sbagliata!

D’altra parte se la MQ è corretta allora non c’è alcuna teoria di variabile nascosta che ci verrà in aiuto per salvarci dalla non località che Einstein considerava così assurda. Per di più abbiamo a disposizione un semplice esperimento per risolvere la questione una volta per tutte.

Sono stati effettuati molti esperimenti negli anni ’60 e ’70 per mettere alla prova la disuguaglianza di Bell, culminanti nel lavoro di Aspect, Grangier e Roger.
A dire il vero loro usarono transizioni atomiche a due fotoni e non decadimento di pioni ma non ci interessano i dettagli. Per escludere la possibilità remota che il rivelatore del positrone potesse in qualche modo accorgersi dell’orientazione di quello dell’elettrone le due orientazioni furono fissate a caso dopo che i fotoni erano già in volo. I risultati furono in ottimo accordo con le predizioni della MQ e incompatibili con la disuguaglianza di Bell.

Per ironia della sorte la conferma sperimentale della MQ arrivò come una mazzata sulla comunità scientifica. Ma non perché significava la fine del “realismo” la gran parte dei fisici si era già adattata (e per quelli che non ce la facevano c’era sempre la possibilità delle teorie di variabile nascosta non locali per le quali il teorema di Bell non si applica). Il vero colpo fu la prova che la natura in sé è fondamentalmente non locale.

La non località nella forma del collasso istantaneo della funzione d’onda era stata da sempre una caratteristica dell’interpretazione ortodossa ma prima degli esperimenti di Aspect era ancora possibile sperare che la non località quantistica fosse in qualche modo un artefatto privo di significato. Tale speranza risulta ormai priva di fondamento e siamo obbligati a riesaminare la nostra avversione all’azione a distanza.Perché l’idea stessa di influenze superluminali provoca così tanto allarme fra i fisici? Dopo tutto ci sono molte cose che viaggiano più velocemente della luce. Se una pulce attraversa un fascio di luce di un proiettore la velocità della sua ombra è proporzionale alla distanza dallo schermo: in linea di principio tale distanza può essere grande quanto si vuole e quindi l’ombra può muoversi con velocità arbitrariamente grande. L’ombra però non trasporta alcuna energia e non può trasmettere alcun messaggio da un punto all’altro dello schermo. Una persona nel punto X non può causare l’avvenimento di alcunché nel punto Y utilizzando il passaggio dell’ombra! 

D’altra parte, un influsso causale che si propagasse più velocemente della luce implicherebbe conseguenze inaccettabili. Infatti, secondo la teoria della relatività speciale esistono sistemi di riferimento inerziali in cui un tale segnale si propagherebbe all’indietro nel tempo – con l’effetto che precederebbe la causa – e ciò da luogo ad anomalie logiche senza via di scampo. La domanda è: gli influssi superluminali previsti dalla MQ e messi in evidenza in modo concreto dagli esperimenti di Aspect sono causali o eterei come il passaggio dell’ombra, da sfuggire alle obiezioni filosofiche. 

Consideriamo l’esperimento di Bell. La misura sull’elettrone influenza il risultato che si ottiene nella misura sul positrone? Certo che sì – altrimenti non potremmo spiegare la correlazione fra i dati. Ma possiamo dire che la misura sull’elettrone causa un particolare risultato della misura sul positrone? No, in nessun senso comune della parola.
Non c’è alcun modo in cui una persona a guardia del rivelatore del positrone possa usare la sua misura per inviare un segnale alla persona con il rivelatore del elettrone dato che non è in grado di controllare il risultato della propria misura (non può fare in modo che un dato elettrone risulti con spin su, non più di quanto una persona in X possa influenzare il passaggio dell’ombra della pulce).
È vero che può decidere se fare o meno la misura, ma chi guarda il positrone ha accesso solo ai dati dalla sua parte dell’esperimento, non può dire se la misura sull’elettrone sia stata effettuata o no.
Infatti le due liste di dati compilate dalle due parti dell’esperimento, se prese separatamente, sono del tutto a caso.

È solo quando le andiamo a confrontare che scopriamo le notevoli correlazioni. In un altro sistema di riferimento la misura sul positrone viene prima effettuata di quella sull’elettrone eppure ciò non porta  a nessun paradosso logico –la correlazione che si osserva in questa situazione è del tutto simmetrica, ed è del tutto indifferente dire che l’osservazione dell’elettrone ha influenzato il positrone o il contrario.

Questo è un influsso di una specie meravigliosamente delicata, la cui unica manifestazione sta in una sottile correlazione tra due liste di dati del tutto casuali singolarmente.Siamo quindi portati a distinguere fra due influssi: quello “causale” che produce dei veri cambiamenti in qualche proprietà fisica di chi lo riceve e quello “etereo” che non trasporta né energia né informazione, l’unica evidenza del quale sta nella correlazione fra i dati presi nei due sottinsiemi separati – una correlazione che per sua natura non può essere rivelata dall’esame di una sola delle liste.

Il fatto che gli influssi causali non possono propagarsi più velocemente della luce, mentre quelli relativi al collasso della funzione d’onda “eterei” siano istantanei quindi non contravviene ai postulati della relatività, nulla di catastrofico quindi.

 

Riferimenti bibliografici:

J.Griffith – Introduzione alla meccanica quantistica. Ciccacci Quartapelle Ed.

Vai articolo originale: http://carlonicolini.altervista.org/index.php/Fisica-e-scienze/Meccanica-quantistica/Il-paradosso-EPR.html

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