Sono affascinato dal racconto dei giorni della rivoluzione tunisina.
Walid ci parla di come il giorno del colpo di stato, della fuga di Ben Alì, la situazione più strana fosse la scomparsa della polizia: in tutto il nordafrica la pilizia è ovunque, ad ogni angolo, segno di potere e spesso di totale arbitrio.
Tutti i documenti spariti o bruciati, le porte aperte, il vuoto.
La prima preoccupazione fu la sicurezza: chi ci proteggerà da possibili
attacchi o sciacalli?
Spontaneamente in ogni quartiere ci si organizza per controllare il territorio, le steade vengono sbarrate, l'invito è perentorio, ciascuno rimanga nel suo quartiere.
Chi ha dato l'ordine? Chi ha "organizzato" la cosa? Chiedo.
Nessuno e tutti, da settimane seguivamo su Facebook e sui blog le notizie delle ribellioni al nord che la televisione e i giornali in mano al governo negavano.
Nei giorni cruciali siamo sempre stati in contatto tramite Facebook e telefonini con chi conoscevamo per discernere le notizie in base alla fonte.
Se passava un furgone diretto a un altro quartiere avvisavamo un amico, un conoscente di quel posto e gli chidevamo di controllare.
La rete era il nostro sistema di comando e controllo e nello stesdo tempo il modo per scacciare la paura (e la paura era tanta conferma Walid, per mia moglie e la mia bambina) soprattutto la paura del "non so cosa accade".
Eravamo noi a far succedere le cose mi dice, noi a impedire che la situazione sfuggisse di mano.
Se vuoi capire cosa è successo vai a vedere le pagine di Facebook di quei giorni, mi dice. Mi chiedo se ci sono ancora, se sia posdibile ricostruire a distanza questo racconto affascinante.
Chi l'avrebbe detto che Facebook, il Circo Massimo del "cazzeggio", sia stato trasformato dai tunisini in un mezzo per rendere possibile la loro incruenta rivoluzione?
Anche adesso sta usando Facebook e un blog per un progetto di tutela del turismo a Djerba: segnaliamo i disonesti, quelli che rovinano la nostra reputazione, i draggeurs de femmes che sfruttano le turiste, e vogliamo segnalare i prodotti autentici rispetto a quelli contraffatti.
Certo c'è il rischio di delazioni e abusi ma ci sono anche mille occhi a guardare e controllare che ció non avvenga.
C'è un filo blu che lega questa storia ai muri della casa interrata dei berberi, non è il filo di Facebook, nè quello di Twitter o dei cellulari, è il filo dell'innovazione, della voglia di mettersi in gioco dell'utilizzo della tecnologia in modo diverso da quelli per i quali è stata pensata.
Disimparando ció che si è imparato per aprirsi a nuove conoscenze v
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Vai articolo originale: http://blog.gigitaly.it/2011/11/il-filo-blu.html