28 Giugno 1866 – Il territorio lasciato libero ad ovest del Mincio fa gola agli Austriaci e si asserisce che reparti degli stessi abbiano occupato Castiglione e che si siano spinti fino a Calcinato e Ponte S.Marco. Ed infatti ebbe luogo una scorreria di un centinaio di “cìceri” a cavallo che a Castiglione prese posto in un piazzale destinato agli esercizi militari. Una trentina di costoro si inoltrò dentro il paese e si diresse alla stazione dei Carabinieri dove fece prigionieri i quattro soldati colà trovati. Inoltre cercò il sindaco al quale ordinò la requisizione di venti buoi. Si portò quindi ai forni del pane e scorto un carro carico di farina ne ordinò la spedizione immediata oltre il Mincio. Tolse poi dagli ospedali tre soldati austriaci feriti. All’osteria del’‘Botteghino” sulla strada per Calcinato, chiesero notizie dei “Piemontesi”, poi tutti si ritirarono.
Altro plotone di cavalleria austriaca a Pozzolengo si appropriò di tre carichi del nostro esercito colà dimenticati e catturò quattrò“guide” che erano in perlustrazione a S.Francesco.
Il giornale milanese “La Perseveranza” scrive che i Volontari garibaldini non sono ancora tutti vestiti e che hanno scarsità di viveri. Inoltre vengono stancati continuamente da marce e contromarce che per loro non hanno significato, fuorché nella bella mente strategica di Garibaldi. Però non danno segni di impazienza. Parecchie truppe che si trovavano ad Anfo l’altro giorno (26 Giugno ndr) giunsero a Salò, ed altre che erano in Salò si trasferirono a Lonato dove il condottiero dei Mille ha il suo Quartier generale. Egli è alloggiato nella casa dè cortesissimi Savoldi, presso i quali sono ospitati due feriti dell’esercito regolare, ieri visitati dal Generale. Uno di essi è il luogotenente De Angelis del l 9°Regg.fanteria; e l’altro è il capitano d’artiglieria De Leonardis, ch’ebbe tocco il costato da una palla di cannone. Garibaldi disse loro ch’ebbero la disgrazia di essere feriti nella prima battaglia. Gli risposero di sperare di guarire in tempo per combattere l’ultima.
Sempre nel giorno 26 tre cannoniere nostre che-stavano nel golfo di Salò vollero spingersi oltre l’isola Lechi fuori dalla portata della batteria di destra. Scorsero ad un tratto sei cannoniere austriache che incrociavano verso S.Vigilio davanti alle quali dovettero ritirarsi nel golfo per prudenza.
Il troppo coraggio del corpo delle “Guidè’ volontarie fu la causa che quattro di esse rimasero prigioniere. Gli audaci si spinsero al di là di Rivoltella ed entrati in una cascina scesero da cavallo per rinfocillarsi quando, improvvisamente, si trovarono circondati da un intero squadrone di Titani che li catturarono velocemente pur dimenticando le armi dei nostri che furono recuperate dalle Autorità.
Anche a quattro guardie di finanza che facevano il loro dovere al confine poco più innanzi, toccò la stessa sorte. Inoltre la flottiglia austriaca che staziona sul lago di Garda ha sparato molti colpi dì cannone contro l’indifeso paese di Desenzano senza recar danni alle persone ed alle proprietà. I prigionieri austriaci fatti dai nostri al Caffaro sono custoditi a Salò a bordo di una cannoniera.
29 Giugno 1866 – Con un convoglio ferroviario oggi un battaglione di bersaglieri ha lasciato Lonato diretto in Valcamonica Lo comanda il Capitano Nicostrato Castellini.
30 Giugno 1866 – Mentre Garibaldi nella mattinata da Lonato si è portato a Brescia, alcune imbarcazioni austriache si sono avvicinate a Desenzano ed hanno sparato alcune cannonate verso la stazione ferroviaria. Infatti ieri mattina tre barche-cannoniere austriache provenienti da Peschiera si portarono nelle acque antistanti Desenzano e spararono molti colpi di cannone alla breccia della stazione ferroviaria che venne danneggiata. Più tardi Desenzano ebbe la visita di un drappello di cavalleria austriaca. Una simile visita l’ebbe anche Calcinato.
I militari austriaci non si sono avvicinati a Lonato già presidiato dai Garibaldini.
Nel centro di Desenzano giungono, adagiati su mucchi di paglia, sopra carri trainati da buoi, i feriti della terza Guerra d’indipendenza, dopo la sconfitta di Custoza, del giugno 1866. L’immagine, di stretta attualità, fu pubblicata solo un mese e mezzo dopo l’evento.
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