Nel palazzetto al n. 73 di via Roma di Desenzano ha abitato per alcuni secoli, almeno dal 1566 al 1750, la famiglia Bevilacqua. I Bevilacqua sono chiamati da Gian Battista Alberti ‘marchesi’ nelle sue Memorie della prima metà del ‘700.
Scorrendo il libro di Giuseppe Tosi “S. Maria de Senioribus”, edito dal Comune di Desenzano nel 1991, scopriamo che a favore del defunto Paolo Bevilacqua il 28 settembre 1559 venne stipulato un legato perpetuo, secondo le sue volontà testamentarie, con obbligo di far celebrare dai frati Cappuccini Calzati nella Chiesa di S. Maria de Senioribus ogni anno 30 messe a suffragio. L’obbligo è confermato dagli Inventari di soppressione del convento annesso, nel 1770; le messe annue sono ridotte però a 20.
Nell’elenco dei partecipanti della Vicinia, riunione dei capofamiglia censiti, avvenuta in Desenzano il 14 luglio 1566, in occasione dell’Interdetto, non viene riportato alcun titolo davanti ai tre Bevilacqua presenti: Francesco, Giovanni Antonio, Valentino; come del resto non è usato per alcun altro nome il contrassegno distintivo di nobiltà.
Nella prima metà del secolo XVIII, tra coloro che erano stati scelti a formare il Consiglio Grande (30 membri) e sovente anche il Consiglio Speciale (12 componenti), compaiono da prima Gian Battista Bevilacqua e poi Pietro Bevilacqua.
Andrea Alberti, padre di Gian Battista, nelle Memorie racconta che il giorno 27 maggio 1732 venne a fare la sua visita pastorale a Desenzano e dintorni, s.e. rev.ma mons. Francesco Trevisan, vescovo di Verona, il quale alloggiò al Castelletto di casa Bevilacqua. E, per essere avanzato in età, aveva con sé mons. vescovo di Feltre, suo nipote. Questi fece tutte le funzioni: sia le Comunioni, la Catechesi sia le Cresime.
Queste funzioni in tre giorni interi furono terminate e dopo mons. di Feltre andò a far la visita a Sirmione, e dopo quella di Sirmione si recò a Rivoltella, restando sempre il vecchio zio in casa Bevilacqua. Il nipote ritornava presso lo zio nel tardo pomeriggio. Il regalo che fece il Comune di Desenzano al vescovo della diocesi di Verona, che era ed è la nostra diocesi, furono dodici paia di pollastri, sei paia di galline faraone e dodici fiaschi di vin santo, sei di bianco e sei di nero. Questo gli fu mandato la sera del suo arrivo, che fu il martedì. Il venerdì mattina gli furono fatte avere sedici trote con mezzo chilo di sardelle, il sabato mattina il Comune mandò un bel coregone di più di un chilo. L’anziano vescovo si mostrò molto contento dei doni. Probabilmente gli animali servirono per il vitto del vescovo e dei suoi ospiti desenzanesi, che erano i maggiorenti del Comune, però forse il bel coregone riuscì a portarlo a Verona.
A partire dal 1750 i Bevilacqua scompaiono dagli elenchi dei consiglieri del municipio di Desenzano. Una spiegazione può essere trovata sempre nelle Memorie degli Alberti, dove viene detto che Gian Battista Alberti nel 1750 prende in affitto dal marchese Bevilacqua di Ferrara il ‘Castelletto’. Si può pensare che i Bevilacqua da Desenzano si fossero spostati in quella città, forse per un qualche legame di parentela, oppure che, esaurito il ramo desenzanese dei Bevilacqua, i beni desenzanesi passassero alla famiglia ferrarese.
I Bevilacqua possedevano quindi la casa che oggi porta il n. 73 di via Roma e che nel ‘700 era considerata l’edificio più bello della contrada. La tenne in affitto per anni il conte Saverio Villio, che il 14 maggio 1739 vi ospitò il figlio diciassettenne del Re di Polonia, signore della Sassonia. Nel 1750 la prese in affitto per 25 anni Gian Battista Alberti, che pure di suo aveva una grande dimora in Desenzano. Se ne serviva per ospiti illustri come i vescovi Priuli, Bragadino, Radelli, rispettivamente a capo delle diocesi di Vicenza, Verona, Bergamo. Essi accompagnavano il nunzio pontificio Carracciolo. Si fermarono a Desenzano tre giorni. E non furono i soli casi di nobili ospiti, che da noi sostarono per una notte o più giorni, in transito sulla Via Postale Venezia-Brescia-Bergamo.
Amelì
Prima pubblicazione il: 28 Dicembre 2021 @ 16:24
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