«Vedo che i miei contemporanei oscillano tra un Cristo senza Dio e un Dio senza Cristo. Gesuismo o deismo: l’opzione, per più di uno, si offre così semplificata.Un Cristo senza Dio – orizzontale, si dice in gergo – è quell’uomo superiore, eccezionale, senza dubbio unico nella storia, forse perfino sovrumano, che ha saputo rivelare l’umanità a se stessa. Le ha aperto i cammini della liberà. Ci libera, al limite, dell’autorità più opprimente e più di gelosa, quella di Dio Onnipotente. Incomparabile modello di altruismo, egli è, al contempo e inseparabilmente, colui che rivela la vita dell’uomo e la morte di Dio. Questa sarebbe la buona novella. Non è il caso di ironizzare, a meno che non si voglia sistematicamente misconoscere la complessità degli sfondi velati da un linguaggio rude ed eccessivo. A questa teologia “cristiana” della morte di Dio in Gesù Cristo – destinata a fallire, come tutti gli eccessi che virano all’assurdo – noi opporremo la rivelazione in Gesù Cristo dell’umiltà di Dio.Un Dio senza Cristo, è quello dei filosofi e dei dotti. L’Assoluto di cui non si può credere che abbia potuto prender carne rimanendo l’Assoluto. La Verità che non può che cessare di essere universale se si delimita nella particolarità di un individuo storicamente determinato.Niente di realmente nuovo in questa oscillazione, se non che oggi un maggior numero di uomini ne è toccato e turbato. Per coloro che confessano la divinità di Gesù Cristo, il pericolo sembra aggravarsi dal lato di un fideismo mal simulato. Se è lecito giudicare eccessiva la contrapposizione istituita da Pascal tra il Dio dei filosofi e dei dotti e il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, quanto più abusivo il modo in cui tropo spesso la si usa in un linguaggio pastorale che più di ogni altra cosa teme il benché minimo slittamento verso l’intellettualismo astratto! Indubbiamente, anche da questo alto la china è pericolosa. Per troppo tempo vi si è ceduto. Ma oggi è la corrente anti-intellettualistica a prevalere: ci si lascia trasportare fino ai limiti di una fede che si dichiara pura nella misura in cui nulla la giustifica razionalmente. Come se l’atto del credere non dovesse, più di ogni altro, essere fondato! Se non lo è, sussiste a livello di sentimento, oppure si volatilizza non appena l’analisi psicologia più elementare lo persuade di illusione. Ci si rende conto allora che si può benissimo fare a meno di Gesù Cristo, come gli atei fanno a meno di Dio.»
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