Ciclista bresciano travolto da auto pirata in Svezia

Mancavano meno di 800 chilometri al traguardo, alle spalle ne aveva già fatti 3.100 in sella alla sua bici quando nel percorrere una sorta di superstrada, l’unica percorribile da quelle parti, il ciclista bresciano è stato investito in Svezia, colpito di striscio da un’auto pirata, carambolato violentemente a terra riportando la frattura della tibia, un trauma cranico – che gli ha fatto perdere conoscenza e anche la memoria dell’incidente – e toracico.

È la disavventura capitata pochi giorni fa a Stefano Bortolotti, 55 anni, impiegato di professione, ma cicloturista per passione, tesserato come non agonista per il team Loda Millennium che ora si trova ricoverato all’ospedale di Lulea, città svedese a pochi chilometri dal circolo polare artico, ma ancora lontana dalla meta da raggiungere.

«Sapevo che poteva essere un tratto rischioso – dice sconsolato Bortolotti che abbiamo raggiunto telefonicamente in ospedale – ma non avevo alternative. Mi spiace perché in realtà il viaggio stava procedendo benissimo.

Dopo le difficoltà iniziali dovute ai tanti chilometri e alle Alpi da valicare mi ero ripreso ed ero riuscito a guadagnare un giorno sulla tabella di marcia prefissata pedalando fra 10 e 12 ore al giorno, avevo fatto duemila chilometri in nove giorni anziché dieci e contavo di arrivare prima a Capo Nord per godermi meglio il momento, invece mi ritrovo con la tibia rotta, la bici danneggiata e appena sarò in condizione di viaggiare farò rientro a casa».

Ma cosa ha spinto Bortolotti a compiere un simile viaggio, per giunta in solitudine? «Era un periodo un po’ così, la bici nei momenti di difficoltà mi ha sempre regalato emozioni forti. Non è la prima volta che mi cimento in viaggi in bici.

Ho viaggiato in tutta Europa – racconta il 55enne gardesano – una volta sono arrivato in Scozia, altre volte sono stato in Andalusia, ho percorso attraverso le ciclabili quasi tutti i grandi fiumi d’Europa, ma mai mi ero cimentato in un viaggio di 4.000 chilometri, al massimo ne avevo percorsi 2.000-2.500. Avevo deciso di impiegare stavolta gran parte delle ferie per compiere l’impresa. È andata male e per un po’ la bici la ripongo nel cassetto, ma all’idea di arrivare a Capo Nord non rinuncio, magari quando sarò in pensione.

La bici del resto mi dà un senso di libertà mai provato altrove. Non è mai la meta, per quanto iconica, come Capo Nord a darmi le motivazioni e la carica giusta, ma è l’idea del viaggio stesso che mi entusiasma». 

Il rischio corso dal ciclista bresciano tuttavia non è stato da poco. «Ad investirmi è stata un’auto che poi si è dileguata – sottolinea Bortolotti – alla fine anche nella moderna Svezia esistono i furbetti, io non ricordo nulla dell’accaduto, per fortuna ho due testimoni, speriamo di ritrovare il colpevole».

Nell’incidente Bortolotti ha perso il cellulare ed ha potuto allertare i parenti grazie ad un post sui social della dottoressa che l’aveva in cura che l’ha mandato al presidente del suo team Nicola Loda il quale ha poi avvisato la famiglia. «Quando ho ricevuto la notizia – spiega Loda – mi sono venuti i brividi considerando i precedenti che abbiamo vissuto come gruppo sportivo, poi fortunatamente la situazione si è risolta bene. Ma ritengo un viaggio simile in solitaria un azzardo».

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