Dopo tanto tempo rispolvero il blog. Lo faccio perchè voglio trasmettervi la mia recensione di un libro appena terminato, un libro importante, per il tema che tratta e per le parole con le quali è stato scritto – spero che le mie ne siano all’altezza, perchè vorrei che ognuno di voi lo cercasse in Internet e l’acquistasse – anzi, vi facilito la cosa: lo trovate QUI su Amazon.it. Faccio spudorata pubblicità. E’ un libro che dovremmo leggere tutti, ma non dovrebbe esimersi soprattutto chi, come genitore, parente, educatore, ha a che fare con i bambini. Il libro è scritto da Alessandro Chiarelli e s’intitola “Disonora il padre e la madre”, è un romanzo, il cui argomento è la violenza sui bambini, LE violenze, mi vien da dire.
Alessandro è Coordinatore dell’Ufficio Minori della Questura di una cittadina italiana, conoscere questa realtà per noi tanto terribile quanto lontana, è il suo quotidiano lavoro – non è uno che scrive per vizio, tutt’altro. La prefazione è di Isabella Bossi Fedrigotti, che per me è una garanzia, non solo perchè la stimo come scrittrice e giornalista, ma perchè ho frequentato per molti anni il suo forum “Così è la vita” sul Corriere della Sera: è lì che ho incontrato “virtualmente” Alessandro, ormai più di 10 anni fa, ed ho cominciato ad apprezzare il suo pensiero e la sua scrittura. Il suo romanzo è uscito nel 2009, ma non ho voluto leggerlo – da madre pensavo di non potercela proprio fare… Recentemente ne ho ricevuta una copia direttamente dall’autore (e ancora grazie) e, per fortuna, sono riuscita a superare lo scoglio del timore, quel buco allo stomaco che ti viene se pensi a certe cose. Conoscevo il suo talento per la parola scritta, ma ero lontanissima dall’immaginarne la maestria… Innanzitutto la storia non è “vera”: Antonio, il protagonista, non esiste, non esistono la madre Rita ed il padre Carlo, nè gli altri personaggi del libro: nonni, zii, insegnanti, … I fatti di cui si parla non sono mai avvenuti, così come descritti. Eppure. Eppure, in virtù del lavoro dell’autore, questa è una storia “vera”, un po’ come romanzi, eppur veri, sono “Il cacciatore di Aquiloni” o “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini. Non sono la biografia di nessuno, ma a qualcuno, in qualche parte del tempo e del mondo, quelle cose sono successe e – soprattutto, quei pensieri, quelle emozioni, sensazioni, reazioni, sono VERE. A differenza dai libri sopracitati questo non è un libro “terribile”, da harakiri. Non è come “Il bambino col pigiama a righe”, non ti porta a volerlo chiudere, a voler evitare la riga e le pagine seguenti. Si parla di qualcosa di truce, assolutamente tremendo, ma le parole e la scrittura pulite e profonde di permettono di continuare a leggere senza sentire che ti stai sottoponendo ad una raffinata tortura cinese. Forse questo non è solo il modo in cui scrive sempre l’autore, vien da pensare che sia una scelta consapevole, perchè questo libro non susciti il rifiuto, perchè si riesca a leggerlo fino in fondo. Sia chiaro: nulla è risparmiato al lettore. Nulla è raccontato da dietro lenti rosate, nulla è lasciato all’immaginazione. Il narratore parla in prima persona al bambino protagonista, dandogli del tu – ho avuto la sensazione che il narratore fosse il bambino stesso, divenuto adulto, che parla al se stesso di allora, che si ricorda ogni momento di quel periodo dell’infanzia che l’ha inevitabilmente segnato a vita. A volte il narratore ci trasmette i pensieri più infantili, le associazioni di pensiero, la visione e la lettura che un bambino ha delle persone e dell’ambiente che gli stanno intorno: una visione realistica e nettissima in certi casi, di una semplicità e di una logica paradossalmente poetica, che da adulti troppo spesso perdiamo. In altri casi, però, questa visione non può che essere lacunosa, incompleta, ignorante di tutto ciò che, inevitabilmente, il bambino letteralmente ignora. Altre volte questa voce vorrebbe poter dare ad Antonio gli strumenti per capire di più, andare oltre, come un angelo custode, come chi grida nella notte, terrorizzato, ma la voce non gli esce e non arriva a nessuno. L’ignoranza più profonda, però, è evidentemente quella di gran parte del mondo adulto qui descritto: nel libro c’è l’ignoranza inconsapevole, quella colpevole, quella dell’affetto di persone buone, ma limitate, quella tracotante, quella che “Ma ti prenderei a calci in culo!!”, ti vien da pensare… Ci sono personaggi “normali” in una cittadina “normale”: ci sono arroganti e vili, professionisti e profittatori. C’è, come unica consolazione, la consapevolezza che queste parole e questa completa e sorprendente empatia siano quelle di qualcuno che davvero lavora in polizia, che queste cose le vede, le vive, le affronta con questa stessa sensibilità tutti i giorni. E speriamo che non ci accada, e non accada mai a nessuno che ci è vicino, nulla di così spaventevolmente spaventevole, ma, in caso, arrivarci armati della lettura di questo libro ed avere la fortuna di inbappare in forze dell’ordine con questa preparazione professionale ed umana, potrebbe farci sentire meno disarmati contro i Mostri. Questo libro è utile anche a chi non deve affrontare queste mostruosità, ma ha la fortuna di avere bambini nella propria vita. Se il Mostro fosse solo uno, forse, queste cose non succederebbero così spesso. Ecco, questo libro solleva un po’ quel velo della nostra personale ignoranza, aiutandoci a vedere i Mostri e i mostrini nelle loro mille, all’apparenza più o meno innocue, incarnazioni.
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