queste le leve per valorizzare il cibo italiano nel mondo
Nel 2018 nuovo record italiano: export cibo vola a 42 miliardi
Una serata ricca di stimoli, un percorso formativo sull’analisi e l’evoluzione dei mercati nazionali ed internazionali, diretto ieri sera , lunedì 28 gennaio, da Giuliano Noci, professore Ordinario di marketing al Politecnico di Milano e dal Presidente di Coldiretti Ettore Prandini presso la sala congressi di Coldiretti Brescia.
“Il marchio Italia è il terzo marchio più ricercato al mondo e l’agroalimentare ne fa parte – spiega il presidente Prandini – a noi spetta trovare il modo di essere li, fare sistema oggi e restare compatti è l’unica risposta che ci permette di essere vincenti e di essere protagonisti nel mercato”.
Se pensiamo di competere con il resto dell’Europa e del mondo in termini di superfici o di costi di produzione, resteremo sempre un passo indietro, oggi è necessario raccontare i prodotto attraverso la loro storia e tradizione e investire su un modello d’immagine che ci viene invidiato nel mondo.
Il Made in Italy a tavola – precisa Coldiretti – nel 2018 ha fatto segnare il record storico delle esportazioni che sale a 42 miliardi di euro, è necessario attuare politiche di internazionalizzazione capaci di garantire una piena tutela ai veri prodotti italiani. Le vendite all’estero sono diventate una componente determinante del fatturato agroalimentare ed in alcuni settori come il vino rappresentano di gran lunga la voce principale. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentari – aggiunge Coldiretti – interessano i Paesi dell’Unione Europea dove il principale partner è la Germania mentre fuori dai confini comunitari sono gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’italian food.
“Il mondo dell’agroalimentare rappresenta uno dei settori più promettenti di questo secolo – spiega il professo Noci – c’è sempre una maggior attenzione da parte dei cittadini alla qualità e salubrità dei prodotti, abbiamo un grande bacino dover andare a posizionare il nostro prodotto. Per far questo è necessario però parlare con una sola voce, un solo grande marchio che si rivolga al resto del mondo”.
“La sfida in questo momento non è quella di contrapporci alla parte industriale o cooperativistica – conclude il presidente Prandini – ma quella di creare meccanismi per convincere la parte sana dell’industria agroalimentare a creare sinergia con il mondo agricolo in modo da avere per entrambi le migliori condizioni di competizione in termini di distintività e di valorizzazione”.
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