Categoria: Riva

“Pam, bondola e vim” a Riva del Garda

Domenica 21 giugno a cura del Bacionela Club “Pam, bondola e vim” a Riva del Garda in Piazza 3 Novembre. Da non perdere alle ore 10.00 l’arrivo della enorme mortadella lunga sei metri per 12 quintali e che servirà per imbottire circa 20 mila panini.


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Software per hdr gratis

Qtpfsgui è un software per realizzare immagini HDR a partire sia da diverse esposizioni, sia da dati RAW (Nef per Nikon)

http://qtpfsgui.sourceforge.net/

Alla versione attuale, la 1.9.3 ha implementato l’utilissimo supporto multi-core e gli algoritmi sono implementati in maniera più efficiente.

Qtpfsgui is a open-source software to realize HDR images, starting from different exposures or RAW files (Nikon proprietary NEF too).

Actual version, has a big improvement over the side of efficiency and performance allowing to use multi-core processors.

I reccomend the algorithm described as Fattal: gradient “domain high dynamic range compression”, it’s easy to achieve amazing results!

 

 

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Messaggio sponsorizzato ‘DAL BAROCCO AL ROCOCÒ. CAPOLAVORI SACRI LUNGO LE SPONDE DEL GARDA’

Il dipartimento storico-artistico del progetto MAG – Museo Alto Garda, nell’ambito delle sue iniziative volte a valorizzare il patrimonio figurativo del territorio, organizza presso il Museo di Riva una mostra dedicata alla pittura religiosa in area gardesana tra Seicento e Settecento.
A cura di Marina Botteri, Sergio Marinelli e Mariolina Olivari, in collaborazione con la […]

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Trucchi per foto hdr – nikon d90

 2009-06-16 22:01:32

Quanto ho imparato da alcuni shot con la recente Nikon D90 per quanto riguarda la fotografia HDR.

1) Scegliere al massimo un bracketing di 3 scatti, -1 EV, 0 EV, +1 EV.

2) ISO BASSI!!!!

3) Usare il cavalletto (treppiede) o fissare la macchina molto saldamente ad un supporto.

4) Impostare l’esposizione posticipata, abbassa lo specchio prima di scattare ed evita il micromosso.

5) Spegnere il VR sull’obiettivo

6) Impostare lo scatto automatico con 3 scatti ed un ritardo di 5 secondi, sufficienti a far sì che le vibrazioni sul cavalletto di smorzino.

7) Tappare con l’apposito pezzo di plastica il mirino per evitare luce parassita

8) Evitare di fotografare piante, alberi ed oggetti mossi dal vento.

 

Purtroppo la meravigliosa Nikon D90 ha un leggero difetto, il bracketing ha al massimo 3 scatti. A questo si può ovviare con la seguente regol, ricordandosi che una differenza di un EV corrisponde ad uno step di tempo (ad esempio se 0EVcorrispondono a 1/125 @F8, allora -1EV corrisponde a 1/250@F8)

a) Determinare la corretta esposizione per una data profondità di campo ad esempio F8.

b) Se  l’esposizione corretta (si vede dal fatto che l’istogramma è centrato o che, in modalità manuale, nell’esposimetro dentro il mirino la linea fra – e + è centrale) è 1/125 @F8 allora impostare il bracketing ad -1 , 0, +1 EV e scattare 3 foto. Queste 3 foto avranno rispettivamente i tempi:

1/250 —-> -1 EV

1/125 —-> 0 EV

1/60 —-> +1 EV

 

Ecco alcuni scatti fatti nel weekend trascorso in Val Venosta in Alto Adige

c)  E’ facile capire che se si imposta per la nuova serie di scatti, un tempo 1/1000 si avrà (mantenendo il bracketing -1,0,+1)

1/500    —-> -2 EV

1/1000  —-> -3 EV

1/2000  —-> -4 EV

mentre la terza ed ultima tornata di scatti si farà con 

1/30  —-> +2 EV

1/15  —-> +3 EV

1/8    —-> +4 EV

 

Le 9 fotografie risultanti potranno essere fuse in uno splendido HDR con un range dinamico molto elevato

[HDR]Tablà - Schleidertal

[HDR] Lungo la ciclabile della val Venosta - Fiume Adige

[HDR] Clouds over Naturn

Le mie foto sono su Alpidia, la community indipendente per viaggiatori:

http://alpidia.com/presentation/resource.php?id=1866

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ed anche su Flickr

http://www.flickr.com/photos/35478750@N03/

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RADIO INCONTRI A RIVA DEL GARDA Al Du Lac et Du Parc i grandi protagonisti dell’evento!

Dal 19 al 21 giugno Radio Incontri raduna nella splendida cornice di Riva del Garda le più famose voci della radio, gli esperti di comunicazione ed intrattenimento radiofonico per una festa lunga tre giorni. Tre giorni in compagnia del Trio Medusa, di Elio, Gianluca Neri e molti altri personaggi del dello spettacolo! Tre giorni […]

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Messaggio sponsorizzato GARDA JAZZ FESTIVAL: Dal 18 giugno al 5 luglio 2009

Anche quest’anno la nona edizione del Garda Jazz Festival ricalca la tradizionale formula itinerante che, a partire dal 18 giugno fino al 5 luglio 2009, coinvolgerà sei comuni dell’Alto Garda accanto agli appuntamenti in Valle di Ledro.
L’edizione 2009 presenta una ricca serie di appuntamenti: ben 18 i concerti che si terranno nei sei centri […]

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What would Nature do?

Se non puoi batterli, copiali

Tra i (pochi) motivi per installare la televisione satellitare in casa ci sono sicuramente i canali dal 400 in poi, una lunga serie di documentari per tutti i gusti che vanno dall’australiano molestatore di rettili di turno ai classici del National Geographic. Tra tutti, quelli che mi fanno spalancare la bocca come un bambino (in realtà lo fanno quasi tutti, diciamo quelli che ci riescono meglio) sono quelli della serie “Scienza per assurdo”, che mi pare siano trasmessi da Discovery Channel. In breve, questi documentari sono divisi in più sezioni e partendo da un animale ne fanno risaltare una caratteristica “eccezionale” (ad esempio la capacità del geco di aderire a ogni parete), spiegano come funziona e passando di scienziato in scienziato attraversano tutto il percorso che ha portato dal riprodurre questa funzione al miniaturizzarla fino a renderla disponibile per qualche applicazione pratica. Animali che lasciano senza fiato più tecnologia d’avanguardia? potrei vivere solo di questo.
Ad ogni modo tutto questo panegirico per segnalare un sito che, come a questo punto sarete capaci di comprendere, trovoestremamente affascinante: AskNature. Come nei documentari di cui sopra, il sito curato dal Biomimicry Institute si propone di raccogliere numerosi esempi di “copie” artificiali di caratteristiche eccezionali di animali e piante, ed è un’ottima occasione per stupirsi un po’ della potenza dei miliardi di anni di selezione naturale che hanno portato alle “infinite forme bellissime” che osserviamo oggi, oltre che dell’ingegno umano e della sua incredibile capacità di scovare, capire e imparare dai meccanismi più reconditi che stanno sotto alla realtà che osserviamo tutti i giorni.
Il piccione dell’immagine, ad esempio, condivide con tutto l’ordine dei columbiformes e con molti altri uccelli un piumaggio delle ali che impedisce loro di bagnarsi o sporcarsi, mantenendole quindi asciutte e pulite. Edward Bormashenko, del dipartimento di Fisica della Ariel Univerity ha scoperto che la superficie delle penne di questi uccelli è ricoperta da minuscoli solchi (di profondità che va dai 100 nanometri ai 10 micron) che a un angolo di 180 gradi intrappolano l’aria formando una specie di barriera che impedisce all’acqua e allo sporco di aderire alle ali, con evidenti vantaggi per quanto riguarda il volo. Non solo, Bormashenko è riuscito anche a ricreare un polimero, che ha chiamato superidrofobico, che riesce a replicare tutto ciò, con possibili applicazioni che vanno dai tessuti autopulenti alle tende da campeggio a prova di acquazzone, e non solo.
Il sito è peraltro strutturato molto bene, ma a questo punto credo di aver detto abbastanza, andate a farci un giro!
(Per ora il sito non è così ben fornito come spero sarà in futuro, abbastanza comunque da farvi perdere qualche pomeriggio se vi interessano queste cose, però fossi in voi lo salverei lo stesso tra i segnalibri di Mozilla, merita di farci qualche raid ogni tanto)

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http://scienzology.blogspot.com/2009/06/what-would-nature-do.html

I fuochi d’artificio sul lago di Garda (estate 2009)

Come per la scorsa stagione sono riuscito a recuperare il calendario degli spettacoli pirotecnici che si svolgeranno nell’estate 2009 nei principali paesi del lago di Garda in occasione delle varie feste popolari e manifestazioni.

Spero che le date siano complete e corrette. Se dovessero esserci delle imprecisioni o mancanze segnalatemelo pure. 
GIUGNO 2009
2 giugno BARDOLINO (Palio del […]

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http://marcorizzini.wordpress.com/2009/06/12/i-fuochi-d%e2%80%99artificio-sul-lago-di-garda-estate-2009/

Bike Festival a Riva del Garda

Bike Festival, incontro internazionale di Mountain Bike a Riva del Garda, a partire dal 12 fino al 14 Giugno 2009


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Fotografia HDR notturna

Hdr notturno sulla luna

 

Come scattare fotografie HDR di notte?

E’ difficile, si deve combattere contro il necessario aumento di ISO e quindi rumore ed i lunghi tempi di esposizione che aumentano il mosso.

Ci sono riuscito, questo HDR viene da 3 scatti +1,0,-1, rispettivamente 6″,1/3, 1/5  a @19 ISO 1250 con una nikon D90 montata su treppiede.

Riduzione del rumore a tutta e bilanciamento del bianco per evitare il giallastro dei lampioni al sodio.

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ITINERARI SUL GARDA: KAYAK PADENGHE MANERBA

Escursione nel tratto del medio lago occidentale, alternarsi di campeggi e zone residenziali, ma anche canneti, spiagge e costa rocciosa, passaggio attorno alla rocca di Manerba e all’isola dei conigli. Panorama su antichi castelli della Valtenesi.

Percorso totale 12 chilometri, tempo di percorrenza circa 1 ora e 55 minuti
Attenzione ai venti periodici: peler, il mattino da nord verso sud, spesso di 10-20 nodi, con onda di 40-60 centimetri, soprattutto nella zona dell’isola dei Conigli e rocca di Manerba, protette le zone più a sud.

Raggiungiamo Padenghe, piccolo paese di origini agricole e vinicole, ora anche e soprattutto turistico. Il borgo antico sorge attorno ad un poderoso castello, con alte mura, torri quadrangolari e ponte levatoio, costruito a protezione della popolazione dalle scorrerie degli Ungari attorno all’anno 1000. Scendiamo nella spiaggia della zona Lido di Padenghe, un ampio golfo tra punta del Vò e punta S. Sivino, ad ovest della penisola di Sirmione. Teniamo la sponda sulla nostra sinistra e ci dirigiamo verso nord-est, costeggiando per un lungo tratto una serie di campeggi e zone residenziali con ville, complessi alberghieri, a ridosso del lago o sulle pendici di basse collinette. Lunghe spiagge di ghiaia si alternano a zone boscose e canneti, frequentati da numerosi e vari uccelli acquatici. Passiamo poco distanti dal paese di Moniga, anche esso dominato da un bel castello con torri angolari cilindriche e mura merlate, con all’interno diverse case. Superata punta S.Sivino in pochi minuti raggiungiamo il porto turistico di Dusano, con alti alberi secolari all’imbarcadero della navigarda. La costa ora rocciosa, incomincia ad innalzarsi costantemente fino a raggiungere i 216 metri della rocca di Manerba, ove un tempo sorgeva un castello esistente già all’epoca dei Longobardi, ma del quale ora purtroppo non restano che poche tracce. Le pareti rocciose stratificate del promontorio, ove spesso nidificano indisturbati numerosi gabbiani, si fanno verticali e scendono direttamente nelle acque del lago. Il versante nord è coperto da un rigoglioso manto boscoso, e superata una piccola baia con fresca spiaggetta, percorriamo il breve promontorio che si protende verso la piccola isola dei Conigli. Quando il livello delle acque del Garda è particolarmente basso, il passaggio dall’isola alla terraferma può anche essere effettuato a piedi. Merita almeno una breve sosta per fare due passi sul bel praticello e godersi del panorama che ci circonda salendo sulla piccola rupe al centro dell’isolotto. Una serie di scogli semisommersi si spingono fino all’isola del Garda poco lontana. Ripercorriamo,ora sul versante opposto, il promontorio ed entriamo nel golfo di Manerba. Dopo pochi minuti si raggiunge un piccolo porto da cui inizia una lunga spiaggia, separata nel mezzo dalla foce di un rio con ponte per passaggio pedonale. Siamo ora arrivati alla località “romantica”, ben attrezzata con bar, ristoranti e pizzerie in riva al lago, dove termina il nostro percorso.

Claudio T.

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http://gardapanorama.blogspot.com/2009/06/itinerari-sul-garda-kayak-padenghe.html

le mirabolanti invenzioni di Imo da Koshima

L’isola delle scimmie sapienti

Koshima è una piccola isoletta giapponese vicina al villaggio di Ichiki, dal quale la si può raggiungere a piedi a patto però che ci sia bassa marea. Su di essa vive e prospera un nutrito gruppo di macachi giapponesi (Macaca fuscata) studiato ininterrottamente da ormai più di sessant’anni. Anche se a prima vista può sembrare un comune branco di una delle tipologie di scimmie più diffuse (il genere dei macachi è di tutti i primati quello a più ampia diffusione dopo l’uomo) ha una storia importante che negli anni gli è valsa un’attenzione particolare: è infatti proprio grazie a questa comunità che per la prima volta la parola cultura ha attraversato le barriere della nostra specie.
Nel 1948 Itani e Kawamura, due etologi giapponesi che all’epoca studiavano con Imanishi (il padre della primatologia giapponese, per inciso), stufi di studiare daini e cavalli selvatici decisero di visitare quest’isoletta che sapevano ospitare animali sicuramente più interessanti, specialmente per chi veniva da una cultura come quella nipponica che già all’epoca dava grande risalto allo studio della socialità animale. I macachi vivono difatti in gruppi molto numerosi con rapporti estremamente articolati tra i membri, molto diversi dalla semplice piramide con in cima un maschio alfa che probabilmente molti di voi hanno in mente. In aggiunta questa piccola isoletta presentava un “vincolo sociale” molto simile a quello che si ha negli zoo: uno spazio relativamente piccolo rispetto alla popolazione che lo abita e isolato dal resto del mondo fa si che difficilmente un maschio dominante venga spodestato (poiché gli sfidanti, provenienti dallo stesso gruppo se non addirittura “amici” d’infanzia, hanno tendenzialmente delle inibizioni ad attaccarlo), perciò non solo la tolleranza sociale ne viene mediamente innalzata, ma questo favorisce anche l’ulteriore formarsi di complesse gerarchie e reti di alleanze tra gli individui subordinati. Insomma, fu da subito evidente che Koshima era terreno fertile per ricerche che i posteri avrebbero ricordato.

Nel giro di pochi anni, come volevasi dimostrare, i primatologi che presero a seguire la comunità di macachi furono ampiamente ripagati della fiducia riposta in questi primati; furono aiutati anche da una giovane Satsue Mito, che all’epoca era solo la figlia del locandiere presso cui si fermarono Itani e Kawamura la notte in cui decisero del futuro delle loro ricerche ma che sarebbe diventata in futuro una delle più stimate scienziate nipponiche. Fu proprio lei che, mentre distribuiva le patate dolci (offrire del cibo era allora una pratica standard per riuscire a far accettare agli animali la presenza umana quel tanto che bastava per poterli studiare da vicino), si accorse nel 1953 che una giovane femmina di nome Imo aveva trovato, unica nella sua comunità, una soluzione al problema della terra che sporcava questi tuberi e ne peggiorava il sapore: lavarli nell’acqua, dapprima un ruscello (quando ancora la distribuzione avveniva nella foresta) e poi nel mare aperto. Fino a qui non ci sarebbe niente di veramente eccezionale, ma quello che stupì la Mito e tutti gli altri ricercatori coinvolti nel progetto fu che nel giro di pochi anni quasi tutti i macachi di Koshima impararono la medesima tecnica, dapprima i compagni di gioco di Imo, poi i familiari e in seguito tutti gli altri eccetto i maschi più anziani: si erano forse passati l’informazione? e se sì, come?

La vicenda, che esplose al di fuori del Giappone solo una decina di anni dopo, nel 1965, col primo articolo in proposito scritto in inglese, apriva interrogativi importanti su un mondo, quello animale, da sempre considerato “hard-wired”, cioè dal comportamento poco flessibile e incapace di andare oltre alle istruzioni riposte nei geni. L’articolo del 1965 era scandaloso anche per un altro motivo, oltre al contenuto in sé, poichè il titolo, seppur preceduta dal prefisso pre-, conteneva una parola pericolosa: “culturali”, riferita ai comportamenti di questi macachi. La cultura era stata difatti recentemente definita in termini naturalistici da Kinji Imanishi come “una forma di trasmissione del comportamento che non poggia su basi genetiche“, e per un etologo giapponese quale Kawai, l’autore dello studio, non doveva quindi sembrare troppo scandaloso intitolare il proprio articolo “Newly acquired pre-cultural behaviour of the natural troop of japanese monkeys on Koshima islet”. Senza contare che già Kawamura aveva notato come le differenze tra gruppi di macachi potessero essere fatte risalire a differenze “sottoculturali”.

Questa minima forma di cautela non era decisamente abbastanza per gli standard occidentali, tanto che questi risultati sarebbero rimasti discussi per decenni. La critica principale mossa all’interpretazione di questi dati è stata che, come ha fatto notare Galef in un articolo del 1990, non si può provare che il comportamento in questione non sia stato semplicemente imparato autonomamente da ogni scimmia, considerando inoltre che pare, o così sosteneva Galef, che Satsue Mito distribuisse le patate solo alle scimmie che avevano dimostrato di saperle lavare. La prima osservazione da fare è che quest’ultima diceria è probabilmente solo questo: una diceria, e l’unica fonte che ho trovato in proposito la classifica come un’osservazione fatta nel 1975 da un visitatore occasionale. Inoltre, se anche la Mito avesse dato le patate solo alle scimmie che le lavavano questo sarebbe stato controproducente per il diffondersi di questa tecnica poichè tra i macachi (e buona parte delle scimmie, tralaltro) i primi individui ad approfittare di una fonte di cibo devono sempre essere i maschi dominanti, e la pena per dei subordinati (come Imo, giovane e femmina, e i suoi compagni di gioco che per primi acquisirono la tecnica dopo di lei) che fossero stati visti mangiare delle patate prima dei dominanti sarebbe stata molto severa. Un ulteriore considerazione, che è poi una prova abbastanza sicura del collegamento tra apprendimento sociale e diffusione del comportamento di lavaggio delle patate, è legata all’ordine in cui è avvenuto il diffondersi della tecnica: come già ricordato, i primi a impararla furono i membri del gruppo che passavano più tempo con Imo e in seguito furono sempre i macachi più “vicini” alla giovane scopritrice ad acquisirla per primi; gli unici che non furono mai visti lavare le patate, inoltre, furono i maschi anziani che oltre ad avere uno stile di vita meno a contatto con gli altri macachi sono mediamente meno disposti ad accogliere innovazioni.

Ma si tratta di cultura? se è vero che i tre anni che la tecnica richiese per diffondersi in tutto il gruppo potrebbero anche essere un tempo ragionevolmente breve per una specie non dotata di linguaggio (e per quanto riguarda quella che più è un’abitudine che una tecnica dalla quale dipenda la sopravvivenza), è vero anche che in molti si aspetterebbero un processo più rapido da un fenomeno di trasmissione culturale. Inoltre, quello che non è mai stato dimostrato e forse non è nemmeno probabile che sia avvenuto è che ogni macaco abbia imparato a lavare le patate osservando e imitando gli altri membri del gruppo. L’imitazione è sicuramente la maniera più veloce ed efficace, ma non l’unica che permetta il diffondersi di un comportamento. Non voglio dilungarmi troppo su un tema che rischia peraltro di diventare un po’ troppo tecnico per un blog (e forse anche per lo scrittore del blog, che tecnico non è) quindi vado subito al dunque: in questa vicenda ha probabilmente agito un meccanismo chiamato rinforzo locale. Esperimenti di laboratorio successivi hanno infatti dimostrato che i macachi (e tutte le scimmie non antropomorfe con loro) non sono in grado di compiere imitazioni vere e proprie, tuttavia la semplice vicinanza a qualcuno che sia in grado di compiere una determinata azione complessa “favorisce” per così dire una nuova scoperta indipendente; in altri termini, essere vicino a Imo che lava le patate fa si che il compagno di giochi di Imo si interessi alle patate, abbia occasione di assaggiarne dei pezzi ripuliti, si trovi ad avere patate e acqua nello stesso luogo e via dicendo.

Se torniamo per un attimo alla definizione di Imanishi, “una forma di trasmissione del comportamento che non poggia su basi genetiche“, ci rendiamo conto che tra i macachi di Koshima c’è stata, e continua tutt’oggi nonostante il passare dei decenni e il succedersi delle generazioni, una trasmissione culturale, e per inciso molte altre innovazioni (delle quali molte partite da Imo, da cui il titolo) hanno seguito questa strada. La bontà della definizione di Imanishi, che ha il pregio di essere anche molto semplice e intuitiva, è che coglie esattamente il punto della questione. Nella storia del pianeta c’è stato un momento in cui in alcune specie il cervello ha cominciato a superare il genoma come numero di informazioni immagazzinabili, a prenderne parzialmente il posto per quanto riguardava l’indicare la strada da seguire e le decisioni da compiere. Con lo svilupparsi della comunicazione tra individui inoltre, chi condivideva un problema cominciava a condividere anche la soluzione, a prescindere da come facesse e da allora che si può cominciare a parlare di cultura, se si vuole dare un senso naturalistico a questo termine. Ecco perchè la definizione di Imanishi regge ancora oggi, perchè descrive la forma più semplice in cui il nuovo modo di organizzare la sopravvivenza, ovvero trasmettere informazioni utili all’interno di un gruppo, è comparsa sul campo da gioco dell’evoluzione; solo in questo senso la cultura può essere studiata dagli studiosi dell’evoluzione, e proprio in quest’ottica ha senso parlare di cultura per le scimmie di Koshima.

Riferimenti:

Gli articoli e i libri originali sono ovviamente introvabili o in giapponese, ma la vicenda è talmente famosa che si trova narrata in un sacco di libri. Personalmente consiglio vivamente “La scimmia e l’Arte del sushi” di Frans deWaal, che è anche un ottimo libro sulla questione “cultura, tecnologia&scimmie”.

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Mercato a Riva del Garda

Mercato quindicinale a Riva del Garda , il giorno 10/06/2009 dalle 08:00 alle 15:00 .


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Dipinti a quattro mani

Appendereste un Congo alla vostra parete?

A volte capita che gli aneddoti più interessanti siano anche i più curiosi e viceversa, e così è sicuramente per le strane vicende che riguardano la produzione artistica delle scimmie. Dico strane non perchè siano da prendere poco sul serio, ma perchè sono tra quelle più difficili da leggere senza un senso di straniamento e un velo di diffidenza: in fondo non è l’Arte quello che più di ogni altra cosa ci “eleva” al di sopra degli altri animali?. Per quanto ne sappiamo nessun animale ha mai prodotto nulla di artistico in condizioni naturali, ma sulle loro potenzialità (perlomeno per quanto riguarda le antropomorfe) c’è tanto da dire che in questo campo le burle tirate ai critici d’Arte si sono spesso alternate agli esperimenti più seri senza che vi fosse realmente una differenza queste due maniere di affrontare la questione.
Negli anni ’70 era in corso un importante progetto di ricerca (a cui prima o poi dedicherò una serie di post) presso l’università dell’Oklahoma; diretto da Roger Fouts, lo studio portava avanti l’insegnamento a Washoe e ad altri scimpanzé, alcuni dei quali “proprietà” (anche se non mi piace usare questa parola nemmeno per i gatti, figurarsi per gli scimpanzé) di privati, del linguaggio dei segni, quello utilizzato dai sordomuti per intenderci. Se la cosa vi sorprende dovrete pazientare (o comprarvi “La scuola delle scimmie”/”Next of Kin” di Fouts), per oggi basti sapere che questi scimpanzé impararono numerose parole e qualche basilare regola grammaticale. Cosa più interessante, uno di loro di nome Ally si dimostrò particolarmente dotato per le arti visive, tanto che uno degli studenti (specializzato per qualche motivo che ignoro anche in Storia dell’Arte) lo notò e decise di farlo valutare. Portò quindi i quadri a un critico d’arte dicendo che li aveva eseguiti un suo giovane amico pittore (cosa peraltro vera) e questi reagì addirittura con entusiasmo: “Sapevo che lo stile di Pollock stava tornando in voga!” esclamò felice.
Raccontare questa storiella è una maniera per sottolineare la bravura di Ally o per denigrare l’arte contemporanea? Vediamo prima in cosa consista l’arte primate. Il primo studio in assoluto sull’argomento si deve a Nadie Ladygina-Kohts, una ricercatrice russa che studiò la percezione di forma e colore nel suo scimpanzé Yoni facendolo, tra le altre cose, disegnare con una matita su un foglio di carta. Negli anni quaranta fu il turno di Paul Schiller, pioniere di un esperimento che ebbe poi un grande successo: questi dava al suo scimpanzé, Alpha, dei fogli di carta dove erano già presenti dei simboli disegnati (oltre ovviamente agli strumenti per disegnare), con l’intento di vedere come si sarebbe comportato. Alpha dimostrò, in tutte le occasioni, di non gettare del colore a caso sul foglio, ma di scegliere attentamente i tratti in maniera da incorporare nel proprio disegno i simboli già presenti sul foglio. Inoltre sembrava che badasse particolarmente all’equilibrio dell’insieme, se ad esempio tre angoli di un foglio presentavano uno scarabocchio invariabilmente ne aggiungeva uno sull’ultimo angolo ancora bianco. L’argomento cominciò infine a uscire dagli esperimenti e a colpire l’immaginario collettivo nei tardi anni cinquanta, quando l’etologo e pittore surrealista Desmond Morris e lo scimpanzé Congo dimostrarono al mondo di cosa era capace un pittore scimpanzé, ottenendo addirittura un’esposizione delle opere del giovane quadrumane al quale venne riconosciuto uno stile fresco ed energico, e nei dipinti del quale venivano facilmente trovate simmetrie, variazioni ritmiche e attraenti contrasti di colore.
Torniamo ora alla domanda di prima, tutto questo serve forse a denigrare l’arte contemporanea? Significa forse che da Pollock e simili in poi basta lanciare della vernice su una tela per essere un artista? Ovviamente no (anche perchè sennò il mio professore di Estetica verrebbe a prendermi a casa brandendo una copia di “Zeit-Bilder”), soprattutto perché né questi grandi artisti umani nè il loro colleghi scimmia si limitano a lanciare vernice su una tela (con buona pace di tanti detrattori di entrambi).
Viene comodo, a proposito, l’ennesimo aneddoto: nel 1979 un pittore belga, Arnulf Rainer, si convinse che poteva disegnare come uno scimpanzé cercando di “imitarne i comportamenti”, e decise quindi di mettersi a dipingere accanto a uno di loro. Mentre lo scimpanzé aveva cominciato a dipingere pacificamente, però, il pittore cominciò a comportarsi come credeva che una scimmia si sarebbe comportata in un’occasione del genere, facendo cose come colpire con forza la carta, sputare, brandire nervosamente il pennello. Il risultato fu che lo scimpanzé, disturbato dall’agitazione dell’altro, smise di dipingere e si mise a saltare e a rincorrere l’altro per la stanza, e nessuno dei due dipinse qualcosa di apprezzabile durante quella seduta. Questo ci dice soprattutto qualcosa su quanti danni possa fare un pregiudizio, certo, ma ci fa intuire anche quanto dipingere sia per uno scimpanzé (e per le scimmie antropomorfe in generale) una cosa seria, nè Rainer è certo il primo ad aver fatto indispettire uno di questi strani pittori quadrumani, che in ogni occasione in cui capita loro di dipingere lasciano il pennello solo quando hanno deciso che il dipinto è completato, a volte rifiutando persino di mangiare per non interrompere l’attività. Il filosofo Thierry Lenain, che riporta anche l’aneddoto su Rainer, esaminò inoltre simultaneamente quindici opere prodotte in contemporanea da scimmie e umani, e non ebbe alcuna difficoltà nel riconoscere chi avesse dipinto quali dato che “le composizioni degli scimpanzé sono dirette e chiare. Le imitazioni, invece, sono reti di linee confuse e ingrovigliate, completamente illegibili, quasi fino all’isteria”.
Un altro aspetto interessante è che ogni scimpanzé ha un suo stile ben riconoscibile e delle preferenze ben marcate, sia per quanto riguarda colori e tecnica espressiva sia per quanto riguarda i soggetti dipinti; anche se è praticamente impossibile riconoscere i soggetti (io ci sono riuscito solo con dei dipinti del gorilla Michael, ma devo ammettere che sospetto un poco della loro totale autenticità per questioni che non racconterò qui e ora), scimpanzé e gorilla che abbiano imparato un qualche linguaggio possono dare un titolo ai quadri e si può così venire a sapere cosa preferiscono dipingere. C’è da dire che alcuni rimangono scettici sulla possibilità che questi quadri ritraggano davvero qualche oggetto reale, proprio per via dell’irriconoscibilità di questi soggetti, perciò anche se non mi sembra improbabile che abbiano bene in mente cosa disegnare prendete questa possibilità col beneficio del dubbio (senza esagerare).
Ma torniamo a una domanda più essenziale, è arte? Schiere di critici sostengono di sì, ed è sicuramente dimostrato che non si tratta di un semplice gioco fatto con tempere e pennelli ma di una vera e propria espressione volontaria, dato che queste scimmie sono ben consapevoli di cosa vogliono realizzare, anche se non siamo sicuri che vogliano riprodurre degli oggetti (può sembrare contorto, ma se ci pensate anche i piccoli della nostra specie fino a una certa età si limitano a disegnare figure astratte). Inoltre decidono autonomamente quando un’opera è completata, e molti di questi quadri colpiscono davvero per la forza espressiva e per la scelta e l’abbinamento dei colori. Certamente l’arte espressa da questi animali ha tanti punti di distacco con la nostra quanti sono i punti di contatto, quello che però non si può fare è negarle uno status che le è proprio, o mettersi sputazzare tempera su una tela e convincersi di star dipingendo come uno scimpanzé.

Un ultima chicca, l’immagine in cima al pezzo (e della quale mi scuso di non detenere gli eventuali diritti d’autore, sperando che chi di dovere capisca che lo faccio per un bene più grande) è un dipinto fatto da un bonobo speciale, quel Kanzi di cui ho parlato nello scorso pezzo; riuscite a indovinare qual è il soggetto del quadro? Come ricorderete Kanzi comunica attraverso i lessigrammi e in questa maniera ha titolato le sue opere, quando vorrete conoscere la soluzione cliccate col tasto destro sull’immagine, aprite le proprietà e date un’occhiata all’URL, in fondo c’è il titolo tradotto in italiano (io non ce l’ho fatta, per inciso).

p.s. personalmente trovo che i dipinti delle antropomorfe sia molto più interessanti dell’arte umana, e spesso più belli, se volete farmi un regalo consideratelo il primo punto della mia wishlist

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://scienzology.blogspot.com/2009/06/dipinti-quattro-mani.html

Scienzology

Uno dei motivi per cui scriverò un po’ meno da queste parti è che, banalmente, sto scrivendo da altre parti (e di argomenti nuovi), ma per quanto possa essere diverso quello che faccio su altri url non è il caso di nasconderlo ai miei fedeli lettori, credo. Pertanto ecco a voi

SCIENZOLOGY!

Un blog di divulgazione scientifica, dove parlo di Biologia, Evoluzione, Origini dell’uomo e animali che fanno cose che guarda non lo sapevi proprio che potessero. Non ti interessa? non lo sai se non leggi prima una ventina di post! quindi o aspetti che io li scriva o cominci subito a seguirmi, e vedrai che ti ci affezioni.

Ah, sto scrivendo anche per Pikaia, ma non ho ancora fatto una pagina con i link a tutti i miei pezzi, quando sarà la troverai sul blog nuovo

(metto il link per esteso per comodità: http://www.scienzology.blogspot.com)

Articolo originale? Eccolo, copia questo link:
http://paguropagano.blogspot.com/2009/06/scienzology.html