Un caso analogo a quello delle anguille si è verificato nel 1999 quando La Polimeri Europa ( ex. Enichem, società affiliata all’ Eni) insieme alla Ies liberarono sostanze altamente inquinanti nell’ aria e nell’ acqua. Così si espresse il quotidiano “la Repubblica” riguardo a tale fatto:
“C’è un angolo di Italia dove è più facile morire di un male assassino. Dove è un rischio statisticamente significativo fino a 25 volte superiore alla norma, andarsene di un male raro, che qui tanto raro non lo è più. Che silenzioso cova nei tessuti, che ti accompagna maligno per anni, nascosto in un anfratto filamentoso dei tuoi muscoli, del tuo grasso. Sarcoma dei tessuti molli, lo chiama la scienza”
Non c’è quindi da stupirsi se a Mantova c’ e’ un’area di circa 20 chilometri quadrati altamente inquinata e in attesa di bonifica. La zona e’ talmente tossica che il Ministero dell’Ambiente ha negato qualsiasi altro tipo di insediamento industriale se non si fa prima un opera di ripristino ambientale. A Mantova quindi aumentano i casi di sarcoma, un tipo di tumore che e’ collegato, guarda caso, alle emissioni di diossina, un noto inquinante, dagli stabilimenti industriali. Uno studio fatto nel 2001 riporto’ che a Mantova il numero e gli ammalati di cancro, sarcomi e leucemie in primis, erano piu’ alti del 50% rispetto al resto della Lombardia. Il presidente dell’Agenzia Nazionale di protezione ambientale, Paolo Rabitti, fece uno studio certosino sui tumori nella sua zona e poi denuncio’ la ASL di Mantova di avere manipolato i dati sull’inquinamento. E’ proprio la Gazzetta di Mantova del 25 maggio 2011 che intende riaprire il caso:
«Hanno trovato centinaia di fusti con sostanze tossiche – aveva detto Alessandro Pastacci davanti ai cronisti – e nessuno dice nulla»
I cinquecento fusti erano spuntati giovedì scorso sul monitor del georadar durante un’indagine stratigrafica sui terreni della Polimeri chiesta dal ministero. Si tratta di una ricerca sull’area del colosso chimico fino a quattro metri di profondità. Al momento si può solo parlare di rifiuti pericolosi, sostanze sulla cui natura c’è ancora incertezza. Fanghi, mercurio, altro? Nei prossimi giorni la risposta arriverà dalle analisi.
Intanto la Polimeri ha già inviato una segnalazione anche al ministero dell’Ambiente. Una sorta di “autodenuncia” – anche se il seppellimento risale probabilmente agli anni Ottanta – che consente di procedere con la messa in sicurezza urgente, con la successiva bonifica e che mette al sicuro l’azienda da multe salate. Discorso diverso, invece, per le altre due discariche censite negli anni Novanta e trovate sempre più o meno nella stessa area: per il momento quelle restano seppellite all’interno dei vasche di contenimento (che sembra abbiano tenuto) e in ostaggio dell’iter autorizzativo ministeriale, molto più complesso. L’ultimo ritrovamento, sul quale vigilano Asl e Arpa, è finito anche sul tavolo della procura della Repubblica.
Certamente il contaminamento da diossina delle anguille del lago di Garda non è da additarsi a questo triste episodio di cronaca, tuttavia, questo caso ci fa riflettere su cosa possano fare persone senza scrupoli che nessuno di noi a priori può escludere abbiano agito in passato anche sul nostro lago.
Arianna
Tag:ambiente, diossina, disastro ambientale, disastro ecologico, inquinamento, lago di garda, livelli di inquinamento
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